Ha i capelli biondi tinti, legati con un elastico, e una camicia (di Gucci) vintage a maniche lunghe chiusa fino al collo, che nasconde il corpo coperto di tatuaggi. L’attore Andrea Carpenzano è quanto di più imprevedibile possa capitare a un giornalista. «Che bei capelli», dice mentre toglie la mascherina nera, osservandomi dall’alto del suo metro e 92.

È la frase lasciapassare. L’anno scorso abbiamo condiviso oltre un’ora e mezza di conversazione telefonica. Ricordo che quando abbiamo concluso l’intervista sono rimasta qualche minuto a pensare come fosse possibile che quel ragazzo così naïf e disfattista avesse solo 25 anni (oggi 26). Lo definiscono ancora l’emergente, ma Carpenzano è molto di più.

Non ha studiato recitazione ma al primo provino della sua vita, nel 2016, quando il regista Francesco Bruni lo ha incontrato, lo ha scelto senza esitare.

Non solo. Il suo ruolo, che doveva essere minore, è diventato da coprotagonista a fianco di Giuliano Montaldo (se vi capita, guardate il film Tutto quello che vuoi e capirete perché). Da lì l’attore ha inanellato una serie di successi e film cult come La Terra dell’abbastanza dei gemelli D’Innocenzo (anche in quel caso lo avevano preso come coprotagonista insieme a Matteo Olivetti e lui ha finito per brillare di più) e Il campione con Stefano Accorsi. L’anno scorso era a Venezia con Jasmine Trinca e Clive Owen col film Guida romantica a posti perduti di Giorgia Farina. «La ringrazio per aver detto lei il titolo del film, è lunghissimo e non me lo ricordo mai», mi disse allora, fresco di set.

Per capire quanto non sia più solo un emergente basti sapere che quest’anno, mentre il cinema si leccava le ferite, lui ha firmato tre contratti: il primo come protagonista di Lovely Boy di Francesco Lettieri prodotto da Indigo Film e Invision Distribution.

Arrivato alla mostra del cinema di Venezia fuori concorso, è stato applaudito dal pubblico in sala, e lunedì 4 ottobre è approdato su Sky Cinema.

Gli altri sono Calcinculo di Chiara Bellosi, in cui interpreta il travestito Amanda e dell’ultimo, Chiara, di Susanna Nicchiarelli in cui vestirà i panni di San Francesco, sta per iniziare le riprese.

Ci incontriamo per il film Lovely Boy, storia di un trapper romano di talento, Carpenzano appunto, dipendente dalle droghe («fumo, erba, ketamina, cocaina, anfetamina, psicofarmaci, trip») che finisce in comunità. Il gergo romano e la flemma di chi risponde per farti un favore sono gli stessi dei personaggi dei suoi film.

Tanto che a tratti si fa fatica a distinguere la persona dal personaggio.

Che cosa ti ha attratto di questo copione?

Mi divertiva il contesto musicale. E invece non mi sono divertito per un cazzo perché il personaggio era tutt’altro.

Che cosa ti è rimasto di quel set?

Che me doveva lascia’. Da Nic non ho imparato niente. E anche dal film, a me non m’ha lasciato un cazzo sto film. Come gli altri che ho girato. Mi tengo le persone reali che ho conosciuto e basta.

Il film è stato applaudito a Venezia, che cosa…

Anche tu non me chiede’ quanto di Andrea c’è in Nic che sta cosa me rompe i coglioni.

Cos’è che ti infastidisce?

La retorica.

Tu, l’attore punk che beve il Barolo del 97 (me lo aveva detto l’anno scorso, ndr).

Ti ricordi tutto, mi dispiace per te.

Un’informazione che stride con le cose che dici.

Ho imparato a bere bene grazie a mi’ zia che ha sempre vissuto con noi ed è una grande sommelier. Ma prima di essere una grande sommelier è una delle persone più intelligenti che conosco. Mi ha insegnato a bere tutti i vini. Tutto quello che so su quell’aspetto lì, e non solo su quell’aspetto lì, viene anche da lei.

Sembri sempre sicuro. Quando non lo sei?

Mi agito quando devo vede’ il film in sala, presenziare agli eventi, ritirare quei due premi der cazzo che ho vinto. Me sembra una cosa fuori dal tempo e mi dico: “Cristo”, e mi sale il panico.

Come sei riuscito a interpretare così bene Nic, che vive di dipendenze?

M’impegno. Me so fatto veni’ pure un attacco di panico, come un coglione.

L’imbecille che sono non è che sa fare questo mestiere, e quindi non è che si regola. E quindi in una scena in cui assumo cocaina e dovevo avere una tachicardia, la tachicardia m’è venuta davvero.

A quel punto, mentre sentivo il cuore a mille mi sono chiesto: “Che cosa mi sta succedendo?”. Era un attacco di panico e sono svenuto.

Prova d’attore superata.

Sono ipocondriaco, me so’ spaventato.

In un anno hai recitato in tre film.

Continua il mio processo di autodistruzione.

Che succede quando ti prepari a un personaggio?

Mi chiudo nel mio dolore, divento insopportabile, non mi trova nessuno.

E quando finisci di girare questo film ti dai una tregua o vai avanti a oltranza?

