Da schiavi a star: storia dei cuochi professionisti

Cibo è il nostro inserto mensile che racconta il mondo attraverso ciò che mangiamo. Esce l’ultimo sabato di ogni mese sulla app di Domani e in edicola. In ogni numero svisceriamo un tema diverso con articoli, approfondimenti e commenti: il tema del numero di questo mese è come si salvano i ristoranti. Qui troverete man mano tutti gli altri articoli di questo numero. In questa pagina, invece, tutti gli altri articoli di Cibo, che è anche una newsletter gratuita. Ci si iscrive a questo link. Nel passato, in molte società i cuochi erano servi domestici (talvolta schiavi) di famiglie nobili; in altre erano artigiani liberi o professionisti di corte: oggi gli chef sono diventati star, prima della tv e ora dei social, veri e propri influencer che possono dare il via a mode e tendenze. Se cerchiamo però nella storia dell’umanità un momento preciso in cui i cuochi si emancipano e diventano ristoratori, imprenditori e professionisti affermati, non lo troveremo. La transizione fu graduale, irregolare a seconda delle culture, e determinata da lunghi cambiamenti: vediamo insieme quali. Cina, Europa e America La Cina è probabilmente la prima civiltà ad aver sviluppato una vera e propria cultura del ristorante: durante la dinastia Song, che portò benessere e prosperità al paese (960–1279), nelle grandi città esistevano ristoranti strutturati, con menù, sale private e addirittura specializzazione per cucina regionale. Per quanto riguarda i cuochi a servizio delle famiglie nobili, già dal terzo secolo d.c. esisteva un’organizzazione precisa delle cucine imperiali, con gerarchie, apprendistati e specializzazioni. I cuochi non erano semplici servi, ma funzionari di corte, talvolta trasmissibili da padre in figlio. In Europa, a partire dall’antica Grecia e Roma per le famiglie nobili era essenziale la figura di un cuoco, soprattutto per poter gestire i banchetti e mantenere il proprio status sociale. Si impiegavano comunemente schiavi per il lavoro domestico, e questo includeva i cuochi. Le fonti letterarie e documentarie attestano la presenza di cuochi schiavi, ma anche il fatto che la conoscenza culinaria circolasse tra le famiglie e tra cuochi liberati (liberti). Nell’Europa del medioevo la maggior parte della cucina per le élite avveniva in famiglie nobiliari o in cucine signorili; i cuochi erano di solito servi. Con la crescita urbana, l’espansione di città e paesi creò la domanda di pasti fuori casa — locande, taverne, e in seguito esercizi più specializzati. Per quanto riguarda l’America, soprattutto nel Sud degli Stati Uniti, molti cuochi erano in realtà schiavi: l’emancipazione del 1865 liberò una classe di cuochi qualificati; alcuni entrarono in attività a pagamento, altri aprirono esercizi destinati solo ad altre persone di colore, altri continuarono come domestici. Il vero e proprio passaggio da schiavi a liberi professionisti fu comunque impedito dalle leggi razziali molto severe, dato che le persone di colore non potevano mangiare, sedersi, fermarsi e utilizzare gli stessi servizi delle persone che non lo fossero. In questo contesto di vera e propria segregazione razziale, l’indipendenza economica fu ostacolata dalle disuguaglianze: nonostante ciò la cucina delle zone del sud degli Stati Uniti deve la sua unicità e soprattutto diversità a queste figure che per anni hanno servito le famiglie bianche. Molte cuoche domestiche (soprattutto donne) rimasero invisibili e sottopagate, anche se le loro competenze coprivano un ampio raggio di mansioni, da governanti a tate. Turni trasparenti, orari limitati. Lo slalom dei ristoranti per uscire dal burnout La Francia capofila È intorno al diciottesimo secolo in Francia, che inizia ad avvenire il grande cambiamento: il termine restaurant (un brodo “ristorativo”) è associato a piccoli esercizi che vendevano zuppe e piatti semplici. Il fondatore del ristorante moderno come lo intendiamo oggi pare essere Monsieur Boulanger (1765): nella sua “boulangerie” vendeva brodi di carne che erano appunto, ristoratori. Arrivò ad aprire non uno bensì tre ristoranti. Nei decenni successivi, Parigi sviluppò luoghi di ristorazione pubblica per clienti paganti, non più legati a famiglie private; questo perché con la Rivoluzione francese molte famiglie nobili fuggirono o semplicemente caddero in disgrazia; i loro cuochi, pasticcieri e servitori (prima domestici stipendiati) si ritrovarono senza padroni. Con la disgregazione dell’aristocrazia gli ex cuochi e pasticcieri si ritrovarono a fare gli imprenditori e aprire attività o lavorarono in esercizi pubblici, alberghi e ristoranti. Dopo la Rivoluzione francese, un altro nome parigino verrà associato alla cucina moderna: il pasticcere Marie Antoine Carême. Famoso per le sue vere e proprie sculture di marzapane che riproducevano opere dell’architettura classica, iniziò a lavorare per la famiglia di un diplomatico francese fedele a Napoleone e passerà poi alle dipendenze del Re d’Inghilterra e dello Zar di Russia: Carême rappresenta una figura ibrida che nasceva come pasticcere ma completa la sua formazione come chef e che lavorava liberamente spostandosi tra diverse famiglie nobili e case reali. Chef social Con la nascita e diffusione della televisione, anche i programmi di cucina hanno il loro spazio: la famosa chef Julia Child fu forse il primo caso di personaggio pubblico che diventò riconoscibile pur non appartenendo strettamente al mondo dello spettacolo. I primi programmi tv di cucina erano per molti, soprattutto le casalinghe, la prima vera e propria possibilità di osservare dal vivo ed imparare a preparare un piatto diverso da quello della tradizione delle proprie famiglie. Nei primi anni 2000, si fa sempre più popolare il format tv del reality show: grazie allo chef Gordon Ramsey, cuoco inglese dalla popolarità emergente, viene creato un programma dove i vip affrontano delle sfide culinarie e vengono eliminati dal pubblico. Questo è solo l’inizio della carriera televisiva del popolarissimo chef -protagonista persino di una puntata dei Simpson!- che spazia fino programmi dove mette in gioco le sue competenze da imprenditore per salvare hotel e ristoranti dal possibile fallimento. Heinz Beck: «Le cucine non sono quelle della tv. Dobbiamo cogliere i cambiamenti» La possibilità per tutti di farsi conoscere per le proprie doti culinarie e diventare qualcuno senza lavorare per un grande ristorante avviene però grazie all’avvento dei canali social: chiunque dalla propria cucina, stellata o sgangherata che sia, ha l’opportunità di rendersi visibile o mostrare i retroscena del proprio lavoro. È il caso di Amaury Guichon, chocolatier franco-svizzero che da giovanissimo si è fatto notare in un programma tv e che nel 2016 ha iniziato a pubblicare video su Instagram del making of delle sue sculture di cioccolato: adesso è una star dei social con 18 milioni di follower che lavora per le celebrità più disparate. Per lo scorso compleanno di ASAP Rocky ha realizzato una scultura di cioccolato che lo rappresentava con le sembianze di un omino Lego. La rubrica Assaggini è destinata ai ragazzi dagli otto anni in su e alle loro curiosità sul mondo alimentare. [Missing Caption][Missing Credit]