Verso il 27 gennaio

Nonostante la sofferenza patita, la speranza domina l’abominio

LaPresse
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  • La scrittura del testimone del caos parte da una premessa distruttiva, l’elemento negativo sembrerebbe prevalere, ma assai prima di Auschwitz abbiamo appreso che l’apocalisse non è mai irredimibile.  
  • Un’antologia scolastica di questi testi, scritti al ritrarsi della lava, sarebbe auspicabile. Sarebbe più utile di un frettoloso, rituale viaggio di istruzione ad Auschwitz. 

  • La desolazione prodotta dalla pandemia rende prossimi a noi i filosofi del ciononostante, gli antichi e i moderni. Ascoltare le loro voci aiuterebbe a reagire contro le cerimonie stanche e ripetitive che spesso accompagnano il giorno della memoria.

La testimonianza, si pensava fra 1945 e 1949, non è mai fine a sé stessa: rappresenta gli orrori di cui l’uomo è capace nella prospettiva di un mondo a venire in cui il ricordo degli orrori diventi inutile. Una prospettiva che abbiamo oggi dimenticato. Alla fine della guerra si pensava che tutto quanto di valido l’umanità avrebbe saputo produrre, lo avrebbe prodotto a di­spetto delle avversità, piegando queste alla propria volontà, traendo vigore dal dolore e intelligenza dalla fatica. Questo

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