Alba Rohrwacher: «Mi chiedo: sei pronta a caricarti sulle spalle la responsabilità di Michela Murgia?»

Nel romanzo Tre ciotole, Michela Murgia celebra la pluralità dell’essere umano attraverso un puzzle di racconti in cui «tutto è autobiografico e niente lo è veramente». Ne sa qualcosa Alba Rohrwacher che si dà ancora una volta anima e corpo insieme all’impeccabile Elio Germano nell’adattamento cinematografico del bestseller della scrittrice scomparsa prematuramente. Un film sensoriale, quello della regista catalana Isabel Coixet, che sfugge al melodramma e racconta con la grana agrodolce del 35mm e del super8, una storia d’amore, di accettazione e di perdita di se stessi in una società anestetizzata dalla rimozione della morte e del dolore. Dal 9 ottobre con Vision Distribution al cinema. Per giudicare Tre ciotole ci vorrebbe Michela Murgia Isabel Coixet ha dichiarato che ha immediatamente pensato a lei per questo ruolo, si stupisce ancora quando scopre di far parte dell’immaginario di un autore? Si è chiesta perché ha scelto proprio lei per questo personaggio? Sono felice che l’adattamento di Tre ciotole ci abbia fatto incontrare, Isabel è una regista che, come Michela Murgia, racconta la realtà, le dinamiche sociali e familiari da una prospettiva mai scontata. Sì, è sorprendente far parte di un immaginario, ma non mi sono mai focalizzata sull’essere scelta o no da un regista. La sorpresa fa parte della mia scelta di vita e quindi non la metto in discussione. Non ho certezze, ma sono da sempre concentrata sul fare, ho la benedizione di corrispondere a quello che Natalia Ginzburg chiamava vocazione e più che interrogarmi sul perché sono stata scelta mi chiedo: Sei pronta? Sei pronta ad attraversare la barriera del dolore? A caricarti sulle spalle il peso della responsabilità di Michela Murgia, una persona che deve confrontarsi con la vita che se ne va, sei pronta? Fossa comune: come uccidere un topo Le succede di non sentirsi pronta? Sì, mi è successo di avere paura, di essere bloccata, anche di rinunciare. Mi è successo anche di sentirmi dove dovevo essere, e invece di non essere scelta. È molto severa con se stessa? Sì, molto, sono una criticona, penso sempre che avrei potuto fare meglio, ma mi piace quando la mia severità viene messa all’angolo da qualcosa di più grande. E in questo film, anche se ero intimorita, ho la sensazione che siamo riusciti ad avvicinarci con rispetto e delicatezza al viaggio intimo di Michela Murgia. Un anno senza Michela Murgia: la sua assenza rivela cosa manca alla società civile Tre ciotole racconta anche la nostra fame di amore, e la scoperta e l’accettazione, passando per il dolore, dell’amore per sé stessi. Recitare l’ha portata ad amare sé stessa? Mi ha portato a distrarmi da me stessa, facendo largo ad altre vite che mi abitano e questo non può che farmi bene. Da attrice ama mettersi in pericolo? Certo, però lo faccio per una buona causa, per un personaggio, per la visione di un regista. Credo nel super potere del cinema, un’arte capace di smuovere le coscienze e di avere un’azione terapeutica. Non crede che il cinema abbia fallito nel voler aprire il cuore e la mente degli spettatori, vista la situazione catastrofica che sta attraversando il nostro mondo sempre più chiuso e polarizzato? Il cinema ci prova ma è troppo fragile di fronte alla furia nera che imperversa nel mondo. È fondamentale che continui a tenerci informati, a mantenere l’attenzione alta. È importante che film come Un semplice incidente di Jafar Panahi o La voce di Hind Rajab di Kaouther Ben Hania esistano e vincano dei premi ai festival, il cinema è testimone dell’epoca che viviamo. Ed è fondamentale continuare a riunirci, a riflettere e a raccontare concretamente il mondo che ci circonda, finché possiamo ancora farlo, è necessario che i film continuino a documentarlo. È impossibile dimenticare Michela Murgia È difficile mantenere un vero rapporto con la realtà quando si diventa come lei un’attrice famosa? Ci sono artisti che non possono fare un passo fuori di casa senza essere assediati, Non è il mio caso. E comunque credo che solo tornando alla vita di tutti i giorni ci si possa preparare a fare un film. Come fai a raccontare una persona vera se non sei in contatto con la realtà? È dal mondo reale che un attore trae il nutrimento e la linfa che lo alimenta e gli permette di dare agli altri. Penso al mio personaggio in Tre ciotole: quando Marta, insegnante di educazione fisica al liceo, viene lasciata dal suo compagno che cosa fa? Si chiude al mondo ed è solo quando si confronta col trauma della malattia che aderisce al reale e inizia a vedere le cose per quello che sono e ad apprezzarle profondamente. Il film ci mostra che un momento di difficoltà può farti accedere a una libertà in cui il quotidiano si rivela sorprendente. Michela Murgia, la donna più libera d’Italia