Il Marvel Cinematic Universe, cioè l’universo narrativo di tutti i film della casa delle idee, ha commesso un errore. Mentre nel 2023, a fronte di alcuni insuccessi al botteghino, i giornali di tutto il mondo hanno iniziato a parlare di «stanchezza da supereroi», in pochi hanno intravisto il vero problema, di cui un box office insoddisfacente è solo il sintomo. I suoi film – tratti dai fumetti – sono diventati fumetti a tutti gli effetti. E non è cosa buona.

Sarebbe decisamente ingiusto incolpare la debacle di The Marvels, con Brie Larson, di tutti i problemi dell’universo-mondo, come era stato ingiusto all’epoca – per il mondo dei videogiochi – additare il titolo di E.T. - L’extraterrestre per la successiva crisi di Atari. Uno scaricabarile a dir poco bislacco, ma che assolve pubblico e produttori dalle loro colpe. Tra i due casi, a ben pensarci, una somiglianza c’è, sono stati entrambi il segnale di una malsana abitudine produttiva e consumistica, incessante e bulimica, che riempiva sale e scaffali secondo una logica del «più ce n’è meglio è».

Lo stesso John Romita Jr, storico disegnatore Marvel italo-americano, sottolineava che la «stanchezza da supereroi» semplicemente non esiste. Esistono invece film migliori o peggiori, ma da un maestro che lavora sui fumetti da tutta la sua vita, ora ha 68 anni, sapere che i supereroi non hanno stancato è un sollievo. Certo, devono affrontare ancora un’altra crisi, più culturale e di valori, ma contemporaneamente sono risucchiati in un vortice di insicurezza di sistema.

Il punto è il formato, e di conseguenza la produzione. L’universo condiviso è ora composto da 30 e più film, senza contare le serie televisive. Il racconto è frammentato, gli esperti direbbero transmediale: una formula abbastanza vincente per avvolgere il pubblico nella storia. Ma cosa impedisce a questo orpello di diventare un boomerang letale?

Nel 2023, Marvel ha distribuito tre film dell’Mcu: Ant-Man and the Wasp: Quantumania, The Marvels e Guardiani della Galassia Vol.3. E a essere uscito illeso dalla carneficina della critica sembra essere stato solo il film di James Gunn, che ora è passato alla concorrenza Dc. Disney è immediatamente corsa ai ripari. Bob Iger, il Ceo, ha capito: «Puntiamo alla qualità». Ammettendo che prima, questa qualità, non era priorità. Ed è un po’ uno schiaffo in faccia al pubblico.

Cambio di strategia: nel 2024 infatti solo una pellicola Marvel è uscita in sala, cioè Deadpool & Wolverine. Il film di Shawn Levy con Ryan Reynolds e Hugh Jackman in Italia ha incassato 18 milioni di euro. E globalmente 1,3 miliardi di dollari. Tra qualche giorno arriva Capitan America: Brave New World, e nel resto del 2025 sarà il turno del nuovo film di Thrunderbolts e il ritorno dei Fantastici 4.

Se ridurre temporaneamente il numero di uscite aiuta certamente, è anche vero che ormai il danno è fatto. E il film del mercenario chiacchierone porta con sé il fardello di questa decisione. Quello della Marvel è un errore difficile da correggere in corsa. La pellicola, infatti, risulta incomprensibile – e poco entusiasmante – se non si conoscono i riferimenti. Così i film sono diventati fumetti: elitari e poco accessibili.

Deadpool & Wolverine butta nel calderone personaggi dell’universo Fox – ora acquisito da Disney – e altri minori, e li inserisce in un contesto poco conosciuto, contro nemici apparsi per la prima volta nella serie televisiva di Loki. Il risultato è strano: funziona perché i due lupi solitari sono due personaggi divertenti e caciaroni, perché rompono la quarta parete e incarnano il sentimento del pubblico contro la Marvel (ripulendosi quindi la coscienza). Ma finisce lì, il problema continua ad esserci, solo sepolto sotto un miliardo di dollari.

I fumetti dei supereroi hanno una storia editoriale lunga decenni. I personaggi nascono, muoiono, si incontrano e vengono rilanciati seguendo le logiche del mercato editoriale. Questo permette una grande varietà, ce n’è per tutti i gusti, alcune serie sono un successo di pubblico e critica, altre sono invece fallimenti senza arte né parte. Ma la natura produttiva dei fumetti permette più angoli di manovra.

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Sembra banale, ma realizzare un fumetto non è come girare un film. Si sperimenta con più facilità. E il multiverso non ha fatto bene neanche a loro. Serve una guida per navigare quel mare magnum. Ecco che vengono in aiuto prefazioni e note a piè pagina, edizioni omnibus e quant’altro. Soluzioni tampone che però – come uscite più dilazionate al cinema – non risolvono niente. Non hanno smesso di correre, hanno solo rallentato il passo.

Inoltre, i fumetti possono giocare molto con la fantasia, spendendo uguale. La grafica computerizzata, invece, ha un costo, e invecchia molto facilmente man mano che la tecnologia avanza. E nell’errore della Marvel, ora, ci è caduta anche la Dc, che negli anni ha fatto una grande difficoltà a mettersi al pari della concorrente sul lato cinematografico, mentre sulle serie televisive ha avuto il suo discreto successo con Arrow, The Flash, Supergirl e Legends of Tomorrow, prodotti dall’emittente statunitense Cw.

Prima con la Justice League di Zack Snyder, che con i suoi eroi caduti ha raccolto attorno a sé un culto pseudo-populista che lo ha eletto ad autore di alto livello nonché vittima, quando è stato gentilmente accompagnato alla porta dalla Warner Bros. Ora a guidare la baracca c’è James Gunn. Ed è lui, insieme al produttore Peter Safran, ad avere le chiavi di Superman e compagnia cantante. Proprio l’uomo d’acciaio sarà il suo esordio, a luglio. Via l’Henry Cavill di Snyder, dentro David Corenswet, Nicolas Hoult come Lex Luthor e Rachel Brosnahan come Lois Lane.

Ecco, ora anche la concorrenza è uniformata. È caduta nella trappola produttiva degli universi espansi. Di certo, uscendo dal cinema, sedicenti esperti non potranno più dire: «I fumetti erano meglio», come succede per i film tratti dai libri. Sono diventati uguali, storture comprese. E forse sarà la rinascita della Dc, per un rinnovato spirito di novità. Ma l’effetto cascata sarà inevitabile. Si salvi chi può.

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