«Perché mai dovremmo metterci dalla parte dei vampiri?» domanda il Mussolini di Luca Marinelli a Cesarino Rossi in M. Il figlio del secolo. Nel caso del dittatore fascista, i vampiri a cui fa riferimento sono la borghesia industriale italiana, quella con cui si allea il suo partito per non cadere nell’oblio.

«Cause all you people are vampires and all your stories are stale, and though you pretend to stand by us I know you're certain we'll fail» cantavano nel 2006 gli Arctic Monkeys, band indie degli anni Zero oggi in grande spolvero grazie ai trend su TikTok, «Bloodsucker, famefucker, bleeding me dry like a goddamn vampire» dice invece Olivia Rodrigo, icona della GenZ, nella sua Vampire.

Se volessimo raccogliere tutte le volte in cui la figura spaventosa che entra dalle finestre per succhiarci il sangue di notte viene tirata in ballo tra canzoni, film, serie tv o romanzi ne verrebbe fuori un’enciclopedia. Dracula, Nosferatu, Orlok, Gary Oldman, Tom Cruise, Klaus Kinski o Leslie Nielsen che sia, l’immortalità del personaggio di finzione dotato di una certa affinità con i pipistrelli si è convertita in immortalità narrativa. Il vampiro infesta la nostra cultura pop da oltre cento anni e non sembra avere intenzione di andarsene.

Nosferatu trending topic

Così, il 2025 comincia con un succhiasangue in trending topic. È il Nosferatu di Robert Eggers, lungometraggio che rientra con precisione in quella categoria che personalmente definirei «film-moodboard», ossia film che non necessitano di una grande scrittura ma che si presentano con elementi estetici molto forti e, per così dire, scomponibili.

Sono film che arrivano in sala per essere già riassumibili in un tweet, un hashtag o in una storia su Instagram, masticabili su tutte le piattaforme dell’etere in cui galleggiamo e in cui non basta una locandina, serve il pacchetto completo di crossmedialità: Barbie, The Substance, Saltburn, Parthenope, sono alcuni dei titoli recenti che incarnano bene questa tendenza, non solo film ma veri e propri mood.

Nel caso di Nosferatu, abbiamo un po’ della coda lunga di Povere Creature, con la presenza sempre gradita di Wilelm Dafoe, attore feticcio del grottesco contemporaneo, un po’ della GenZ con la nepo-baby più problematica di Hollywood, Lily-Rose Depp, attrice che sembra essere stata partorita da un sogno di Tim Burton che incontra Chanel; abbiamo i meme sul Conte, «trovatevi un uomo che preferisca bruciare al sole piuttosto che smettere di fare sesso con voi» e altre ironie simili, l’atmosfera horror demoniaca che si mescola alla peste, e quale orrore più grande oggi che rivivere l’incubo del lockdown e delle dirette di Conte (Giuseppe, non Dracula) sotto forma di un’invasione di ratti contagiosi in un villaggio nebbioso della Germania di fine Ottocento.

Mostri sensuali

Il vampiro degli anni venti del Duemila prende le sembianze di un mostro sensuale con la voce di Ignazio La Russa e l’aspetto del leader dei Gogol Bordello. Nel mix di Eggers del Nosferatu di Murnau, di Herzog e del Dracula di Bram Stoker, il senso ultimo della presenza infestante del non morto si manifesta in un rapporto carnale, spirituale e tossico, per usare una definizione contemporanea, tra la protagonista e il perfido essere demoniaco.

Quando Orlok – nome che diede Murnau al suo conte per aggirare i diritti d’autore della famiglia Stoker – divora le sue prede, non solo attacca il cuore mordendolo, aggiungendo anche un po’ di cannibalismo al tutto, ma si contrae in movimenti pelvici che sottolineano l’erotismo del pasto. Così, la protagonista in preda agli incubi passionali diventa l’unica chiave, nonché l’unico personaggio realmente attivo, che può liberare la sua città dalla piaga del vampiro dando la sua vita in cambio, in un amplesso mortale.

Questa sensualità di Dracula, che pur essendo nella versione eggeriana un mostro con la pelata in decomposizione e gli occhi bianchi da pesce lesso emana machismo e testosterone, non è una novità delle interpretazioni presenti del nostro caro vecchio conte dalla Transilvania. Anzi, al contrario, potremmo dire che la sovrabbondanza di vampiri nel nostro immaginario pop sembri spesso una scusa per parlare di sesso, senza parlare esplicitamente di sesso.

Nella fortunatissima saga di Stephenie Meyer, Twilight, con adattamento cinematografico di altrettanto successo, il vampiro è buono, o meglio, è un cattivo che reprime il suo istinto maligno. Edward Cullen, a differenza dei suoi cugini in altri adattamenti vampireschi, non brucia al sole ma brilla come un soprammobile Swarovski, e l’oggetto del suo desiderio, Bella Swan, è anche l’oggetto del suo tormento: il solo odore, quando entra alla lezione di chimica il primo giorno di scuola, lo manda ai matti.

Su questa saga apparentemente banale e relegata spesso a trastullo per adolescenti in preda alle tempeste ormonali – cosa che potrebbe anche essere, ovvio, ma ciò non vuol dire che meriti meno attenzioni di altre opere letterarie –, la youtuber Natalie Wynn, attenta e sofisticata commentatrice dei fenomeni culturali del presente, ha pubblicato un’analisi di due ore in cui decostruisce pezzo per pezzo la metafora di potere e sottomissione che anima anche una semplice storia per ragazzi.

Una semplice storia per ragazzi che, guarda caso, ha generato un altro fenomeno letterario enorme come quello di Fifty Shades of Grey, nato proprio da una fanfiction di Twilight e dal topos della dinamica donna preda e uomo predatore.

