In sala stampa si può bere solo quello che ci si è portati da casa, mentre i controlli anti-Covid sono serrati. Ristoratori, parrucchieri e tassisti sono in rivolta: gli sponsor non ci sono e i guadagni se li tiene solo la Rai
- Benvenuti a Sanremo, la città dei fiori e delle rose, che quest’anno hanno solo spine. Il mugugno ligure qui è all’ennesima potenza, il sindaco Alberto Biancheri, nei bar e nei negozi è il più citato.
- «Non erano questi gli accordi», tuonano al bar Smile di via Roma. Ristoratori, parrucchieri, tassisti si lamentano che a guadagnarci, in questa edizione, sia solo la Rai. A loro hanno lasciato solo il disagio e neppure una mancia.
- Davanti all’Ariston quest’anno mancano gli avventori in cerca di foto e autografi. Al loro posto c’è tanta polizia, lì per evitare assembramenti: se ti fermi più di qualche secondo scatta la sanzione.
«Ma lei l’ha fatto il tampone?». È la domanda tormentone che ricorderò più a lungo di questo Festival di Sanremo. Che qualcosa sarebbe cambiato rispetto agli anni scorsi lo sapevo mentre partivo da Milano, in treno, con un certificato medico appena firmato e che, per l’organizzazione Rai, sarebbe durato al massimo 72 ore. Ma dalla lunghissima coda dei taxi disponibili alla stazione, avrei dovuto capire che la situazione sarebbe stata più incontrollabile del previsto. Avrei dovuto capirlo megl



