È praticamente impossibile non aver mai sentito nominare Kanye West, in arte Ye. Ma è decisamente possibile non sapere di cosa si sta parlando quando si parla di lui. Nato ad Atlanta nel 1977, West è prima di tutto un musicista che con dieci album all’attivo ha venduto la bellezza di venti milioni di copie ed è ai primi posti tra gli artisti più ascoltati in streaming di tutti i tempi. Il suo album del 2010 My Beautiful Dark Twisted Fantasy viene definito da molti il miglior progetto musicale del decennio scorso ed è, già dal titolo, una chiara apertura al suo approccio alla musica: intimo, personale, senza filtri, libero.

Con Kanye West il rap semplicemente si trasforma da una narrazione monodimensionale machista a un modo per inglobare e raccontare a tutti un universo di fragilità, di problemi, di dolori che mai prima avevano scalfito la superficie da ghetto gangster del mondo hip hop.

La sua oscura e contorta capacità creativa, come dice il titolo, è la ragione per la quale Kanye diventa presto molto di più di un artista, crescendo fino a essere il punto di riferimento di una generazione, spaccando la rocciosità del rap e aprendo la strada a una nuova schiatta di musicisti perturbanti che porteranno questo genere musicale in luoghi dove non era mai stato.

Dai testi di 50 Cent o Timbaland che inneggiano a orologi d’oro, pistole e pupe, si passa improvvisamente ad argomenti come la famiglia, la religione, il pregiudizio, il consumismo, e dalle classiche basi su cui rappare ci si sposta verso complesse orchestrazioni sonore che mescolano la classica con l’elettronica, il soul con il rock. Artisti come The Weeknd o Drake difficilmente sarebbero potuti esistere senza Kanye West.

L’arena della moda

La sua carriera nel mondo dello streetwear di lusso è altrettanto lastricata di successi. Kanye entra ufficialmente nell’arena della moda con la collezione Yeezy, prodotta da Adidas, nel 2015, presentata attraverso una performance di Vanessa Beecroft a New York.

A distanza di sette anni ogni release di sneakers di Yeezy è ancora una specie di shock anafilattico per centinaia di migliaia di fan, e il fatturato pare sia arrivato a toccare l’astronomica cifra di due miliardi di dollari, quasi il dieci per cento del fatturato totale di Adidas, ma gli analisti di Morgan Stanley parlano del 40 per cento del profitto totale della major dello sport.

A questo bisogna aggiungere un contratto di collaborazione milionario con Gap che ha portato schiere di fan del cantante a invadere i polverosi negozi della catena americana, facendo pensare a una rinascita del marchio. Kanye ha in effetti una particolare sensibilità per la moda, oltre che per la musica, che gli viene anche dall’aver sviluppato profondi rapporti di amicizia e collaborazione prima con Riccardo Tisci, ai tempi direttore creativo di Givenchy e poi con Demna Gvasalia, attualmente alla guida del brand più cool del mondo: Balenciaga.

Il segreto del successo

Le ragioni di un successo commerciale così straordinario stanno in due fattori complementari. Il primo è la straordinaria popolarità di West, accumulata non solo attraverso le sue performance musicali ma anche grazie a una serie di incidenti mediatici che lo rendono seguitissimo, e la seconda è che sul progetto Yeezy viene applicato per la prima volta in maniera potente il concetto dello scarcity marketing, cioè produzioni limitate di modelli di sneakers che diventando subito introvabili acquistano velocemente valore nel mercato del resell. Un cocktail esplosivo che semplicemente nessuna altra celebrity è riuscita a miscelare così bene fino a oggi.

Poi ovviamente c’è la sua vita privata, che è l’attrattore principale dell’attenzione dei media.

Nel 2014, con un favoloso matrimonio alle porte di Firenze, sposa la mega social celebrity Kim Kardashian creando una fusione di entità mediatiche che non ha paragoni nello star system di Hollywood. Da lei avrà quattro figli e da lei divorzierà nel 2021.

In questo contesto è fondamentale ricordare che a Kanye viene diagnosticato un disturbo bipolare, per il quale viene ricoverato in emergenza nel 2016 e del quale parla diffusamente in un’intervista a David Letterman nel 2019. Sappiamo quindi che a West può capitare di sentirsi in stati di profonda depressione o, al contrario, di esagerata produttività e onnipotenza, ma non sappiamo come e se abbia deciso di curarsi.

Non sappiamo quindi se una serie interminabile di atti pubblici fortemente polarizzanti derivino semplicemente dalla sua personalità travolgente o dall’essere nel pieno della fase maniacale del suo disturbo, sappiamo però che questo tratto è quello che decisamente scatena più attaccamento da parte dei suoi fan.

