In un’Italia abituata a lamentarsi dell’Europa come se fosse una suocera fiscale, c’è un libro di successo, che cambia la narrazione: non più «ce lo chiede l’Europa» come giaculatoria di sventura, ma «grazie a Dio c’è l’Europa» come atto di fede nella ragione.

Celebra Roberto Benigni: «Negli ultimi tempi ognuno dice la sua sull’Europa. Ma nessuno racconta mai quali sono le ragioni profonde per cui è nata l’Unione europea, qual è la storia degli uomini e delle donne che l’hanno fatta. Allora ve lo racconto io. Come in un romanzo pieno di colpi di scena, dove succedono cose incredibili: non c’è un capitolo dove non ci sia un fatto clamoroso, una sorpresa. E sono sicuro che vi piacerà da morire, perché è il romanzo della nostra vita, del passato che abbiamo alle spalle e soprattutto del futuro che abbiamo davanti. State a sentire che bellezza».

La bellezza è dentro Il sogno, Einaudi Stile libero, il libro che Benigni ha scritto con Michele Ballerin e Stefano Andreoli e che è primo in classifica questa settimana. È la versione ampliata del monologo andata in onda lo scorso 19 marzo su Rai 1 e che ha fatto grandi ascolti e di più per la pedagogia istituzionale dell’Unione che tre anni di conferenze stampa di Ursula von der Leyen.

Il libro (che sembra uscito da una biblioteca europea con sottobraccio Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni) è utile perché ribalta il consueto vittimismo mediterraneo sull’Europa – ce lo chiede Bruxelles – e racconta invece un’epopea collettiva, sofferta e quasi commovente, che ha portato alla nascita dell’Ue. E lo fa con una lingua semplice, quasi felice, che non si vergogna di dire: il futuro può ancora essere una cosa bella con l’entusiasmo naif di quel Benigni che non sa più farci ridere ma si fa cantore dei gradi temi dell’identità nazionale: Dante, la Costituzione, l’Europa e il manifesto di Ventotene, prossimamente San Pietro dal cuore del Vaticano (a dicembre in tv e poi un altro libro). In tempi di folli incertezze, il libro ha l’audacia della concretezza delle argomentazioni. È un libro politico, critico delle pulsioni nazionaliste che, dagli Stati Uniti all’Europa, stanno pericolosamente tornando ad affiorare.

Feuilleton storico 

Ma non illudiamoci troppo: l’Italia è pur sempre il paese in cui, appena si sente la parola /storia/, si corre a cercare una saga. E infatti al secondo posto sta Isabel Allende con Il mio nome è Emilia del Vale per Feltrinelli e al terzo posto irrompe con stivali e corazze In guerra e in amore, Longanesi, nuovo capitolo del monumentale universo narrativo di Ildefonso Falcones. Avvocato e scrittore spagnolo. Quasi vent’anni dopo aver messo la prima pietra della sua Cattedrale del mare, feuilleton gotico catalano. Sentite l’incipit.

«Quando Partenope annegò nel golfo di Napoli, dopo che Ulisse aveva resistito ai seducenti e insidiosi canti delle sirene, la città era già disseminata di sorgenti che, col tempo, scavarono nel sottosuolo un’intricata rete di gallerie e acquedotti. Il venticinquenne Arnau, conte di Navarcles e di Castellví de Rosanes, generale degli eserciti del re Alfonso d’Aragona, armato della spada del padre, l’ammiraglio Bernat Estanyol, avanzava circospetto lungo uno di quegli acquedotti alla luce delle torce, cercando di non far risuonare l’armatura, l’elmo, gli speroni».

Ecco la trama. Regno di Napoli, 1442. Arnau Estanyol, compagno d’armi e di caccia del re, giovane eroe che si muove tra i cunicoli partenopei in cerca di gloria, amore, e forse anche qualche spiffero storico, è tra i membri più in vista della corte che circonda il re aragonese Alfonso nella città ai piedi del Vesuvio. L’autore spagnolo ci trascina così in un Medioevo fantastico dove sirene, acquedotti, clangore di armature e conti aragonesi abitano un palcoscenico a drammi dinastici e avventure cavalleresche da far impallidire Netflix.

E così si chiude la settimana letteraria. Tra Europa e Aragona, tra idealismo e nostalgia, la classifica si conferma come il vero romanzo nazionale: saghe, improvvisi afflati europei e molti compromessi. Un po’ come l’Italia, del resto.

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