Arriviamo a fine film che sarà Natale, io amo il Natale. Mi dà calma, passo dalla stagione in cui bevo vini freschi a quelli caldi, i rossi.

Come lo passi?

I miei sono separati e io li unisco. Ma non perché voglio che tornino insieme, per comodità.

Abitate vicino?

Io mi sono trasferito al rione Celio. Sono esattamente a metà tra loro.

Mia madre sta a nord, mio padre a sud e io in mezzo. E mia sorella Livia a sfanculandia.

Raccontami qualcosa della tua famiglia.

Siamo timidi.

Qualcosa.

Da piccolo non mi dicevano bravo. Mi piace quando le persone non ti danno tanta soddisfazione, magari si vergognano a dirti che sei bravo.

Questa cosa qui l’ho sempre trovata nobile. È successo ora, a Venezia. Dopo aver visto il film mia madre mi ha detto: “Sei stato bravo”.

E tu?

Le ho detto: “Mamma sono le cinque, già hai bevuto?” .

È vero che tuo padre è preside all’università?

Sì, e nessuno di noi ha fatto l’università.

Come foto di WhatsApp hai il disegno di un bambino che fuma: chi lo ha fatto?

È di mia sorella Livia, l’illustratrice più brava che conosca. E non perché sia mia sorella.

Ha quel modo di guardare le cose che è raro, imbarazzante. Lei quando guarda le cose le vede già disegnate. Hai presente i primi film Disney col bordo di matita? Ecco lei vede la vita così.

Quanti anni di differenza avete?

Ha sei anni più di me. Ma in realtà lei ha 13 anni e io 98, con la flebo al braccio.

Qual è la cosa che ti piace di più?

Bere vino.

Se avessi un clone che cosa gli faresti fare?

Lo autodistruggerei: lo farei bere tutto il giorno, gli farei fare le cose più orrende del mondo. E anche le cose più belle del mondo.

Quindi ti ha salvato il cinema. Come passi il tempo libero?

Camminando. Mi alzo dal divano e faccio un percorso. A volte parto e torno a casa, altre programmo il giro in base alle enoteche. E mi fermo lì.

Non guardi film?

Prima ne guardavo tanti, poi ho avuto il rigurgito. Gummo, Kids, film muti.

E poi tutti quelli dei miei registi preferiti, Scola, Pasolini, Citti. Il film che racchiude tutto quello che mi piace – in termini tecnici fotografia, regia, dialoghi, sceneggiatura, costumi, luci – è Appuntamento a Belleville, un’animazione visto la prima volta con mia sorella.

Il pregio che più ti aiuta?

Ho un mio disordine mentale, ma se ho un appuntamento lo rispetto.

Musica?

Il mio idolo è Franco Battiato, e ascolto Paolo Conte.

Ma l’unica foto su Instagram è col rapper Asap Rocky.

Un mito, ascoltavo le sue canzoni. Eravamo insieme nel backstage di Gucci durante una sfilata.

Hai anche tu persone che vogliono la foto con te.

Di solito tutta gente di una certa età.

Piaci molto ai gay.

Vero, funziono molto di più con gli uomini che con le donne. Abito vicino a una gay street di Roma e non ci passo più. Poi adesso che sono biondo è un problema serio. Biondo sembro un angioletto. In realtà sono una carogna.

Ti è piaciuto riprendere la vita dopo il lockdown?

Stare chiuso in casa a bere vino è stato bellissimo, il periodo più bello della mia vita. Mi facevo i cazzi miei. Oggi vedo molti più pezzi di merda in giro. Era la gente che cantava dai balconi.

Quest’estate dove sei stato?

In Cilento. E poi a Cetona, in provincia di Siena, uno dei borghi più belli d’Italia.

Hai fatto foto?

Non ho più voglia di farle. Non ho più neppure voglia di condividere nulla sui social. Metto solo le fotine del film e dico: “Annatelo a vedè”.

(Ci interrompiamo, riprendiamo la conversazione al telefono. Lui è a casa).

Che stai facendo?

Ho levato uno sgombro affumicato dal frigo così prende temperatura. Sto scegliendo il vino.

Quale?

Un Vermentino ligure. Profumato.

Sai cucinare?

Sì ma non mangio carne.

Sei vegetariano?

Non c’è etica nella mia scelta. Mi piace tanto il pesce, i legumi, e la verdura.

Nel frattempo prendo un taxi.

Ho conosciuto alcune enoteche a Milano che mi sono piaciute molto.

La prossima intervista la facciamo all’enoteca.

Però a Milano.

Sto andando a giocare a Burraco. Tu giochi a carte?

Ci gioco in Romagna, quando sono dai miei nonni.

Mi avevi parlato di un nonno che amava la fotografia e ti aveva fatto vedere i film di Chaplin.

Un bel matto silenzioso.

Dimmi qualcosa di lui.

Avevo sei anni, in un mercatino trovo una gatta selvatica e la porto a casa. Arrivo e mio nonno mi fa: “Stasera vediamo Il Piccolo diavolo”. E così la gatta l’abbiamo chiamata Giuditta (nome del diavolo, ndr) .

Ciao, ti lascio cenare.

Vedi che te dovevo di’ la stronzata del gattino.

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