Quando accennano le prime note di Across the universe tutto sembra fermarsi. Gli occhi fissi sui musicisti, il fiato sospeso, qualcuno che riconosce la melodia muove la testa, accenna un canto muto. Silenzio. Sul palco, anche se palco non è visto che si tratta di un tappeto bianco, quadrato, coperto da una tenda, i musicisti sono quattro, come i Beatles. Gli strumenti sono un violoncello, un violino, un sassofono e delle percussioni, c’è anche una danzatrice. Sono La petita Malumaluga, compagnia nata a Barcellona che da quasi quindici anni porta in giro per il mondo le proprie produzioni e che, sabato 8 e domenica 9 novembre si esibirà per il secondo e ultimo weekend all’interno del Romaeuropa Festival. 

Dei musicisti che suonano i Beatles non sono esattamente ciò che si definisce un progetto di avanguardia. E non lo sarebbero se non fosse che la loro esibizione è inserita nel programma di Ref kids & family, la sezione dedicata ai più piccolo. E bambini, insieme ai loro genitori, sono gli spettatori che, quasi ipnotizzati, ascoltano Across the universe e una selezione dei successi dei Fab Four.

Venti minuti di ascolto silenzioso poi, i più piccoli, si scatenano sul tappetone ballando e interagendo con la compagnia. Ma solo chi ha fino a tre anni. Per gli altri, la richiesta arriva direttamente da Albert Vilà, l’uomo delle percussioni e cofondatore, insieme alla danzatrice e coreografa Eva Vilamitjana della compagnia, l’indicazione è di rimanere seduti e continuare ad ascoltare. Ed è ciò che accade.

Il meglio dell’arte

L’immaginario beatlesiano ben si sposa con un pubblico di bambini e bambine. Dal «sottomarino giallo» a Lucy che sarebbe uscita da un disegno del piccolo Julian Lennon per finire, con i suoi «cieli di marmellata» e i suoi «diamanti» nelle classifiche di tutto il mondo (e nei racconti di fascinazioni lisergiche). Dai «campi di fragole», a quel  «Jude» che in realtà era «Jules» (sì, ancora Julian Lennon), un bambino che Paul McCartney voleva consolare spiegandogli che non doveva avere paura del divorzio dei suoi genitori.

Ma stiamo comunque parlando di Beatles. Quanto di più lontano pensabile da Whisky il ragnetto, Baby shark e Il coccodrillo come fa.

«È come con il cibo – dice Vilà – Alcune famiglie credono che serva pensare a un menù per i bambini. Altre pensano che i bambini debbano mangiare e provare tutto. Se parliamo di musica e danza non vedo differenze. Alcuni pensano che la musica per i bambini debba essere semplice, altri che debba essere la più contemporanea possibile. Io non so se i Beatles siano semplici o no. Ma sono felice che le famiglie possano sperimentare cose diverse. È la filosofia con cui lavoriamo da quasi 15 anni. Ed è anche una filosofia politica. L’obiettivo di tutti è offrire ai bambini il meglio possibile, sempre. E noi cerchiamo di raggiungere questo obiettivo con l’arte». 

Non solo Beatles

Ecco allora che dai Beatles si può passare a Bob Marley per arrivare fino alla musica barocca. Il problema non è essere “semplici” ma trovare un linguaggio universale che possa parlare di tutto. A tutti. «Dare ai bambini gioia e felicità – dice Vilà – Questa è la mia filosofia». Creare un’energia positiva, rendere possibile un’esperienza. Se questa è l’idea di fondo non possono esserci limiti d’età. «L’unica cosa che evitiamo è la violenza – continua – per il resto  possiamo parlare di tutto. Non siamo insegnanti, non siamo una scuola, promuoviamo una certa idea di arte e la trasmettiamo al pubblico, non importa l’età. L’unica altra regola che ci siamo dati, oltre a quella di non parlare di violenza, è che il nostro pubblico debba stare comodo. Non avrebbe senso portare questo tipo di spettacolo in un teatro davanti a 2.000 persone che non possono muoversi e magari non vedono niente».  

In questo piccolo spazio di intimità beatlesiana invece, i bambini sembrano quasi ipnotizzati dal fascino della musica. «È come se si creasse una specie di connessione. È molto interessante. Personalmente mi sento onorato a poter condividere questo tempo con loro. Penso sia un privilegio poter entrare in contatto con loro in questo modo».

Di certo, con i suoi “strani” strumenti, Vilà è forse il componente del gruppo che più “gioca” con la musica. «Sono un percussionista, mi piace dare ritmo e colori. La maggior parte dei percussionisti hanno il compito di portare questi colori». Colori che restano negli occhi dei piccoli spettatori. Con la piccola speranza che magari, tra vent’anni, nessuno di loro debba domandarsi chi erano i Beatles. 

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