La natura non è più la stessa, i raccolti ne risentono e il carro del contadino Sielo Piannini è stato appena trafugato dai ribelli che si oppongono ai colonialisti. Anche loro stanno soffrendo la fame. Ora tocca a noi: lasciargli il raccolto o aiutare il contadino? Cosa è giusto? Cosa non lo è? Non senza cupezza, Avowed è un gioco di decisioni e dilemmi. Porta un alone di epicità in mezzo a continui colpi di scena, le atmosfere alternano colori vividi a un cielo plumbeo. E la tensione cresce
Sielo Piannini è un contadino di Fior Mes Ivèrno. Quest'anno, il suo raccolto, non è andato proprio bene. Anzi, il contrario. È stato un disastro. Ma la colpa non è da cercare nelle sue scarse abilità agrarie, è nel terreno. Da qualche tempo a questa parte, nelle terre di Eora – dove si ambienta il nuovo videogioco Avowed – la natura non è più la stessa. Gli alberi, gli animali, le creature (alcune bizzarre) sono diverse, quasi infettate da una una malattia che le rende violente, intrusive, spietate.
Infestazioni di funghi, radici che smuovono intere zolle di terreno, creando voragini e risucchiando persone, case, città. Morti che tornano in vita, soldati che perdono il senno: questa è la “Piaga dei sogni”, una catastrofe climatica e spirituale che nelle colonie dell'impero Aedyr sta causando più di un grattacapo.
Piannini, con quel raccolto, sfama la sua famiglia. E una volta che il protagonista, l'inviato dell'imperatore, lo incontra, tutto il suo carro è stato appena trafugato dai ribelli, che nelle Terre Viventi si oppongono al colonialismo della corona. E anche loro stanno soffrendo la fame, oltre che la persecuzione da parte dei corpi inquisitori dell'impero.
Ora tocca all'inviato: lasciare il raccolto ai ribelli o aiutare il contadino? Seguire l'impero o fare la rivoluzione?
Un gioco di scelte
In questo piccolissimo frammento, in cui i giocatori prendono una decisione tutto sommato secondaria rispetto alla trama principale, ecco che emerge la cura e la grande qualità della scrittura di Avowed. Sid Meier, il celebre designer di una delle serie di videogiochi più importanti di sempre, cioè Civilization (ora uscito il settimo capitolo), diceva che «un buon gioco è composto da una serie di scelte interessanti».
Nella missione del contadino e dei ribelli entra a gamba tesa un dilemma morale: mettere in difficoltà una famiglia, il cui solo desiderio è quello di sopravvivere, oppure una ribellione, che punta a un bene superiore. Cosa è giusto? Cosa non lo è?
Dopo aver preso la decisione rimane una sensazione di amaro in bocca difficile da mandare giù. Proprio questo intendeva Meier con quelle parole: le scelte interessanti fanno riflettere. Obsidian Entertainment questa frase la conosce molto bene.
Lo studio, con sede in California, non è la prima volta che si lancia in storie dalla forte connotazione politica. Loro sono stati gli sviluppatori di Fallout New Vegas, uno dei capitoli più apprezzati della serie post-guerra atomica Fallout (l'anno scorso approdata anche sul piccolo schermo per Prime Video). Ma sono anche gli autori di The Outer Worlds, un simpatico e scanzonato western spaziale che gioca sui goffi confini dell'anarco-capitalismo, tra corporazioni, diritti dei lavoratori mancati e devozione alla propria azienda.
Con Avowed, Obsidian s'incupisce un po'. Quel tratto satirico viene sostituito da un alone di epicità in mezzo a continui colpi di scena, mentre le atmosfere alternano colori vividi a cielo plumbeo. Intanto la tensione cresce, quasi si può tagliare con un coltello.
Le Terre Viventi sono molto più che vive, gli equilibri ambientali, sociali, politici e religiosi stanno saltando. Spiriti dormienti attendono e comunicano con i giocatori, che oltre a interpretare l’inviato imperiale sono anche “deiformi”, cioè toccati da una divinità. Il sottotesto è chiaro: l’isola non vuole invasori né padroni.
Reinventare il fantasy
È a questa profondità che dovrebbero puntare i videogiochi. In primis quelli fantasy, che negli anni si sono un po’ adagiati su classici immaginari, senza uscire da schemi dogmatici e polverosi. Per diverso tempo, infatti, il genere fantastico è stato raccontato come una sorta di dottrina immutabile: troppo influenzata dal fanatismo per Il Signore degli Anelli e Dungeons&Dragons. Gli elfi sono così, la magia funziona cosà, i draghi hanno quattro zampe mentre le viverne ne hanno due.
Un intero genere ostaggio di sé stesso. E mentre la letteratura ha già imbracciato le armi per ribaltare equilibri e narrazioni, il videogioco mainstream – in un mix di paura e pigrizia - si è invece sempre tenuto piuttosto ancorato a schemi immediatamente riconoscibili, e quindi vendibili a un ampio pubblico. Un dettaglio che spiega il successo smodato di titoli come Skyrim, che dal 2011 ha venduto più di 60 milioni di copie.
Avowed prova con tutte le sue forze a liberarsi da queste pesantissime catene, a volte senza successo. Come con la progressione del personaggio, ad esempio. I giochi, fortunatamente, hanno più strati, non è importante solo cosa viene raccontato ma come, con quali regole. Ecco, cercando di fuggire dal passato, Avowed ricasca in un sistema tradizionale, da gioco di ruolo per computer dei più blasonati. Livelli, caratteristiche, punti abilità, statistiche: numeri su numeri, perché gli appassionati del fantasy – a quanto pare - sono pazzi per la matematica.
Così Avowed, un titolo che in italiano è difficilissimo da pronunciare senza ululare, diventa un'opera ponte, con un suo discreto fascino riformista. Parla di cambiamento climatico, di scienza e magia insieme (chiamandole "animazia"), di negazionismo, colonialismo e lotta armata. E innovando nella sua giocabilità e nel combattimento. Ma poco.
Il suo pregio, comunque, è quello di saper raccontare l’attualità come pochi altri videogiochi fantasy sono riusciti a fare. Coglie sfumature complesse, senza banalizzarle. In questo è un prodotto acuto e originale. A ben pensarci, ci vorrebbero dieci, cento, mille giochi come Avowed.
© Riproduzione riservata