Quando ci accorgiamo del potere ammaliante di Daphne Bridgerton e del duca di Hastings è ormai troppo tardi. Noi orfani di Downton Abbey stiamo già cercando notizie sull’uscita della seconda serie su Netflix. E ci rendiamo conto di essere ormai immersi nel mondo di Bridgerton, prodotto da Shonda Rimes, donna di carattere per un period drama di carattere.

I personaggi femminili

La storia della famiglia che dà il nome alla serie è ambientata nella Londra dell’inizio Ottocento, ai tempi del re pazzo, Giorgio III, e della regina Carlotta, nera nella serie e sulle cui presunte origini africane si è riacceso in queste settimane un fitto dibattito.

Certo è che Chris Van Drusen, l’ideatore della serie basata a sua volta sui romanzi rosa di Julia Quinn, ha dato vita a un’invenzione teatrale più vera del vero. Un mondo di evasione ribelle, magicamente multietnico, popolato da donne di carattere e dalla bellezza di luoghi e colori. Dobbiamo ammettere che la trama non è la parte più interessante della questione.

Quello che intercetta i nostri sensori sono le venature di femminilità determinata che riesce ad imporsi su una mascolinità velenosa. Si trovano in Eloise, sorella della protagonista che interpreta il personaggio della donna refrattaria alla seduzione. Non vuole il matrimonio come affermazione sociale, ma piuttosto indipendenza e cultura.

Si trova anche nel “diamante della stagione”, come la regina definisce Daphne, che non desidera sedurre, ma conoscere i segreti del paesaggio interiore del suo corpo, per poterlo amare e rispettare.

È un universo che purtroppo è tenuto all’oscuro di molte donne, e non solo della sua epoca, in ogni latitudine.

È probabilmente ancora troppo anche per una Bridgerton immaginare che nello stesso cuore possano convivere caratteristiche tanto diverse: l’amare e l’essere amata, ma anche essere colta e indipendente.

«Tu non sai cosa significhi essere una donna e come ci si senta a sapere che la propria vita è ridotta a un singolo momento» dice Daphne al fratello maggiore, messo a guardia della sua reputazione e della qualità dei suoi corteggiatori.

Inaudito.

La storia di Maria Cosway

Già, cosa significa essere una donna? Qual è la strada che deve percorrere, cosa deve leggere e studiare una donna per imparare a desiderare?

Negli stessi anni in cui è immaginata la storia dei Bridgerton, a Lodi, città oggi tristemente famosa nelle cronache del Covid-19 insieme alla vicina Codogno, viene inaugurato. con l’appoggio del vescovo e del duca di Lodi Francesco Melzi d’Eril, un collegio per ragazze tra i 6 e i 12 anni. Sono giovani della nobiltà e della borghesia lombarda, ma provengono anche da famiglie meno fortunate. L’obiettivo è infatti di accogliere gratuitamente ragazze orfane e nullatenenti.

È il 2 aprile 1812 quando il Collegio della beata vergine delle grazie apre le porte alla sua prima studentessa, per diventare negli anni sempre più richiesto e popolato.

A volerlo con tutta se stessa è Maria Hadfield Cosway, una delle donne più colte, intelligenti e affascinanti del suo secolo. Scrittrice, pittrice, musicista ed educatrice, ha una genialità che pagherà a caro prezzo. Un classico.

Con una formazione che oggi definiremmo internazionale, la Cosway vive tra l’Italia (dove nasce nel 1760 da padre inglese), Londra, Lione (dove fonda la sua prima scuola) e Parigi. Viaggi che le fanno conoscere la famiglia Bonaparte e i circoli reali inglesi oltre al meglio della cultura europea come Alfieri, Foscolo, Manzoni, Angelica Kauffmann.

E Thomas Jefferson. I due si incontrano a Parigi nel 1786 e intrecciao un legame che si trasforma in uno scambio di lettere di quasi cinquant’anni.

Una liason a cui una volta tanto non è importante dare un nome. Chiamiamola un’affinità elettiva tra il futuro terzo presidente degli Stati Uniti e una donna di rara intelligenza e fascino.

Quando i due si conoscono Maria ha 26 anni ed è sposata da cinque con Richard Cosway, famosissimo miniaturista del Principe di Galles, futuro re Giorgio IV, di vent’anni più grande di lei e con la reputazione di uomo arrogante e donnaiolo.

Voglia di conoscere

Purtroppo non esiste nulla di più fragile del cuore umano. E Maria lo sperimenta sulla sua pelle. Per aver perso una figlia e perché, pur essendo una donna geniale, il marito cerca di castrare il suo talento impedendole di comporre.

Ma Maria Cosway non si arrende davanti a questa prevaricazione e reagisce con i suoi viaggi. Ne fa molti per l’Europa con Luigi Marchesi, il più famoso sopranista castrato italiano, molto amato dalle donne e forse anche da Maria.

Si ribella con la sua voglia di conoscere e di far conoscere e realizzando il suo sogno di diventare una educatrice.

Nelle scuole che fonda, a Lione prima e a Lodi poi, permette alle sue ragazze di imparare a leggere, scrivere, a conoscere perfettamente la grammatica come il lavoro di cucito, l’aritmetica e la geografia e la storia, non senza che possano arricchire il loro curriculum con il disegno, la musica, la lingua francese e tedesca o oppure il ballo.

Dipende dal loro talento e dal loro merito.

Il 29 settembre 2007, in occasione delle Giornate europee del patrimonio, è stata inaugurata la sala della Musica presso la Fondazione Maria Cosway di Lodi. Al centro della sala un busto di Maria, bella e austera, ci ricorda che le donne dicono, eccome se dicono.

Maria Cosway. Self-portrait 1787 (Wikipedia-public domain)

Come Alcesti

Le donne sanno avere la forza e la personalità di moderne Alcesti. È la giovane regina di Fere, nell’antica Tessaglia, protagonista dell’omonima tragedia di Euripide andata in scena, ad Atene, nel 438 a.C. È lei che si offre di morire al posto del marito Admeto.

In cambio dell’ospitalità data ad Apollo, una volta in cui il dio era stato cacciato dall’Olimpo, il re aveva ottenuto il dono di evitare la morte. A una condizione, però: quando fosse giunto il momento qualcun altro si sarebbe dovuto sacrificare al suo posto.

Solo sua moglie accetta di farlo. Si offre per sacrificare una vita al culmine della soddisfazione, realizzata con due figli, ricchezza e giovinezza.

Affronta così il marito declinando il suo amore per la casa e per quello da cui si sta per separare per sempre.

La reazione di Admeto

La reazione di Admeto, a causa del quale Alcesti sta per morire, è sorprendente: «Se tu muori io non posso sopravvivere, perché io adoro il tuo amore».

È necessario fermarsi qualche istante dopo aver ascoltato queste parole.

No caro Admeto, non puoi credere che amare voglia dire essere amato e probabilmente non lo credeva nemmeno Euripide, affascinato dal territorio ancora inesplorato del mondo femminile.

Sul palcoscenico in quella sera ad Atene andava in scena l’amore in tutte le sue declinazioni. E un amore che porta all’annientamento di se stesse c’è da chiedersi se sia davvero amore.

Per gioco del destino questa è però l’unica tragedia a lieto fine che ci sia giunta. Alcesti alla fine del dramma torna in vita, in silenzio, forte della sua determinazione.

 

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