West è passato per esempio da essere un sostenitore della causa afroamericana dicendo che a George Bush (all’epoca presidente degli Stati Uniti) non importava niente delle persone nere, ad appoggiare apertamente la candidatura di Trump, subito dopo aver rinunciato a candidarsi lui stesso alla presidenza degli Stati Uniti. Durante gli Mtv Video Music Awards del 2009 strappa dalle mani di Taylor Swift il microfono per dire che il premio come miglior video femminile sarebbe dovuto andare a Beyoncé e non a lei, per poi sostenere che lei e il marito Jay Z complottano contro di lui.

Parabola discendente

Le cose si ribaltano, cambiando decisamente direzione, durante l’ultima fashion week di Parigi quando, il 3 ottobre, West presenta a sorpresa la collezione numero nove di Yeezy, indossando una t-shirt con la scritta “White Lives Matter” (“le vite dei bianchi contano”), che agli europei non dice molto ma negli Stati Uniti fa esplodere l’inizio di quello che di fatto è il più grande suicidio mediatico di tutti i tempi. La scritta si riferisce infatti al movimento che combatte per i diritti civili della comunità afroamericana Black Lives Matter, nato subito dopo l’assassinio ingiustificato da parte della polizia di George Floyd, e viene creata dall’area suprematista dell’estrema destra americana.

La parabola improvvisamente discendente di Kanye West trova il fondo quando sia Adidas che Gap che Balenciaga decidono di rompere ogni tipo di collaborazione dopo che lui rilascia una serie di pesantissime dichiarazioni antisemite in cui sostiene che esista una dominazione del mondo di matrice ebraica di cui la comunità afroamericana è da sempre vittima e qualche giorno dopo rivela al mondo che George Floyd non è stato ucciso dalla polizia di Minneapolis ma dal Fentanyl, pericolosa droga estremamente popolare tra le classi disagiate americane. Da quel momento i suoi account Instagram e Twitter vengono chiusi e sostanzialmente, a oggi, Kanye West non esiste più.

Questo lunghissimo preambolo, necessario per chiarire i tratti della situazione, ha portato in molti a chiedersi per quale motivo una persona così fragile o così pericolosa (a seconda dei punti di vista) sia stata sostenuta da mega aziende globali solo perché portava fatturati astronomici. Da una parte infatti negli ultimi anni l’approccio etico dei mercati si è dovuto riallineare, almeno superficialmente, a nuovi standard di correttezza linguistica e sociale, spinto da richieste che arrivavano da movimenti politici di successo planetario come quello per i diritti civili e quello per la crisi climatica. Dall’altra il caro vecchio capitalismo continua ad avere come unico obiettivo quello della crescita e ogni impedimento che si trasforma in un rallentamento dei fatturati viene rimosso.

Il perdono

La moda in particolare, regno di aziende miliardarie e di successi planetari, ha un legame molto stretto con il mondo delle celebrità, e tra i due si svolge da tempo un ininterrotto flusso di soldi ma anche un dialogo profondo, a volte così radicato da rendere le due entità indistinguibili. Il problema è che da una parte c’è un’azienda strutturata e attenta, dall’altra c’è una persona, interessante ma umana.

Il rapporto si costruisce infatti attraverso contratti scritti da orde di legali dentro i quali esistono clausole di rescissione nel caso la superstar decida di appoggiare cause che sono lontane dai principi etici del marchio. Si chiamano clausole morali e se ci sono nei contratti vuol dire che ci si aspetta che possano essere usate. La razionalità legale ha però negli ultimi tempi ceduto il passo a una specie di accondiscendenza generalizzata, e molti comportamenti problematici delle persone famose (l’uso dei figli come tool di comunicazione dei Ferragnez o le sorelle Kardashian che usano l’aggettivo “anoressica” per farsi complimenti) vengono accettati e affrancati da ogni tipo di giudizio negativo. Anche tutti i comportamenti di Kanye ricadono in questa fattispecie.

Questo perché, se la persona è estremamente famosa, si tende a perdonare quelle che vengono percepite come piccole mancanze o momentanee dimenticanze, tanto che questo tipo di episodi vengono chiamati in gergo shitstorm, cioè veloci e fugaci tempeste che sollevano sporcizia ma che presto si placano.

La potenza di persone come Kanye West o le Kardashian da un punto di vista commerciale è immensa, e la velocità attraverso la quale un messaggio viene da loro veicolato non è neanche lontanamente paragonabile a una classica pubblicità su un giornale o in tv, ma è anche vero che il loro stile di vita, la rappresentazione di sé stessi o semplicemente quello che dicono, spesso solleva più di un dubbio.

Sta diventando sempre più difficile per i marchi (e dopo la questione West lo sarà anche di più) trovare un bilanciamento tra sbandierate istanze etiche e pratiche di comunicazione, e sta diventando sempre più complesso parlare bene e razzolare male. Tutto questo è molto probabile che comporterà il ripensamento di molte collaborazioni con celebrity e influencer, ma quello che dovrebbe lasciare a noi è un senso di distacco, freddo e razionale, da un modo di far passare contenuti imperfetto che ogni giorno di più mostra crepe profondissime.

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