Il simbolo della cucina milanese assomiglia maledettamente alla wiener Schnitzel, simbolo della cucina viennese. Stabilire la genealogia sembrerebbe un problema storico, ma verrebbe voglia di prenderla anche dal lato filosofico: è nato prima l’uovo o la gallina?
Questo articolo è tratto dal nostro mensile Cibo, disponibile sulla app di Domani e in edicola
La dominazione austriaca sulla Lombardia iniziò nei primi anni del Settecento, mentre sul Veneto iniziò soltanto nel 1815, all’indomani del Congresso di Vienna, quando nacque appunto il Regno Lombardo-Veneto, che cessò di esistere nel 1866, dopo la III Guerra di Indipendenza. Ma di fatto la presenza asburgica nel nord Italia finì soltanto con la I Guerra Mondiale e l’annessione di Trento e Trieste al Regno d’Italia. In questi 200 anni abbondanti di presenza assidua e in alcuni casi anche aggressiva, ma altre volte benevola, gli austriaci lasciarono molte cose in quella parte del paese. Lasciarono molte tracce di tedesco nei dialetti locali, lasciarono il catasto, la Scala di Milano, la ferrovia Milano-Venezia e tante altre opere pubbliche più o meno utili.
Poi ci sono le tante cose che non hanno lasciato, anche se spesso vengono attribuite proprio alla loro lunga permanenza da quelle parti: tipo lo spritz, che con la presenza austriaca non c’entra nulla, i dolci della tradizione mantovana, che sono stati inventati circa cento anni dopo la partenza degli austriaci dalla città di Virgilio e anche la colazione con cornetto e cappuccino, che non ha niente a che fare con l’assedio di Vienna del 1683.
Restando in ambito gastronomico, però, c’è il simbolo della cucina milanese, la cotoletta, che assomiglia maledettamente alla wiener Schnitzel, simbolo a sua volta della cucina viennese. Ora, stabilire la genealogia tra queste due fettine di carne impanate e fritte sembrerebbe un problema di carattere eminentemente storico, ma verrebbe voglia di prenderla anche dal lato filosofico: è nato prima l’uovo o la gallina? Infatti, agli austeri custodi della tradizione italiana non è parso vero di poter affermare, con la consueta sicumera, che la prima indicazione della cotoletta nella cucina milanese risale al piatto di lombolos cum panitio contenuto nell'elenco delle portate del pranzo dei canonici di Sant'Ambrogio durante le festività solenni addirittura nel dodicesimo secolo. Mica bruscolini! per capirci, nel 1100 Vienna era ancora un piccolo avamposto dell’Impero dove di certo non si cucinavano prelibatezze al pari di quelle che sapevano preparare i canonici di Sant’Ambrogio.
Nessi fragili
Come al solito, il problema è che tra il lombolos cum panitio e la cotoletta alla milanese non c’è alcuna parentela, se non quella banale di essere un pezzo di carne cotto. Ma allora potremmo affermare che l’inventore della deliziosa fettina di vitello impanata è stato un homo erectus da qualche parte in Africa circa cinquecentomila anni fa. Quindi, per non apparire ridicoli, direi di lasciare da parte la questione filosofica, dal momento che c’è sempre qualcosa prima.
Per restare in ambito storico, è evidente che la cotoletta alla milanese come la conosciamo oggi è nata molto dopo l’homo erectus, ma anche molto dopo i canonici di Sant’Ambrogio del XII secolo. Dai vari documenti e ricettari ritrovati fino ad ora, sembra ragionevole datarla intorno alla metà dell’800. E qui viene il bello, perché, come già detto, in quel periodo a Milano governavano gli austriaci, anzi, a voler essere precisi il governatore del Lombardo-Veneto era il più austriaco degli austriaci, nientepopodimeno che il Maresciallo Josef Radetzky, si, esatto, quella della marcia che chiude il concerto di Capodanno.
La concomitante presenza del Maresciallo a Milano e delle prime notizie della cotoletta ha indotto qualcuno a mettere in relazione le due cose e soprattutto a inventarsi la primogenitura della specialità milanese dalla quale sarebbe derivata quella viennese. Sono infatti molti a credere che la carne panata austriaca sia figlia di quella milanese e che questa discendenza si debba proprio al generale Radetzky in persona.
Appropriazione
Chi crede a questa teoria dà retta alla storia secondo cui nell’Archivio di Stato di Vienna sia stato ritrovato un documento del conte Attems, aiutante di campo dell’Imperatore Francesco Giuseppe in persona, in cui si narra che il generale Radetzky nel corso di un rapporto sulla situazione politica in Lombardia abbia raccontato all’imperatore della costoletta intinta nell’uovo, impanata e fritta nel burro che i milanesi usavano mangiare. Una volta a Vienna Francesco Giuseppe chiamò Radetzky a palazzo e gli chiese di dettare la ricetta ai cuochi di corte. Peccato che questa lettera non sia mai stata trovata e soprattutto che nessun conte Attems sia mai stato attendente dell’Imperatore.
L’inventore di questa storiella è un giornalista di origini siciliane trapiantato a Milano, Felice Cunsolo, che la racconta nel suo La cucina lombarda edito nel 1963. Come spesso accade, il Cunsolo ha finito per credere alla sua stessa panzana, tanto è vero che qualche anno più tardi la riporterà anche in una guida gastronomica del Touring. E siccome il mito è più affascinante della realtà, la storia di Radetzky e della cotoletta milanese fa il giro del mondo e arriva a convincere gli stessi austriaci, i quali, del resto, sono molto meno ossessionati dall’origine delle loro ricette di quanto non siano gli italiani.
I documenti ci raccontano una storia completamente diversa, anzi, probabilmente opposta. La cotoletta in Italia potrebbe essere arrivata dalla Francia, ma è sicuramente con la presenza austriaca che questa fettina di carne inizia a essere proposta nelle trattorie milanesi. In Austria, infatti, la wiener Schnitzel si era sviluppata in maniera autonoma, già a partire dalla fine del Seicento. Resta il dato inconfutabile che la prima citazione di wiener Schnitzel è del 1833, mentre la prima citazione di cotoletta alla milanese è del 1855. Quindi non è possibile che i viennesi l’abbiano copiata dai milanesi e, per contro, è quasi certo il contrario; o meglio, è assai probabile che una ricetta francese si sia adattata e si sia diffusa a Milano proprio per soddisfare le richieste gastronomiche di una folta guarnigione di soldati e funzionari austriaci.
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