«La mia adolescenza è stata solare ma impegnativa. Le difficoltà principali? Quelle legate al mio corpo: mi hanno fatto soffrire, continuano a farlo, soprattutto come atleta».

La fine dell’adolescenza di Benedetta Pilato. La ragazzina prodigio che nel 2019 stupì il mondo del nuoto con un primato di precocità. Una medaglia d’argento mondiale conquistata a 14 anni nei 50 rana. Un mix di incoscienza ma anche autorità, un record del mondo a 16 anni a certificarne lo status di fuoriclasse. Nei 100 rana il bis del 2022, oro mondiale ed europeo. Successi conditi da sorrisi, spavalderia e semplicità. Da Taranto con furore, anche inciampando nei cinque cerchi, dalla delusione della prima Olimpiade a Tokyo alla rivendicazione d’orgoglio di Parigi 2024 per un quarto posto vissuto come una rinascita dopo un periodo assai complicato. Giù dal podio per appena un centesimo, dopo aver nuotato il secondo miglior crono in carriera, accantonare la delusione per esplodere in un modo dirompente: «È stato il giorno più bello della mia vita».

È diventata la paladina dei quarti posti. 

Potrebbe apparire una definizione bruttissima, nel senso che sminuisce. In carriera io ho vinto parecchio, sembra quasi che io sia ricordata solo per il quarto posto di Parigi. In realtà non è così. La polemica di chi non ha capito la mia gioia alla fine l’ho presa a ridere, preferisco fare la signora e andare per la mia strada.

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Lei ha contribuito al cambio di narrazione sulla dignità del quarto posto, non più inteso come frustrazione o maledizione. Prova ne è che il presidente della Repubblica Mattarella abbia invitato per la prima volta al Quirinale gli atleti arrivati quarti ai Giochi.

Me lo ha confermato il presidente in persona, mi ha detto che ha preso la decisione per merito mio. Il mio amico Sergio…! (n.d.r. Benedetta sorride). Parliamoci chiaro, è giusto che un quarto posto sia anche una delusione atroce per chi è favorito. Però dipende dal percorso. Chi si ricorda che Thomas Ceccon a Tokyo era arrivato quarto? Nessuno. Ed era stato bravissimo, alla sua prima Olimpiade, nel suo processo di crescita. C’era bisogno che lo dicesse Benedetta Pilato che un quarto posto è dignitoso? È questo che mi fa così strano. A quanto pare si, servivo io.

Un compleanno importante, alle spalle c’è un vissuto bello pieno.

Questo traguardo dei 20 anni mi ha messo addosso tanta ansia. Tantissima. Mi sembra di aver vissuto già due vite. Negli ultimi anni percepivo una sensazione strana: come se non avessi mai il tempo per fare le cose. E invece ho tutta la vita davanti. Dovrei capirlo di più.

Come si festeggiano i 20 anni?

Andando a Valencia. Un week end lungo insieme a due amici, uno è Mirex.

Cioè Alessandro Miressi, grande campione dei 100 stile libero e suo compagno di allenamento a Torino. Le voci su una vostra storia d’amore le avevano dato molto fastidio.

Molto. Primo perché non era vero, io all’epoca avevo un fidanzato e nessuno lo sapeva. Sono abituata a condividere tanto di me, condividerei anche questo senza problema. La verità è che siamo grandi amici. Un dettaglio mi ha davvero infastidito. Perché a lui nessuno nelle interviste ha mai chiesto: come va con Benedetta? E invece a me si. Perché questa disparità? Perché sono una donna?

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Rivendica spesso il suo essere donna in un mondo maschilista.

Rivendico il potere delle donne. C’è tanto lavoro da fare nello sport così come in tutti gli altri lavori, nella società in generale. Sembra una frase fatta, ma noi donne per raggiungere un obiettivo dobbiamo oltrepassare grandi ostacoli. Ci facciamo un mazzo tanto per arrivare a certi traguardi. Gli uomini spesso non se ne rendono conto. E ci sminuiscono. Noi lo sappiamo che il nostro risultato vale di più.

Un suo pregio, la schiettezza.

Mi rimproverano: Benny ma tu non stai zitta su niente. Sono una curiosa, mi piace imparare, conoscere, farmi una opinione chiara su tutto. Quindi ho pure voglia di esprimerla. Dovrei non farlo? Dovrei stare zitta per il timore di risultare scomoda? No, per niente.

