Pochi sanno che Google si chiama così perché i suoi fondatori volevano chiamarlo Googol, ma sbagliarono a scriverlo. A sua volta Googol, il grande numero pari a 10 alla 100, si chiama così perché un bambino lo chiamò una volta Google, che era il personaggio di un fumetto degli anni ’30, ma sbagliò a scriverlo. Grazie a questo doppio errore, oggi persino il motore di ricerca più famoso del mondo porta il nome di un eroe dei fumetti.

Fino a qualche decennio fa, però, i fumetti erano un prodotto editoriale riservato ai bambini normali, o agli adulti ritardati. La loro filosofia si fondava sul fatto che la comprensione delle parole scritte richiede un certo grado di sofisticazione intellettuale, e l’uso delle immagini può essere d’aiuto a coloro che quella sofisticazione non l’hanno ancora, o non l’avranno mai. Chi faceva fatica a immaginare una descrizione o a seguire un dialogo in un libro, veniva dunque aiutato da una rappresentazione grafica stilizzata delle scene e dei personaggi, e dall’inserzione delle parole in una nuvoletta che usciva dalla bocca di chi le pronunciava.

 
I tempi antichi

A scanso di equivoci, la divulgazione umanistica è sempre stata fatta così. Già la pittura religiosa, ad esempio, produceva una sorta di Bibbia illustrata che serviva a diffondere la mitologia cristiana tra i poveri di spirito, i quali erano in buona parte analfabeti, ma non ciechi. A beneficio di coloro che sapevano leggere, o almeno compitare, spesso i dipinti e i cicli religiosi fornivano didascalie che li rendevano una versione antica dei fumetti moderni. E anche le opere dei classici, da Omero a Dante, venivano illustrate in maniera analoga, perché almeno qualcosa di esse percolasse anche a coloro che non le avrebbero mai lette o capite direttamente.

Oggi questi discorsi sanno di tempi antichi, perché i tempi moderni ci hanno tutti forzatamente convertiti alla multimedialità: ormai la scrittura è considerata soltanto una prima inter pares tra i media, nel migliore dei casi, e sta rapidamente diventando l’ultima, nel peggiore. Spesso però ci dimentichiamo che la multimedialità non è una novità, ed era già presente ai primordi della cultura: nei canti che costituivano i poemi omerici, nel teatro classico, nelle ritualità religiose e politiche, eccetera. I dialoghi platonici usavano ancora il discorso diretto e lo scambio di frasi brevi, appunto come nei fumetti, e fino ai tempi di Agostino si leggevano ancora i testi ad alta voce, come fanno i bambini e gli illetterati: lo testimonia lo stupore manifestato dal santo quando vide il vescovo Ambrogio leggere in silenzio.

La multimedialità

In altre parole, la multimedialità è il punto di partenza della cultura, dal quale ci siamo via via allontanati durante il suo sviluppo e la sua crescita, per poi ritornarci di nuovo recentemente, in un percorso circolare che ci ha riportati alle origini da cui eravamo partiti. È questo il senso originario, completamente frainteso, del famoso “villaggio globale” di Marshall McLuhan: il nostro mondo, con tutta la sua interconnessione e tutta la sua multimedialità, ci ha regrediti in massa al livello culturale dei selvaggi di un villaggio tribale, semplicemente allargato a dismisura a coprire l’intero pianeta.

Nell’orgia multimediale contemporanea, che vede la “cultura” dei social media veicolata da messaggetti, chat, selfie e video rudimentali, persino i fumetti classici sanno ormai di tempi antichi, e assurgono al ruolo di prodotti vintage o di qualità. A volte sono “per soli adulti”, sia per le loro storie più o meno pruriginose, alla maniera di Guido Crepax o Milo Manara, sia per la divulgazione culturale offerta a un pubblico che, ormai, in genere la cultura la evita come la peste.

Il mio primo incontro da adulto con i fumetti è avvenuto nel 1998, quando ho approfittato di una visita di Jacques Derrida a Torino per conoscerlo, grazie alla mediazione di Maurizio Ferraris. Per prepararmi avevo pensato di leggere qualche suo libro, ma dopo aver rinunciato perché non ci capivo assolutamente niente, ho trovato una scorciatoia: Derrida for beginners (1997) di Jim Powell e Van Howell, che si presentava come «la più chiara spiegazione di Derrida e della decostruzione disponibile nel Sistema Solare». La cosa funzionò, e quando poi lo rivelai a Derrida lui rispose che non solo conosceva quel fumetto, ma lo considerava un’ottima introduzione al suo pensiero.

Una formula un motto

La cosa forse non sorprende, visto che spesso i filosofi sono passati alla storia per una sola frase o un solo motto, e volendo si può raccontare la filosofia limitandosi a quelle pillole, o almeno a partire da esse. Ma questo è vero anche per gli scienziati e i matematici, per i quali una formula è l’equivalente di un motto: non a caso, il Mulino sta pubblicando da qualche tempo un’ottima serie di volumetti dedicati alle Formule per leggere il mondo, che vanno da Pitagora e Gödel, a Einstein e Schrödinger.

