Se talvolta da scapolo ero stato vulnerabile o eccessivamente mite, nessuno me l’aveva fatto notare con la dovuta chiarezza. Mi ero sempre ritenuto un uomo normale, ma sbagliavo. O forse, più semplicemente, mi sono arreso all’amore. Capita a tutti, a un certo punto, no?

Di mia moglie, oltre all’ovale del viso incorniciato da un delizioso caschetto corvino, mi aveva affascinato l’estrema passionalità e i modi di fare decisi: tutto in lei era estremamente persuasivo. Nondimeno quando m’illustrò per la prima volta le sue teorie sull’infedeltà mi venne da ridere.

«E quando la passione se ne andrà?», chiese.

Sospirai. Ci eravamo appena sposati, più che altro avevo voglia di godermi ogni singolo istante. Anziché programmare, affrontavo la vita una giornata alla volta. All’epoca non avevo la più pallida idea di come sarebbe andata a finire. Sapevo solo che certe storie funzionavano e altre no: mi sembrava già un ottimo risultato che noi due, io e quella donna speciale, fossimo in ballo.  

«Cosa pensi del tradimento?», tornò a chiedermi.

«Forse è un male necessario».

Mi fissò scandalizzata. L’avevo detto tanto per dire, in fondo era quello che pensava la stragrande maggioranza dei miei amici.

«Chi tradisce smette di amare», affermò in tono perentorio.

«Spero di non tradirti mai».

«Speri?».

«Che vuoi, sono realista…».

Avrei dovuto abbozzare, dargliela vinta. Del resto era colpa sua. Io non mi sarei mai infilato in un ginepraio del genere, non così presto almeno. Comunque mi rispose con gli interessi.

«Per me il tradimento mentale è uguale al tradimento fisico», asserì. «Uomo avvisato mezzo salvato».

Non ribattei. Era quel tipo di discorso che quasi certamente sfocia in un litigio. Il meglio che si può ottenere è che ognuno rimanga sulla sua posizione. Raffredda il rapporto, smarrisce, allontana. Giurai a mia moglie che le sarei stato fedele per sempre, se me lo avesse permesso.

Basta amici 

Feci lo sbaglio di riportare quella conversazione ai miei amici. Avevo bisogno di approvazione maschile e altre stupidaggini simili.

«Le donne sono tutte uguali, vogliono metterti il guinzaglio», sbuffò uno. «E quando sono riuscite a mettertelo non gli piaci più».

Fu allora che ebbi il primo segnale di ansia, un timoroso annuncio d’instabilità. Smisi di ridere, mi adombrai.

A un certo punto, fuori di me, battei un pugno sul tavolo: «Che ne volete sapere voi dell’amore?».

Non mi ero mai comportato così, con quella supponenza. Erano discorsi da bar: servivano ad ammazzare il tempo. Eppure me ne tornai dritto da mia moglie.

«Ti sei divertito?», mi chiese sorniona, quasi avesse potuto sapere che con quella serata si chiudeva un’epoca. 

«No, per niente».

«Non vedevi l’ora di tornare a casa?».

«Sì».

Mi sorrise. Poggiai la testa sulle sue ginocchia e lasciai che mi accarezzasse.  

«Non dovresti frequentarli più», disse.

Alzai la testa per assicurarmi di aver capito bene. Dovevo chiudere con i miei amici? Non le era bastata la netta preferenza che le avevo appena accordato?

«Li vedrò meno di prima», buttai lì. «Poco ma sicuro».

Non parve soddisfatta.

«Devi smetterla con quelli», disse. 

«Ti ho detto che diraderò gli incontri, volevo farlo da un pezzo».

- Diradali del tutto.

Annuii.

«Scommetto che non fate altro che parlare di donne», riprese mia moglie.

In effetti parlavamo spesso di donne. Parlavamo anche di altro, ma non trovai la forza di fare valere i miei argomenti.

«Parlate di donne da un punto di vista sessuale, il che equivale a un tradimento», continuò. «Lo sai come la penso, no?».

