Quando il presidente del Consiglio Giusppe Conte ha chiuso l’8 marzo i teatri di tutta Italia per fermare il Coronavirus,  Diego Sepe era un attore di teatro in un bed and breakfast dei quartieri spagnoli di Napoli che ripassava la sua parte. Dopo il suo mondo è scomparso, ha ottenuto i bonus per i professionisti in difficoltà da 600 e poi mille euro, ma non sa se e quando tornerà sul palco.  A marzo aveva iniziato le prove al Ridotto del teatro Mercadante di Napoli, ma il teatro non lo ha più pagato né gli ha fatto sapere come avrebbe voluto muoversi. Il nove marzo tutta l’italia è stata messa in lockdown, ma il 16 aprile l’attore ha deciso di prendere il treno e tornare a Roma: «Alla stazione le forze dell’ordine sostenevano che non fossi autorizzato a viaggiare. Ho detto che ero un lavoratore dello spettacolo, che non avevo più un lavoro e non mi potevo permettere di restare. Non mi hanno creduto» ed è stato multato.

Una categoria fragile

In Italia, secondo i dati Inps, ci sono circa 80 mila attori. Ma chi può definirsi attore? Può capitare che un attore, anche se professionista, in un anno lavori tre giorni. Agli attori di teatro per le prove spesso viene riconosciuta una cifra forfettaria, mentre i contratti durano il tempo della messa in scena. Con una tournée si può arrivare a qualche mese di lavoro. Secondo uno studio del Sindacato lavoratori della comunicazione della Cgil, i lavoratori a tempo indeterminato sono poco meno del 30 per cento del totale, quelli con rapporti a termine sono il 50 per cento, il 20 per cento ha rapporti di natura autonoma.

Il Covid-19 ha peggiorato una situazione già critica. Il ministero a marzo ha dato garanzia che tutti i lavoratori colpiti dalle chiusure sarebbero stati risarciti, ma così non è stato. Per sopravvivere il teatro è fortemente sovvenzionato e riceve dallo stato circa il 20 per cento del Fondo unico dello spettacolo, una cifra che si aggira sui 73 milioni di euro all’anno. Di fronte alla cancellazione degli spettacoli per via della pandemia, il ministero ha deciso di anticipare l’80 per cento della cifra stanziata per il 2020 e di aggiungere 30 milioni nei decreti per le emergenze a favore delle arti performative e dei piccoli teatri (comunque sopra i cento posti).

I teatri però, da quello di Torino a quello di Napoli, si sono appellati a una clausola contrattuale sulle cause di forza maggiore che li ha liberati dall’obbligo di pagare i lavoratori rimasti a casa. Il compenso per l’intero periodo della mancata messa in scena si è limitato a pochi giorni di paga e un accordo tra le parti. I più fortunati hanno ricevuto la Cassa integrazione.

 La sindacalista Manuela Bizi, Slc Cgil, dice: «Abbiamo spinto per fare causa, ma per gli attori fare teatro è vitale, non hanno capacità di contrattare davvero».

Il mondo del teatro è fatto di individualità ma, spiega l'attore Sepe, «quando ci siamo ritrovati da soli in questa situazione abbiamo cominciato a sentirci», non soltanto su Facebook. Così è nata una rete intersindacale che mette insieme Clap, Adl Cobas e Si Cobas  – soprattutto per i tecnici – e si è fatta spazio Attrici e Attori Uniti, «una chat nata a Milano e diventata l’archivio sul campo del sindacato della Slc Cgil».

La riapertura

Il 15 giugno i teatri sono stati tra gli ultimi luoghi pubblici a riprendere le loro attività. L’estate ha permesso di prendere tempo prima della vera riapertura attraverso le manifestazioni all’aperto. Le produzioni sono state tutte a ranghi ridotti, resta spazio solo per i pochi nomi molto noti. Nel programma di quest’estate del teatro di Siracusa compaiono ad esempio Tosca, reduce dal festival di Sanremo, accompagnata dal compositore premio Oscar Nicola Piovani, o l’habitué del Festival di Venezia Laura Morante.

Il Teatro di Roma ha indetto provini pubblici, gli sono arrivati oltre 2300 video. Solo una parte è stata fatta dal vivo, il resto tutto da remoto.

Gli spettacoli subiscono tagli e restrizioni di pubblico. Rispetto al solito infatti si può occupare una parte molto ridotta dei posti a disposizione. Il caso estremo a Torino: la distanza tra una poltrona e la terza del Teatro Regio di Torino è di 99 centimetri, sotto il metro previsto dalla legge, quindi bisognerà lasciarne tre libere, e finalmente la quarta potrà essere occupata. Rimangono 200 posti. La stagione comincerà entro ottobre. Forse. La commissaria, Rosanna Purchia, negli scorsi giorni ha detto: «Se la capienza rimane a 200 spettatori mi incateno insieme a tutti i lavoratori davanti al cancello».

Nessuna scrittura

Se i teatri pubblici tutto sommato resistono (il Teatro dell’Opera di Roma è ripartito il 22 settembre), i piccoli non sanno come fare: hanno sale piccole, sotto i cento posti, non hanno le risorse neppure per sostenere i costi di sanificazione.

Il 27 giugno c’è stata una manifestazione nazionale dei lavoratori dello spettacolo dal vivo in piazza Santi Apostoli, che ha avuto poca visibilità. Il 10 ottobre a Milano la categoria si unirà alla manifestazione “Bauli in piazza” organizzata dai lavoratori tecnici dello spettacolo. Una riunione in Piazza Duomo dove tutti saranno vestiti di nero posizionati accanto ai bauli in cui portano di solito il materiale tecnico o di scena.

I muri dei teatri

Gli attori cercano di resistere. Sepe ha fatto un provino per Amleto, l’opera teatrale di Shakespeare dell’ “essere o non essere”. «Ho avuto la fortuna di farlo in presenza, è andato molto bene, avevo una gran voglia. Mascherina finché non c’è stata la dovuta distanza, ma sul palco ero da solo e ho potuto sbizzarrirmi». Anche se «mi hanno detto che non sanno se e quando sarà possibile farlo».

Una delle richieste degli attori è ottenere un regime di disoccupazione sul modello francese, con un adeguato contributo statale e corsi qualificanti. In modo che anche i lunghi periodi in attesa di un altro ingaggio non siano un rischio per il loro lavoro. 

I sindacati sperano che il ministro Franceschini ottenga una parte delle risorse del piano Next Generation Eu anche per i teatri e gli attori :«Abbiamo saputo che c’è chi sta cercando di cambiare lavoro. Anche se arrivasse il vaccino non ci aspettiamo stagioni teatrali serie prima del 2021 - dice Bizi della Cgil –. Se il ministero non si preoccuperà di aiutare gli attori dei teatri resteranno solo i muri».

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