Da un paio di settimane è in libreria Noi due siamo uno. Storia di Andrea Soldi, morto per un Tso, Add Editore.

Siamo a Torino, agosto del 2015.

Andrea ha quarantacinque anni ed è schizofrenico, pacifico, tutti lo conoscono, lui e la sua famiglia. È mercoledì, caldo, caldissimo, Andrea lo trascorre a piazza Umbria, seduto alla panchina di sempre. È il suo recinto magico. Il suo nido. E non importa se facciano quaranta gradi o zero. Lui sta lì, perché da lì il mondo gli sembra alla giusta distanza.

Ma Renato, suo padre, è preoccupato. Andrea negli ultimi tempi non vuole curarsi, per questo assieme allo psichiatra che lo tiene in cura si pensa a un ricovero, da attuare anche mediante Tso, un trattamento sanitario obbligatorio, qualora si renda necessario. Inizialmente, però, si tenterà di convincere Andrea a farsi ricoverare spontaneamente. Alle 14.30, asfissiati da una canicola infernale, lo trovano esattamente dove pensavano. Seduto alla sua panchina.

Sul luogo arriva come da prassi la polizia municipale, per eseguire nel caso occorra il Tso. Andrea si lascia avvicinare, il suo psichiatra tenta di convincerlo sulla necessità dei farmaci, sul fatto che si debba far curare da loro.

Lui continua a essere pacifico, dialogante, anche se non sembra disposto a cedere. Lui non vuole medicine, sta bene. Alla fine, dopo lungo conciliabolo, Andrea si ammorbidisce: sì, forse deve ricominciare le cure, forse tornerà al centro diurno. Ma lui deve essere ricoverato subito. Ora. Quello che accade dopo si sta discutendo dentro un’aula di tribunale. Il processo è al giudizio d’appello. Un dato è certo.

Andrea arriva al pronto soccorso ammanettato a pancia in giù sulla barella, con il viso sprofondato nel cuscino, in crisi respiratoria. Le mani dietro la schiena sono stritolate dalle manette, nere, nerissime, dalla bocca esce schiuma bianca. È in arresto cardiaco. I medici fanno di tutto per provare a salvarlo. Andrea viene intubato, ventilato meccanicamente, per quarantacinque minuti si tenta di rianimarlo, ma alla fine non si può fare altro che dichiararne la morte. Dentro un diario, scritto nero su bianco, la famiglia Soldi ritrova i pensieri di Andrea, la sua vita da schizofrenico, il destino di chi non riesce a distinguere tra reale e irreale, una malattia che affligge ventiquattro milioni di persone nel mondo, le cui cause sono ancora fonte di studio e di interrogativi. Che spesso esplode così, dal nulla, facendo precipitare intere famiglie in un precipizio. Come accadde per la famiglia Soldi. Per Andrea, forse a scatenare tutto fu il servizio militare, forse. Quello che è sicuro è che dal nulla inizierà a parlare di un cobra nascosto sotto lo sterno, un cobra capace di elevarlo, di farlo volare. È il 1991.

Dopo scorrono gli anni della cura, dei momenti buoni alternati a quelli cattivi, delle speranze disilluse e della disperazione certa. Sino a quel mercoledì del 15 agosto 2015.

Andrea, la sua vita, la sua malattia, la sua famiglia, finiscono stritolati, schiacciati dentro l’istituzione. Dentro l’obbligo della cura. Fine dei giochi. Il tema della malattia mentale affiora oggi da più parti, tanti libri, conferenze, tavole rotonde, forse perché come non mai l’uomo si è allontanato dalla sua natura profonda. È un tema straordinariamente importante, dunque, che non si può ridurre, estetizzare, rendere per quello che non è. La coercizione violenta, l’obbligo che diventa tortura, il dolore fisico, il terrore di morire. Legare una persona, costringerla contro il suo volere, è e rimarrà sempre una pratica disumana, e quando l’istituzione è legittimata a utilizzare la violenza non rischia soltanto il singolo, ma la libertà di tutti.

Da un legato.


Matteo Spicuglia è autore del libro Noi due siamo uno. Storia di Andrea Soldi, morto per un Tso, edito da Add Editore

Matteo Spicuglia è autore del libro Noi due siamo uno. Storia di Andrea Soldi, morto per un Tso, edito da Add Editore

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