Giovedì 28 ottobre è stato presentato al Piccolo Teatro Strehler di Milano un nuovo progetto della Fondazione Brunello e Federica Cucinelli: «La Biblioteca Universale di Solomeo». A parlarne, sul palco del prestigioso teatro, c’erano lo stesso Brunello Cucinelli e l’amico architetto e mentore Massimo de Vico Fallani.

Alla presenza di numerosi giornalisti e amici, tra cui il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, la presidente della regione Umbria Donatella Tesei e il rettore dell’università di Perugia Maurizio Oliviero, Brunello Cucinelli e Massimo de Vico Fallani hanno illustrato la genesi di tale progetto, che ha l’ambizione di raccogliere un’ingente quantità di pubblicazioni provenienti da ogni parte del mondo in un numero contenuto di discipline tra le quali filosofia, architettura, letteratura, poesia e artigianato.

La Biblioteca Universale di Solomeo, che vedrà la luce intorno al 2024, avrà sede nella nobile Villa Settecentesca con il suo grande parco, che si trova in Solomeo, adiacente alla Chiesa e al Teatro. Contemplerà anche libri in varie lingue del mondo ed è stata ideata per offrire ai lettori il piacere di trovarsi come in un tempio laico della cultura e poter scegliere tra le opere di filosofi, letterati, artisti, architetti e altri grandi autori.

Cucinelli è un imprenditore visionario che crede, contrariamente a noi, nel capitalismo gentile. Questo suo sogno borgesiano lo riferisce addirittura alla Biblioteca di Alessandria del terzo secolo a.C per volere di Tolomeo, il primo re d’Egitto. In rete ci sarà solo la copertina affinché ovunque nel mondo i curiosi sappiano che quel libro, quei libri, esistono e si possono rintracciare; ma non arriveranno sugli schermi dei pc: bisognerà andare a cercarseli in Italia, in Umbria, alle porte di Perugia, in cima al piccolo borgo antico di Solomeo, 273 metri sul mare, 436 abitanti, su una specie di Acropoli laica.

Là si affaccia una grande villa settecentesca, e le sue stanze sono destinate a diventare presto la realizzazione di un sogno, «un sogno nato tempo fa, destinato a durare mille anni grazie al valore perenne del suo significato». È un peccato che questa bella e titanica idea non preveda la digitalizzazione della Biblioteca, cui tutti potrebbero così avere accesso. Ma c’è tempo per ripensarci.


Di seguito il testo con cui Cucinelli ha presentato questo nuovo progetto.

La Biblioteca Universale di Solomeo

Avevo circa quindici anni quando con la mia famiglia lasciammo la campagna per la città, seguendo il sogno di tanti contadini come noi, di una vita più tranquilla e più affidabile, ma ahimè, sempre più lontana dalla natura, che ci aveva generato e accolto maternamente per tanto tempo con le sue albe, i suoi tramonti, il profumo e l’oro del grano, il calore invernale degli animali; ora tutto era cambiato, e gran parte della giornata la passavo al bar di Gigino, a Ferro di Cavallo, il quartiere perugino dove un po’ alla volta, con i pochi risparmi, avevamo costruito la nuova casa.

E in quel bar, che ancora oggi considero la mia università dell’anima, avvenne a diciassette anni, il primo incontro con la filosofia, nientemeno che con Emanuele Kant, e «galeotto» fu un libro, la Critica della Ragion pura, che due studenti liceali, tra i più assidui frequentatori della variopinta gamma di persone del Bar Gigino, portavano con sé per studiarlo, e chissà come facevano in quella confusione.

Parlavano con ardore di quella disciplina a me quasi sconosciuta, e quel libro si rivestì di simboli; intuivo in esso il grande mondo del pensiero, ed esso assunse un valore straordinario per me; nei giorni seguenti girai per chissà quante librerie e bancarelle di libri dell’usato finché non ne trovai una copia, e la sera, dopo cena, quando tutto era quiete, cercavo di decifrare quelle parole così difficili e così attraenti, alcune delle quali, come quella che segue, erano destinate a diventare la mia guida, come ho detto e scritto diverse volte:
Agisci in modo da considerare
l’umanità
sia nella tua persona
sia nella persona di ogni altro
sempre come nobile fine
mai come semplice mezzo.