Stava di nuovo esagerando, ma le detti ragione.

Mia moglie è il tipo algido e saputello. Ti squadra dall’alto in basso per tutto il tempo, e le sue frasi, scoccate una dopo l’altra, somigliano a sillogismi talmente sono stringenti dal punto di vista logico.

«Se mi tradisci è la fine, lo sai?», tornava a chiedere.

«Lo so».

«Qualsiasi tradimento, te l’ho detto vero?».

«Sì, fisico o mentale per te non fa differenza».

«E ora dimmi la verità», mi sfiniva. «Ma tu mi hai mai tradito?».

Ormai la prendevo terribilmente sul serio. Mi metteva in una condizione d’ansia e preoccupazione costanti. Cominciai a uscire di casa il meno possibile. Rispondevo malvolentieri al telefono, declinavo gli inviti dei miei amici, e non avevo più nessuna frequentazione femminile. Per non deludere le aspettative di mia moglie, ero rimasto completamente solo.

Nudità estiva 

Quand’è precisamente che un rapporto di coppia diventa una prigione? Ed è possibile evitare che accada?

Cercai di scuotermi, azzardai un’infrazione. Un pomeriggio uscii di casa con il solo scopo di andarmene a zonzo. Lo feci deliberatamente, di mia iniziativa. La piccola ribellione che mi concedevo mi dette un leggero batticuore. Tanto più che era arrivata la bella stagione, e la maggior parte delle donne camminava con quasi niente addosso. Vestiti di lino o cotone leggero, bianchi, trasparenti. Camicette scollate, pantaloni a vita bassa, sandali che lasciavano i piedi completamente scoperti. Un’esplosione di lacci, di elastici, di pizzi rintracciabili a occhio nudo.

Mi fermai al tavolino di un bar, ordinai un caffè. Mi chiedevo costantemente se stessi facendo qualcosa di male, avevo perso di vista la realtà. Accanto a me le coppie parlavano, gli uomini e le donne incrociavano gli sguardi. Si consumava il gran rituale dei rapporti all’aperto. Fu allora che al tavolino davanti al mio venne a sedersi una donna. Ancora prima che si mettesse seduta capii che sarebbe stata un pericolo. Volsi lo sguardo altrove per un numero interminabile di minuti. Non se ne andò e alla fine dovetti guardarla, i bei capelli rosso fuoco che le scendevano sulla schiena, i piedi intrecciati praticamente nudi. Cominciai a mangiarla con gli occhi, con l’avidità di un lungo digiuno interrotto. Dai pantaloni spuntava la stoffa delle mutandine. Il tradimento mentale era uguale al tradimento fisico, d’accordo. Però mia moglie non avrebbe saputo nulla. Tutte le donne erano alla portata dei miei occhi, e tutte sarebbero state mie. Un tradimento fisico lasciava delle tracce, comportava il rischio di venire scoperti. Invece quell’innocente libidine, quell’invisibile eccitazione era mia e soltanto mia. E per nulla al mondo ci avrei rinunciato.

La donna davanti a me ordinò qualcosa da bere. Vidi le sue labbra – ogni singola piega di quelle labbra – mordicchiare la cannuccia. E immaginai a lungo i suoi occhi, per il momento schermati da un grande paio di occhiali da sole. Magari avrei potuto seguirla per tutto il resto della giornata. Avrei bevuto dal bicchiere dove aveva bevuto lei; l’avrei sbirciata dalla vetrina del negozio dove si sarebbe provata dei vestiti; al colmo dell’eccitazione sarei arrivato a osservare le occhiate sconce che gli altri uomini le avrebbero affibbiato per strada….

Stavo di certo fantasticando anche su un eventuale abbordaggio, sempre fissandola morbosamente, quando la donna accavallò le gambe: un gesto brusco che mi parve avere qualcosa di familiare. Passarono solo pochi secondi prima che l’agguato diventasse palese. La donna finse di controllare con una mano la messa in piega, poi s’agguantò un ciuffo di capelli e scaraventò a terra la parrucca.

© Riproduzione riservata