Per Wynn, che su YouTube si presenta sul canale da milioni di views ContraPoints, l’opera della scrittrice mormona che ha sconvolto generazioni di lettori e lettrici ossessionati dalla storia d’amore tormentata tra l’agnello e il lupo – celebre una citazione del film di Twilight su questo ulteriore piano metaforico animale – non solo contiene innumerevoli spunti di riflessione sulle dinamiche di genere che attirano specialmente i più giovani.

Wynn va oltre e ci pone di fronte a un altro interrogativo: siamo sicuri che i ruoli di agnello e lupo combacino davvero in modo così preciso con femminilità e mascolinità, o il desiderio – e il timore di ciò che si prova – si basa proprio sulla indefinitezza di queste due aree del piacere? Non è una coincidenza, probabilmente, che sia proprio la labilità di certi confini a creare paura e delirio nell’idea che gli ordini e i ruoli suppostamente «naturali» delle cose vengano sovvertiti – e di questi terrori, molto reali e poco fantasy, oggi ne sappiamo qualcosa in tutto l’Occidente.

Tra erotico e proibito

Nella serie cult cominciata alla fine degli anni Novanta e conclusa con l’inizio del nuovo millennio Buffy, la protagonista devolve tutta la sua esistenza di giovane donna nella ricerca e nell’uccisione di vampiri. Il sottotitolo, infatti, è The Vampire Slayer – in italiano l’ammazzavampiri – e, nell’atmosfera apocalittica da fine della storia e millennium bug, la distruzione imminente del mondo comporta anche il proliferare di creature demoniache sputate fuori dalla bocca dell’inferno, luogo maledetto che collega il pianeta terra con gli inferi e che si trova, tanto per cambiare, nell’assolata California.

Nel caso di Buffy - L’ammazzavampiri, la lotta con il male, e nello specifico con i vampiri che ogni notte popolano il cimitero di Sunnydale, trasmette quel senso di smarrimento e ignoto che l’arrivo del ventunesimo Secolo ha conferito a tante opere di cultura pop di quel periodo, ma non solo. Il rapporto di Buffy con gli esseri che non si riflettono sugli specchi è sempre connotato da una pulsione che oscilla tra l’erotico e il proibito.

Angel, il suo primo fidanzato, è un vampiro che diventa cattivo e riscopre i piaceri del maligno come conseguenza punitiva del piacere provato durante il primo rapporto sessuale avuto con lei. Spike, l’altro grande amore, è a sua volta un temibile vampiro inglese che si rende conto improvvisamente del fatto che il suo desiderio di ucciderla in quanto nemica della specie corrisponde al desiderio di amarla. In entrambi i casi, l’amore carnale porta alla devastazione, al pentimento, alla violenza, a ciò che, con un’altra parola più romantica e settecentesca, potremmo definire passione.

L’emancipazione di Buffy in quanto donna che combatte per salvare il mondo passa inevitabilmente anche dalla sua sessualità: tanto è forte la cacciatrice a tirare calci e pugni e a trafiggere con paletti, quanto è debole non appena si trova di fronte a un uomo problematico – ah! Madame Bovary, c’est moi. Un’eroina femminista che deve fare i conti con il nemico più forte, che non è un demone con le corna o un mostro a tre teste ma la sua libido.

I due nomi

Nel 1978, il critico letterario Franco Moretti pubblica sulla rivista Calibano il saggio Dialettica della paura. «La paura della civiltà borghese si riassume in due nomi: Frankenstein e Dracula», scrive, e procede con un’analisi materialista del personaggio di invenzione del vampiro nella società inglese di fine Ottocento e del mostro come figura fondamentale per sanare la crisi sociale, in quanto nemico collettivo.

Dracula, uno straniero che viaggia in una bara piena di terra del suo paese d’origine, è la minaccia al monopolio inglese da parte del monopolio non inglese che si aggira tra le strade di Londra, ma il vampiro è anche la metafora del capitale. Per andare avanti nella sua missione di vita eterna, infatti, ha bisogno di capitalizzare sangue: Dracula uccide perché gli è utile ai fini della sopravvivenza, accumula, cresce, vive all’infinito perché si nutre degli altri.

Oltre all’interpretazione marxiana, nel saggio c’è anche un altro filone esegetico, ossia quello psicologico; «marxismo e psicoanalisi convergono nel definire la funzione di questa letteratura: assumere dentro di sé determinate paure per presentarle in una forma diversa da quella reale: per trasformarle in altre paure, evitando a chi legge di fare i conti con ciò che dovrebbe incutergli terrore», scrive a proposito dei racconti del terrore del diciannovesimo Secolo.

Dracula libera ed esalta il desiderio sessuale, fa paura e attrae, è la forza della libido vittoriana che riemerge nel ritorno del represso freudiano, ma è anche la pulsione della protagonista di Nosferatu a voler essere lei la chiave che risolve il racconto: se ci pensiamo, l’epidemia che infesta il villaggio di Eggers finisce perché una donna segue il suo istinto e va a letto con un uomo che le piace, nonostante dica di amare un marito che, a conti fatti, sessualmente non la soddisfa.

È la crisi del maschio bianco etero a parlare nel film di Eggers? È il terrore di non riuscire più a soddisfare il genere femminile, emancipato e desideroso di avere ciò che vuole, e non ciò che le viene chiesto di volere, che fa da sfondo a Nosferatu? Chissà. Ogni tempo ha il suo Dracula, e ogni Dracula ha il suo senso; basta trovarlo scavando un po’ tra gli effetti speciali, i denti affilati e le orecchie a punta.

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