Quel mio primo incontro incantevole fu seguito, anni dopo, da un’altra esperienza che avrebbe impressionato la mia vita, e fu la lettura del libro di Margherita Yourcenar, Memorie di Adriano. Parlava di storia, ma parlava soprattutto di anima e di esistenza. Avevo ventitré anni, e fu allora che imparai a considerare il mondo nella sua vastità, a considerare il tempo nella sua durata, a meditare sull’anima con serenità e quiete.

Sarebbero trascorsi invece diversi anni, ne avevo circa venticinque, quando mia cugina Luisa, dopo la morte del padre, mi portò in dono una copia del Fedone di Platone appartenuta a lui; nel semplice gesto di donarmi quel libro e nei modi spontanei con i quali lo ricevetti nelle mie mani vi fu qualcosa che oggi appare alla memoria quasi come sacro.

Era un libro ben custodito; lasciava capire le mille e mille volte che era stato sfogliato, e la delicatezza con la quale le pagine erano state voltate per non rovinare la legatura; e quante frasi, quante parole, sottolineate a matita rossa; mi viene da pensare a quelle matite di un tempo, doppie, da una parte blu e dall’altra rosse, quelle che usavano i maestri per segnare gli errori leggeri o gravi.

Quelle sottolineature sembrava mi parlassero di una passione antica, di un uomo nel quale chissà da dove era nata una intenzione quasi necessaria di conoscenza, e immaginavo quelle sere in cui, alla luce fioca delle lampadine di quei tempi, mio zio Orlando, nonostante la stanchezza del lavoro, rubava ore preziose al sonno per indagare con la poca preparazione scolastica che aveva, per interrogare la grande mente di Platone, quest’uomo, questo filosofo che secondo gli antichi greci era discendente addirittura da Poseidone.

Magari quel libro fu come un reagente positivo, e di fatto, da un tale evento ormai lontano, è nato il desiderio, e poi l’interesse, di avere più libri, di custodirli, di leggerli e di amarli? Certo essi ebbero una vigorosa influenza, e con il passare degli anni mi accorgevo che la mia voglia di conoscere era sempre qualche spanna più in su del numero di libri che acquistavo e del tempo necessario a leggerli. Io sono un imprenditore di mestiere, Massimo è un architetto, e tutte queste cose per noi rappresentano il piacere di tentare ancora qualcosa di nuovo e di bello per l’umanità, come una serie di doni destinati a rimanere nel tempo.

L’idea del tempo ci ha portato indietro, ad Adriano Imperatore, e ancora più lontano, ad Alessandro Magno, tutti e due uomini che seppero coniugare i sogni con le azioni a beneficio del mondo; ricordavamo che entrambi amavano i libri; Adriano pensava che chi fonda una biblioteca è come chi costruisce un granaio per lo spirito, e Alessandro aveva come uno dei più importanti generali Tolomeo, che nella nuova città di fondazione Alessandria volle edificare la più famosa biblioteca del mondo.

E allora ci siamo detti: perché, pur nella nostra piccolezza, non seguire il sogno di quei grandi, perché non realizzare qui a Solomeo, quasi come una cosa necessaria e desiderata, una grande biblioteca, che grazie all’universalità del pensiero degli autori dei libri che la arricchiranno possa essa stessa perciò essere immaginata come «universale»?

E mi piacerebbe che i libri si prendano direttamente dagli scaffali, con il profumo del legno e della carta, con i lumi a luce verde, e si possano leggere al tavolo, ma anche su comode poltrone, accanto ad una finestra al di là della quale, volgendo gli occhi, si ammira l’incantevole paesaggio umbro. Gli scaffali saranno quasi vuoti all’inizio, perché una biblioteca è come un desiderio sospeso tra passato e futuro, destinata a crescere come un organismo vivo, così come mi sembrano vivi i libri stessi, nella loro fisicità, e vorrei che si potessero leggere solo qui, sulla carta, e non negli schermi dei computers.

E sarei molto felice che i figli dei miei figli, nel tempo, amassero questo progetto e lo custodissero nei secoli. Sono sempre stato affascinato dalla Filosofia, dall’Architettura, dalla Letteratura; a un gruppo di esperti sarà affidato il compito di scegliere le opere più classiche di ogni parte del mondo relative a tali discipline, una scelta non esclusiva, semplicemente perché l’umanità non ha confini. Ricordo un bel pensiero di Voltaire: «Io sto coi vecchi libri, perché mi insegnano qualcosa; dai nuovi imparo molto poco». E come dimenticare che secondo Montesquieu: «Finché non abbiamo letto tutti i libri antichi, non c’è ragione di preferire i moderni»?

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