Pausa sigaretta sul lungomare tra il Vesuvio e Posillipo: un giornalista mi si avvicina e dice che diventare famosi così presto non va bene. Qualcun altro, nel corso della giornata, dirà: «Speriamo non lo rovinino». Ho appena trascorso ventiquattr’ore a Napoli per assistere a una delle serenate in giro per l’Italia di Blanco, in occasione dell’uscita di Innamorato, il nuovo album in cui il ventenne di Brividi tra le altre cose duetta con Mina, e l’immagine di cui non riesco a liberarmi è quella dello staff di Riccardo Fabbriconi che rumoreggia, o cerca di fermarlo, nel corso dell’incontro con lo sparuto gruppo di giornalisti in cui sono stato inserito, nonostante io: non sia un giornalista, non abbia mai partecipato a una conferenza stampa in vita mia e, soprattutto, mi vergogni da morire a fare domande alla gente, specie in pubblico (infatti ne farò una sola nei trenta minuti concessi prima del live).

La bolla

Ho pensato all’adolescenza e alle missioni impossibili che ci consegna, in queste ore napoletane, alle iniziazioni del desiderio e a come le cose cambino, in quel processo delicato e insieme violentissimo che comporta l’avvicinarsi a ciò che fino a un momento prima avevi solo immaginato. Blanco sta crescendo e vuole farlo a modo suo: è diventato velocemente molto famoso (sta a quota quasi 60 dischi di platino), ma il successo è qualcosa di univoco solo finché lo vedi da fuori.

Forse il successo, per come lo si intende di solito, esiste davvero solo per chi non ce l’ha. In più il golden boy di Notti in bianco e Mi fai impazzire è davvero poco interessato agli standard che gli adulti tentano di offrirgli (o imporgli) per far funzionare le cose, ovvero addomesticarlo. O si è felici, dice, o meglio lasciar perdere. E la sua idea di felicità ha molto a che fare con la verità, qualcosa che il successo facilmente mette a repentaglio.

La copertina (bellissima) dell’album nuovo è stata scattata in un deserto di sale in Bolivia, nel corso di un viaggio, legato a un docufilm in uscita a giugno su una piattaforma ancora segreta, in cui Blanco ha riassaporato per un attimo qualcosa che sente già di aver perso: «Ero gasato perché facevo le cose normali. Andavo in giro nei mercatini, non mi conosceva nessuno: mi sono ricordato come vivevo prima, in modo un po’ più punk di ora. Nella bolla del successo sei staccato dalla realtà. Quando invece sono andato fuori dall’Italia mi sono riconnesso con la verità della vita».

Anima tormentata

Nel pezzo che apre il suo secondo disco, Anima tormentata, Blanco canta: «Chi lo sa se è quello che volevo / sono pieno di forse / sono pieno di se (…) Chi lo sa che non è quello che volevo / chi lo sa se questa vita è vera oppure artificiale».

Invece ne La mia famiglia dice: «Mi hanno offerto tanti soldi / tanti che mia madre non lavora più / tanti che mio padre non lavora più / per me non è un valore / come provare una finta emozione», Esseri veri, anche a costo di non farsi capire da tutti o persino di farsi odiare.

Com’è successo due mesi fa a Sanremo, col vilipendio delle rose: «Da fuori certe cose non vengono comprese. Una persona non sa che prima di andare su quel palco ti sei preparato un botto. Già alle prove avevo segnalato questo problema e mi era stato detto che sarebbe stato risolto: all’esibizione serale invece il problema c’era ancora. Ho fatto più volte segno ai tecnici, come si vede nei video. Ho tolto la cuffia ma loro mi hanno detto di andare avanti lo stesso. Sapevo che non era possibile interrompere e rifare da capo: a Sanremo la scaletta è serrata. In quelle condizioni continuare a cantare era impossibile. All’Ariston non ci sono gli speaker che vanno verso il palco: arriva solo il rimbombo, la tua voce ti torna con due secondi di ritardo. Dovevo già fare quel tipo di performance, maltrattare le rose – che infatti erano in parte finte –, anche se non con quell’intensità».

La canzone Sbagli

Da quei due minuti che continuano a venirgli rinfacciati – probabilmente però soprattutto da gente che non fa parte del suo pubblico – è nata una canzone, Sbagli, che Blanco non ha voluto inserire nel disco nuovo: «L’ho scritta più per chiedere scusa alle persone che si sono offese, però la verità è che in tv non puoi essere te stesso. Si è parlato di “danni morali”, ma io solo rovinato dei fiori. Quando si è iniziato a parlare di sviluppi legali, persino di carcere, ho pensato che mi sarebbe piaciuto fosse accaduto davvero, così da far vedere quanto è messo male il nostro Paese. Il fatto veramente brutto è che tanti – non Amadeus, che è stato sempre gentile con me – ci hanno marciato con questa cosa.

