Divertente come la trama di un grande romanzo, ricco di dati come una garzantina, provocatorio per le inaspettate ricostruzioni. Con Patria 2010-2020, Feltrinelli, Enrico Deaglio completa la sua narrazione in tre volumi, a partire dagli anni Sessanta, della nostra storia. È una storia piena di scandali, di trame sotterranee, di clamorosi colpi di scena. I protagonisti siamo noi. L’ultimo decennio ha trasformato le nostre vite senza avvertirci. Siamo pronti ad attraversare la tempesta?

Scopro da wikipedia che sei un medico. Che ne pensi della pandemia da un punto di vista sanitario?
Tante cose, la prima è che il virus non è legato al sesso, come era stato l’Aids, e quindi al peccato; secondo, che per fortuna dell’umanità non è stato possibile associarlo agli emigrati, agli stranieri. Dal punto di vista dell’organizzazione sanitaria, il virus è stato benvenuto per ricordarci che la sanità deve essere pubblica. Io ho assistito all’epidemia di Aids a San Francisco – che fece 50mila morti! -  le persone lottavano per non morire, e per non essere ghettizzate, ed erano le categorie sociali più malviste nella società, omosessuali e drogati, in genere poveri.

Eppure furono loro ad imporre di trovare finanziamenti, terapie (anche se non il vaccino). E ci riuscirono: la famosa democrazia americana furono loro: Reagan non si oppose, il dottor Fauci diede più di una mano. Ora è spaventoso vedere i danni che ha compiuto Trump, il numero dei morti, il crollo dell’economia. Biden non ha vinto “per fortuna”, ma semplicemente perché è stato con la democrazia e con la scienza. Trump è stato uno stregone, che ancora adesso non si capacita. La sua follia lo porterà ad un finale da quinto atto shakesperiano.

Per quanto riguarda noi, il virus ci ha riportato alla memoria i Formigoni, i Cuffaro e tutti gli altri, che privatizzarono la medicina, trasformarono gli ospedali in macchine da soldi…E a me ha riportato alla memoria le visioni della Torino del dopoguerra, dove sui tram c’era scritto “l’uomo civile non bestemmia e non sputa”, c’erano i sanatori, i dispensari, i bambini avevano le cicatrici del vaccino, perché allora la morte era la Tbc. E la polio. Quando studiavo io, i professori dicevano: «La cura del paziente è prendersi cura del paziente». Vedo con tristezza, ma anche con ammirazione, che sono morti un numero enorme di medici, tutti più o meno della mia età.

Il bunga bunga sembra lontanissimo. Oggi Berlusconi sembra un vecchio saggio. Eppure questo decennio politico è cominciato con le olgettine e poi ha trasformato radicalmente la politica italiana, dando un’interpretazione tutta nostra del fenomeno globale del populismo: con i cinque stelle, con Renzi e poi con Salvini, spazzato via dal Covid.
Sì, sembra incredibile, ma dieci anni fa non parlavamo d’altro che di bunga bunga e della sessualità del capo. Era l’apice del berlusconismo, durato peraltro un ventennio. Quello che è venuto dopo è il frutto di quel periodo: disprezzo per i politici, voglia dell’uomo forte, “largo ai giovani”, uno vale uno, abolita la libertà per decreto!

Ed è abbastanza incredibile come tutti questi fenomeni siano stati superficiali, di breve durata. Ondate sbeffeggianti, pronte a finire alla prima difficoltà reale; e poi, più o meno dal 2016, l’anno della Brexit e di Trump, la crescita del sovranismo, della xenofobia, del razzismo, che a un certo punto sembrava inarrestabile. Siamo stati fortunati che Salvini come nuovo Mussolini era ancora più cialtrone del primo, ma anche che il Covid è arrivato dopo che lui era stato cacciato. Siamo vaccinati, ora? Non so, ma una cosa buona è successa: siamo rimasti in Europa. Ma siamo ancora molto fragili.

I camion di Bergamo sono i nuovi monatti. Nel momento in cui l’immagine scintillante di Milano viene oscurata dall’arrivo del virus e da una gestione zoppicante della calamità abbiamo bisogno di tornare a Manzoni. Sciascia voleva che la “Colonna infame” diventasse obbligatoria a scuola insieme ai “Promessi sposi”. Buzzati ha raccontata la pandemia in una pagina da brividi che hai messo come exergo. Oggi come facciamo a raccontarla?
Incredibile come Manzoni e Siascia avessero visto giusto! Scrivere l’ultimo capitolo di Patria in mezzo al lockdown è stato una bella esperienza. Abbiamo deciso di farla a mo’ di diario, date e ricordi, punti fermi, piccole storie che sicuramente saranno dimenticate. E poi abbiamo lasciato pagine bianche, in cui il lettore metterà la sua storia.

Avevamo come termine ultimo il 3 novembre, le elezioni americane, e siamo riusciti a mettere la vittoria di Biden, anche se non era sicura! Come sarà raccontata? Impossibile dirlo; sicuramente cambierà il modo di fare musica e il nostro rapporto con la vecchiaia e la morte. Ma non so nemmeno se vorremo ricordare; sarebbe bello se andassimo fieri di quello che abbiamo fatto. Troveremo strano, come mi capita adesso guardando film in tv, che un tempo la gente andasse in giro senza mascherine.  