Si può dunque immaginare che la scienza e la matematica facciano capolino anche nei fumetti, e il primo esempio storico è il cartone animato Paperino nel mondo della matemagica (1959) della Disney: un riuscitissimo cortometraggio di mezz’ora, reperibile su YouTube, che riscosse un grande successo nelle scuole di mezzo mondo, e illustrava alcuni dei risultati della scuola pitagorica, dalle connessioni fra i numeri e la musica alle proporzioni matematiche nell’architettura e nell’arte. In casi come questo la grafica animata sicuramente fornisce un ausilio per la comprensione e l’apprendimento, e va considerata come una prefigurazione della grafica computerizzata che ha rivoluzionato lo sviluppo e la didattica della matematica in tempi recenti.

 

Imparare con Homer

Oggi Paperino e Topolino sono ormai stati sostituiti dai Simpson, che hanno un pubblico di decine di milioni di spettatori sparsi in decine di paesi. La serie non ha alcun intento divulgativo diretto, ma in alcuni episodi la scienza e la matematica affiorano in maniera indiretta, sospinte dalle formazioni e dagli interessi dei grafici e degli sceneggiatori. E gli esempi sono così frequenti, che hanno ispirato addirittura due interi libri: La scienza dei Simpson (Sironi, 2007) di Marco Malaspina, e La formula segreta dei Simpson (Rizzoli, 2014) di Simon Singh.

Per mostrarne uno, nell’episodio L’orrifica casa sugli alberi (1995) appare su una lavagna una formula che dice che la somma delle dodicesime potenze di 1.782 e 1.841 è uguale alla dodicesima potenza di 1.922. Se fosse vero, si tratterebbe di un controesempio del famoso teorema di Fermat, e provando a fare la verifica con una calcolatrice tascabile il cui display mostra al massimo dieci cifre, sembra proprio che sia così! In realtà i due numeri in questione differiscono soltanto oltre la decima cifra, e con un po’ di attenzione si vede anche a occhio che l’esempio è sbagliato: infatti, le potenze dodicesime di 1.782 e 1.841 sono una pari e l’altra dispari, e sommate non possono dare come risultato la potenza dodicesima di 1.922, che è pari.

I supereroi

Cose simili accadono anche nei fumetti tradizionali, come spiegano in dettaglio La scienza tra le nuvole di Pier Luigi Gaspa e Giulio Giorello (Cortina, 2007) e La fisica dei supereroi di James Kakalios (Einaudi, 2007). Il primo libro compie una carrellata nell’intero mondo dei fumetti, alla ricerca di aspetti scientifici nelle storie di personaggi che vanno da Paperino e Topolino a Tex Willer e Satanik. Il secondo libro è invece tratto da un corso universitario tenuto dall’autore su Ciò che della scienza ho imparato dai fumetti, nel tentativo di capire quanto di scientifico ci sia nei superpoteri e nelle imprese dei supereroi, in base alle leggi attuali della fisica, e quanto invece potrebbe diventare scientifico, se leggi della fisica cambiassero in un certo modo.

Anche grazie a libri come quelli citati, e al loro successo di pubblico, gli autori e gli editori hanno presto compreso che i fumetti avevano lettori interessati alla scienza, e hanno dunque presto pensato di cucinargliene alcuni appositamente. Sono così nate intere collane di argomenti a fumetti: ad esempio, quella pubblicata da Raffaello Cortina Editore, che annovera testi sulla logica, la statistica, i frattali, la relatività, il tempo e l’evoluzione.

Personalmente, il testo scientifico a fumetti che prediligo è l’Introduzione alla teoria quantistica (1996) di Joseph McEvoy e Oscar Zarate, tradotto in almeno tre lingue (inglese, tedesco e spagnolo), ma non in italiano. Anch’esso, come quello citato sulla filosofia di Derrida, riesce nell’impresa di presentare a fumetti, in un linguaggio comprensibile, una teoria che di solito rimane mimetizzata dietro un formalismo riservato agli addetti ai lavori. A scanso di equivoci, il linguaggio comprensibile è comunque quello matematico, benché non specialistico: in altre parole, c’è più fisica seria in questo libretto di quanta se ne trovi in molti best seller divulgativi, anche di grande successo, che si limitano a raccontare aneddoti o fare prediche sull’argomento.

Un intero filone di fumetti scientifici riguarda le biografie di scienziati. Per la loro stessa natura le biografie, convenzionali o a fumetti che siano, tendono a privilegiare lo scienziato rispetto alla scienza, concentrandosi più sugli eventi della vita dei protagonisti che sui risultati della loro ricerca. Ovviamente, costituiscono anche una lettura più amena e divertente, e possono costituire un’utile introduzione ai pensieri dei loro protagonisti. Uno degli autori più prolifici nel genere è Jim Ottaviani, che insieme a Leland Myrick ha pubblicato Feynman e Hawking (Bao Publishing, 2012 e 2020), e insieme a Leland Purvis Un pensiero abbagliante. Niels Bohr e la fisica dei quanti (Sironi, 2013).

I miei preferiti sono però Ultima lezione a Gottinga di Davide Osenda (001 Edizioni, 2009) e Logicomix di Apostolos Doxiadis e Christos Papadimitriou (Guanda, 2019). Pur concentrandosi su aspetti diversi, entrambi raccontano la stessa epica storia: quella della logica matematica nel periodo d’oro a cavallo tra fine Ottocento e inizio Novecento. Ma è la combinazione di precisione matematica e di qualità artistica a permettere loro di raggiungere la massima vetta nel campo della divulgazione scientifica a fumetti.

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