Cultura

Il popolo, le emozioni e la gloria. Impressioni di una telespettatrice alla Prima della Scala

La serata inaugurale con il Macbeth di Verdi, regia di Davide Livermore (foto\\u00A0Brescia e Amisano/Uff Stampa via Agf)
La serata inaugurale con il Macbeth di Verdi, regia di Davide Livermore (foto Brescia e Amisano/Uff Stampa via Agf)
  • Con una sequela di schermi a fare da sfondo e con gli effetti speciali tecnologici, immaginate cosa resta del fiabesco, stralunato, spettrale eppure feroce e anche grottesco incantamento del male, che intanto fluisce nelle vene come champagne mutandosi misteriosamente in veleno, con la musica di Verdi, se chiudi gli occhi – ma devi proprio chiuderli.
  • Ma se poi li riapri, gli occhi, ti chiedi stupito come sia possibile che più si moltiplicano gli effetti tecnologici a lanternone magico – o se preferite a caleidoscopio, sempre distopicissimo per carità – che la famosa teatralità verdiana si raggeli in una immobilità d’azione da cascare addormentati.
  • È da ridere, sulla poltrona televisiva, ogni volta che il destino chiude un protagonista in ascensore (visto da dentro l’ascensore, con inquadratura condominiale, tipo Un posto al sole) e lo spedisce agli inferi. O ai piani superni del potere. E da piangere, quando su quella musica che ti canta dentro tutta l’infanzia e tutto lo stupore.

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