Hai diretto nel 1977 Lotta continua, Reporter a metà degli anni Ottanta, dal 97 Diario. Tre epoche politiche e tre giornali molto diversi. Fai un breve ritratto dei tre giornali e delle tre epoche. Cos’è il giornalismo oggi. E domani?
Lotta Continua era un giornale ingenuo, messianico, violento. Era capace di titolare su sei colonne: “Sciopero degli addetti alle pulizie della Pirelli”, o “Gli studenti di Macerata mettono in fuga la polizia”. I ragazzi mandavano lettere al giornale in cui alcuni dicevano che volevano suicidarsi, altri che volevano fare la lotta armata. Altri tempi. Fu l’unico giornale che si batté per salvare la vita di Aldo Moro. Reporter era un figlio degli anni Ottanta, voleva essere libertario, ma serio, parlare di sport e di diritti umani. È durato poco, purtroppo. Diario  è il mio bambino preferito. Elegante, roccioso contro Berlusconi, articoli lunghi di inchiesta o di giornalismo letterario. Grafica strepitosa, numeri speciali che hanno lasciato il segno.

Oggi gli spazi per il giornalismo di carta si sono estremamente ridotti. Gli editori non vogliono più spendere, i giornalisti li infastidiscono; vogliono solo ridurre, chiudere, quello che sta avvenendo a Repubblica, per esempio, è piuttosto deprimente. Ma, secondo me, l’idea di un giornale da leggere, da guardare, da scoprire, esisterà sempre di più. Ha fatto bene il vostro editore a lanciare Domani, complimenti.

La trilogia di Patria è una storia sociale jazz dell’Italia. Tante cose sono cambiate ma si scopre che, in mezzo a importanti conquiste civili e a tante risate, il nostro rimane un paese violento.
Sì, violento, misterioso e giustizialista. Purtroppo

C’è un filo che lega le bombe degli anni di piombo alle stragi degli anni Novanta e infine ai morti del carcere di Modena, di cui ancora non sappiamo quasi nulla?
I morti di Modena, avvenuti nel silenzio solo pochi mesi fa – anzi, per essere precisi, il 9 marzo 2020, primo giorno di lockdown sono tredici detenuti “deceduti” non si sa come. Non se ne parla, erano dei carcerati, schiuma della terra. Sono un simbolo, purtroppo di questo paese  che, davvero, non è normale. Una strage così può avvenire nel silenzio. Una intera classe dirigente in Sicilia può essere uccisa.

Due investigatori possono essere uccisi facendo saltare autostrade e palazzi. Sono saltate banche, stazioni, treni…E mai, mai, mai, è arrivata una verità. Certo che c’è un filo nero che lega tutto ciò, e purtroppo è ancora molto potente. Cerchiamo un colpevole qualunque, lo mettiamo in galera. Omertà su tutto il resto. Abbiamo un concetto barbaro della giustizia

Sembra che questo sia il decennio del nostro declino industriale: da una parte l’Ilva, dall’altra Marchionne.
Messa così, sembra che Sergio Marchionne, sicuramente uno dei protagonisti del decennio, si sia opposto al declino industriale italiano. Secondo me, invece, seguendo il mandato ricevuto, l’ha perseguito. Nel libro c’è la sua storia. L’Italia avrà meno auto e meno acciaio, dovrà trovarsi qualcosa d’altro da fare.

Due personaggi di questo decennio a cui tieni?
Uno è sicuramente Mark Caltagirone, il promesso sposo di Pamela Prati, che peraltro ha sessant’anni per gamba. La storia in tv è andata avanti per un anno buono, prima di scoprire che Mark Caltagiorne non esisteva. Peccato, aveva un bel nome, era più giovane di lei e faceva il consulente finanziario. E cosa, se no?

L’altro, ed è tutto in positivo è Chiara Ferragni. Mi piace, è intraprendente, sa curare bene i suoi affari e ha delle buone idee su come dovrebbe andare il mondo. Quando è scoppiato il Covid, i milanesi hanno dato i soldi a lei per far fronte all’emergenza, perché si fidavano. Brava! Sarebbe un buon sindaco di Milano, no?

Perché Gaetano Murana è l’uomo del decennio?
Mi sono preso questa libertà, di nominare un “uomo del decennio”, proprio come simbolo del paese in cui viviamo, spesso senza conoscerlo molto. Murana è un netturbino di Palermo, venne arrestato nel 1994 e accusato di aver partecipato all’omicidio del giudice Borsellino e della sua scorta. Si è fatto sedici anni di carcere, di cui molti a Pianosa, prima di essere liberato, un po’ alla chetichella. Le accuse erano false, e lo sapevano tutti, dall’inizio. Nessuno gli ha chiesto scusa, vive in povertà, nessuno gli dà lavoro.


© Riproduzione riservata