Il coraggio non le manca.

Non è questione di coraggio. Ci vuole carattere. E mi sto rendendo conto che non tutti ce l’hanno.

Ripensa mai a quella baby-campionessa che diceva al mondo: non mettetemi pressione?

Ho tanta stima di quella piccola Benny. In acqua mi veniva tutto più facile, probabilmente neanche mi rendevo conto di essere al centro dell’attenzione, protetta dalla mia famiglia e da coloro che mi erano intorno. Ripensandoci, avrei potuto godermi di più quel periodo. Quando ho stabilito il record del mondo a 16 anni, il giorno dopo sono tornata subito a scuola e ho pensato: vabbè, lo rifaccio l’anno prossimo. Come se fosse tutto normale. E invece era una cosa grande, ero io che non riuscivo a capirlo. A volte mi piacerebbe poter riavere quindici anni.

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Dai 14 ai 20 anni, il momento più difficile qual è stato?

L’anno 2023. Sul fronte fisico è esploso il mio problema. E poi mi sono trasferita da Taranto a Torino, cambiando guida tecnica.

Soffre della sindrome dell’ovaio micropolicistico, un ciclo mestruale irregolare, doloroso, con mancanza di forza, invalidante per qualsiasi donna a maggior ragione per un’atleta.

Fin dall’adolescenza vera ho avuto problemi con il ciclo. A 18 anni la situazione è diventata più seria. Le cure sono palliative, mi illudo di aver trovato una stabilità ma poi cambia tutto, la patologia rimane. Nel preciclo e durante il ciclo faccio molta più fatica ad allenarmi, non riesco a fare carichi di lavoro che nella quotidianità sosterrei con naturalezza. Io ho voglia di vincere ancora tanto, ma quando il corpo non risponde come dovrebbe, mi rende tutto più difficile.

La patologia come si ripercuote fuori dall’acqua? Gonfiori, dolori, acne, diventa complicato sentirsi a proprio agio sulla bilancia o davanti allo specchio?

Con la bilancia e con il cibo ho sempre avuto un rapporto sano, per fortuna. Direi che è più l’ossessione dello specchio, perché non ti riflette per come vorresti essere. Non ne faccio un dramma perché so cosa ho, con il mio problema devo conviverci.

La scelta di lasciare Taranto. L’addio al suo allenatore storico Vito D’Onghia. Due decisioni che hanno stravolto la sua vita?

L’indipendenza è una grande conquista. Ho patito la scelta di tagliare il cordone ombelicale che mi legava a Vito, per 12 anni era stato allenatore e pure educatore. Era lui il primo a ripetermi che dopo il liceo un cambiamento sarebbe stato necessario. Quando ti ritrovi nella situazione, quando succede, è una botta emotiva con tanti dubbi. Antonio Satta come allenatore non mi conosceva bene tecnicamente. Una simile rivoluzione proprio l’anno prima delle Olimpiadi è rischiosa. È stato tutto faticoso, pesante. Una scelta ragionata che però mi ha logorato dentro.

A distanza di oltre un anno, la rifarebbe?

Oggi dico che Torino è la scelta migliore che potessi fare. Ho appena comprato casa, mi sono trasferita insieme a un coinquilino, Rocco, che fa parte del mio gruppo di Taranto: una quindicina di amici che si sono trasferiti qui negli ultimi anni per studiare.

Una vita molto intensa. 

C’è il nuoto a cui è dedicata gran parte della giornata. All’Università ho lasciato Biologia, mi sono iscritta a Psicologia. Gli amici sono importanti, nonostante il pressapochismo di qualche commento. 

Commenti sui social?

Magari posto su Instagram una foto dell’unica sera della settimana in cui esco, vestita un po’ presentabile, perché mi piace essere femminile, e mi tocca leggere: Ah, ma questa non si allena più. Ma se mi alleno due volte al giorno? Devo per forza mettere on line la foto di quando esco dalla piscina con la faccia sfatta per far vedere che fatico e che voglio vincere?

C’è una Pilato fragile?

Sono molto sensibile, quindi mi sento fragile in tutto. Magari sembro forte perché faccio di testa mia, mi sono riempita i piedi di tatuaggi e mia mamma non è molto contenta, non ho peli sulla lingua. È perché so difendermi molto bene.

Com’è Benedetta Pilato ventenne?

Una donna serena. E sono anche felice. 

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