Non riduciamoci a credere che il venir meno del dolore sia un vero piacere e che il venir meno del piacere sia un vero dolore.

Platone, Repubblica


Io quest’anno a Natale non ci volevo giocare a Monopoli.
Roberto ci obbliga sempre.
A Monopoli ci si gioca a Pasqua, che non è una festa.
A Pasqua si fa la colazione con la coratella e i carciofi, il salame e la colomba, poi si pranza con le fettuccine al ragù e ci si ingozza con l’agnello mentre tutti parlano di quello che faranno a Pasquetta che piove sempre, e poi si gioca a Monopoli.

A Natale però non si gioca a Monopoli.
Roberto tutti gli anni il 20 dicembre organizza la serata hygge natalizia e prepara insieme a Lara la casetta di pan di zenzero e il vin brulé coi chiodi di garofano, la noce moscata e la cannella.
È così caro, Roberto.

Lui ci cucina la pasta al forno con il pesce poi e imbandisce la tavola con la tovaglia rossa e le candele alla vaniglia Ikea, accende il caminetto al bioetanolo e mette la playlist degli spot natalizi anni Ottanta che inizia sempre con il video della Bauli dove c’è un signore grasso e tanti bambini con delle candele in mano che ridono cantando “bababà, ba-ba-bauli- bababà,bababaciamoci”; tutti noi amici gli diciamo che sono belli gli spot natalizi anni Ottanta però dopo un po’ spaccano i maroni ma lui ci tiene così tanto.

Quest’anno non ci volevo giocare a Monopoli perché lo scorso anno a causa di quel gioco abbiamo chiuso dei rapporti d’amicizia.

Di solito le nostre partite si configuravano come quelle degli scacchisti professionisti di fama internazionale: si giocava venti minuti poi qualcuno non reggeva più la tensione, cedeva ad alleanze e le restanti due ore di gioco le si passano a giudicare le nostre psicologie in base a come giocavamo arrivando financo a offenderci i parenti.

L’altr’anno Giulia ci disse che non avrebbe mai più giocato con noi che eravamo aggressivi e violenti, e poi non l’abbiamo più vista.

Quest’anno mi ero esposto: «Vediamoci A Christmas Carol o Willy Wonka e la fabbrica di cioccolata» ma nessuno mi ha ascoltato. Paolo poi ha tagliato il pandoro a e abbiamo iniziato a giocare.

Roberto e Lara come al solito avevano stretto un’alleanza e avevano costruito sui propri terreni edificabili case e alberghi. Costruendo sulle vie più remunerative ritiravano costantemente importi significativi dagli affitti e dominavano la partita attraverso un discutibile patto di non belligeranza.

Marco aveva solo siti privati e il monopolio delle stazioni e delle società; s’era ipotecata pure Piazza Giulio Cesare e Viale Traiano per comprare le società che lo sanno tutti che le proprietà gialle non si ipotecano.

Possedere le proprietà gialle è uno status symbol.
Lui sosteneva che avere le società e le stazioni era fico, era tipo l’equivalente del premio Mia Martini al Festival di Sanremo. Però poi dopo un’ora è andato in perdita e ha iniziato a recriminare e se l’è presa con Lara che si era pure proposta di farle da curatrice fallimentare.

«La Dell’Utri di Roma sud vai a farla a casa tua. Non è perché sei frustrata e hai un brutto rapporto con i tuoi genitori devi venire a fare la prepotente con le amiche», le dice.

Lara si alza all’improvviso, prende dalla libreria di Roberto Così si uccide (Così si uccide, Mirko Zilahy, 407 pp., Longanesi, 16,40 €) e inizia a sbatterlo molto forte sulla fronte di Marco che comincia a grondare sangue. Martina allora scoppia a piangere e dice a tutti che non avevamo capito lo spirito della serata: CHE IL NATALE HYGGE A CASA DI ROBERTO È UN MOMENTO DI AGGREGAZIONE CHE SERVE A CEMENTARE I RAPPORTI TRA NOI AMICI CHE DURANTE L’ANNO PER MOTIVI DIVERSI CI PERDIAMO DI VISTA.

A quel punto ci alziamo tutti in piedi e ci abbracciamo sorridendo, con Marco che continua a sanguinare e diventa pure un po’ bianco, e Roberto ci serve il cappuccino brandy e cannella.
Io quest’anno a Monopoli non ci volevo giocare, a casa di Roberto.

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