A cena con i registi

Cinema, la fortuna di essere sempre i “fratelli D’Innocenzo”

Fabio e Damiano D'Innocenzo (LaPresse - Foto Valerio Portelli)
Fabio e Damiano D'Innocenzo (LaPresse - Foto Valerio Portelli)
  • Se c’è qualcosa che davvero non so gestire è la fede calcistica maschile. Ogni volta che succede mi trovo totalmente impreparata. Stavolta è successo mentre la Roma, che stava vincendo 3 a 1 contro la Juventus, inizia a perdere miserabilmente, e in pochi minuti –  sette – perde per 4 a 3. L’intervista coi registi gemelli Damiano e Fabio D’Innocenzo, romanisti sfegatati, parte così, nel loro ristorante preferito della capitale in cui avremmo dovuto mangiare carbonara e parlare amabilmente di cinema.

  • Dopo i film La terra dell’abbastanza e Favolacce, amatissimi dalla critica e da molti considerati capolavori, debutta America Latina, presentato a settembre scorso a Venezia e che, inaspettatamente, è tornato dalla Laguna senza premi.

  • Ma contano davvero i premi per chi fa cinema? Secondo Damiano: «Il premio a Berlino, al nostro apice, se lo avessi preso da solo sarebbe stato un giorno d’infinita tristezza. Vissuta senza mio fratello qualsiasi cosa non sarebbe bella. Dal sorriso che fa io capisco qualcosa anche di me stesso».

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