A Sanremo il mio incidente ha portato un hype incredibile e c’è chi ha pensato più a buttare merda su un ragazzo di vent’anni piuttosto che dire come sono andate davvero le cose. Non hanno spiegato che mi avevano detto di andare avanti anche se non sentivo niente».

Ora però, per chi è interessato al talento (reale) di questo ragazzo della provincia di Brescia, è tempo di guardare avanti, ovvero a Innamorato, album che Blanco definisce di transizione: «Blu celeste è un punto fermo, contiene cose che so mi rappresenteranno per sempre. Questo disco invece è un andare un po’ più in là, verso un nuovo punto fermo, che però non so ancora quale sia».

Con Mina

Se ne parla già da settimane anche per Un briciolo di allegria, il brano in coppia con Mina: «Eravamo in Universal e avevo questo pezzo che non mi convinceva per nulla. Quelli del mio staff invece pensavano fosse figo. Solitamente le cose che piacciono a loro vanno di più, quelle che piacciono a me poi non funzionano: allora abbiamo pensato di fare una collaborazione. Per provare a dargli più sapore. Ho sparato il nome Mina e mi hanno mandato tutti a quel paese. Poi però ho trovato un altro scoppiato come me, Paolo Zanotti, che le ha mandato un’email, e lei ha deciso di farlo davvero».

Blanco e Mina hanno collaborato al brano senza però mai incontrarsi: «Siamo andati in studio da loro, a Lugano, e il nipote mi ha raccontato che Mina segue molto la musica di oggi: si fa girare brani e video su Whatsapp. Le avevano mandato un mio video in cui cantavo Notti in bianco in versione acustica e lei ha detto che le piaceva la mia rabbia. Non ci siamo mai incontrati ma per assurdo preferisco così: quando conosci i tuoi idoli un po’ ti cascano. Capisci che sono persone normali. Nella mia testa così lei resta il mito che è per tutti».

Un disco inquieto

Innamorato è un disco inquieto e pieno di domande aperte, un disco che parla soprattutto d’amore, ma per nulla edulcorato o terso, risolto. Dando credito al gossip si scopre che Blanco proprio subito dopo la vittoria di Sanremo interrompeva la storia con una ragazza di nome Giulia, e proprio così si intitola uno dei brani dell’album: «Nel pezzo dico “Ma che casino hai fatto”. Quando ci siamo mollati tanti giornali l’hanno chiamata per fare interviste e tanti giornalisti sono scorretti, le hanno messo in bocca parole che lei non ha detto, e che mi sono tornate contro. Della canzone non sa nulla: la sentirà ora che il disco esce».

In questo secondo lavoro Blanco sembra raccontare com’è vivere per la prima volta l’esperienza della separazione da una persona importante, tra colpa e accettazione di ciò che è andato perduto. In quello che è forse il brano più toccante del disco, il riferimento sembrerebbe diretto: «E sono lacrime di piombo / che scendon sotto i Ray-Ban / le asciugo e le nascondo / sorridendo a mia mamma (…) Io che pensavo di capirti / e forse non ho capito / che sono stupido e non ho capito / se ti ho mentito / se ti ho tradito / non ti ho tradito / come se fosse una cosa normale / staccare la testa come un animale».

Per chi conosce un po’ il mondo di Blanco, la sua estetica e poetica, potrebbe venire da chiedersi se l’adolescente in mutande che corre nei boschi, tutto impulso e liberazione del corpo, non si stia trovando a fare i conti, crescendo, col fatto che il corpo e le sue richieste, se ritenuti sempre buoni, legittimi, possano chiedere di essere o fare cose che ci mettono nei guai, creando dolore a noi stessi o a chi ci circonda (“Ho un diavolo sulla spalla destra / che mi parla / e un angelo su quella sinistra / che mi salva (..) È un istinto naturale / che mi comanda come un cane / mi porta fino all’ospedale). L’istinto è un consigliere ambivalente, inaffidabile, sembra intuire qui e là, Riccardo Fabbriconi, anche se a questa, che è poi l’unica domanda che sono riuscito a fargli nel corso della piccola conferenza stampa a Napoli, ha risposto luminoso e ostinato: «A me piacciono le scelte impulsive. Sono le più belle, anche se sono errori».

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