Gli Eugenio in Via di Gioia non vogliono sentirsi delle icone dell’ambientalismo, si sentono un gruppo che suona ancora insieme e «il fatto di credere tutti e quattro in questa direzione ci fa unire sempre di più dopo 10 anni». Il 9 dicembre esce il nuovo singolo “Tornano” e nel 2023 partirà il loro tour per festeggiare il primo decennio di carriera.

La band torinese che si è affermata sulla scena musicale italiana ed è stata a Sanremo nel 2020 con endorsement di Adriano Celentano, si è fatta conoscere dal grande pubblico anche per il suo attivismo. A marzo Eugenio Cesaro, Emanuele Via, Paolo Di Gioia e Lorenzo Federici, i quattro componenti, hanno scritto con i gessetti “Ti amo ancora” alla Terra e l’anno scorso sono andati a piantare alberi in Trentino dopo la tempesta Vaia. Per loro ambientalismo significa essere felici, un destino quasi contenuto nel loro nome, raccontano.

Il nome del gruppo ricalca i vostri, tranne uno.
E.C.
 All'epoca c’ero io Eugenio il cantante, nonché il frontman, nonché, diciamocelo, anche più bello. Volevo che fosse una cosa mia cantautorale. Una sera è andata talmente bene che ci guardammo e ci dicemmo: ragazzi, a questo punto continuiamo a suonare insieme.

Non mi ricordo chi ebbe l'idea di dire che il suo cognome e l’altro insieme facevano una “Via di Gioia”. Però ricordo che io dissi, ok, però facciamo Eugenio Cesaro e la Via di Gioia. Mia sorella viene da me e mi dice: “Troppo lungo non si capisce niente. Devi accorciarlo: Eugenio in Via di Gioia”. E funziona. Lorenzo Federici lo abbiamo incontrato per strada a Londra, era un contrabbassista jazz. Ci siamo subito chiesti da dove venisse, e alla fine era italiano.

E adesso state per compiere dieci anni.
E.C.
 Siamo molto giovani, 10 anni. Comunque non si è neanche adolescenti. L’anno prossimo facciamo le medie, quindi siamo proiettati verso il nuovo mondo, vogliamo esplorare nuove idee e sentiamo sempre di più la forza in questo corpo.

Farete un tour per l’occasione. Sarà celebrativo?
È un tour feste di compleanno, quindi se venite da noi festeggerete bellissimo compleanno.

Voi siete un gruppo di quelli che si dice “che piacciono ai giovani”, non so se è un'espressione che vi piace. Anche perché adesso avete tutti 30 o più anni.
Abbiamo superato tutti la soglia della maturità non della maturazione. Siamo diventati adulti, e questo a parte gli scherzi diventa veramente importante, perché secondo me definisce una linea di confine. A noi piace pensare al percorso di una band come quello di una famiglia, come quello di qualsiasi azienda in cui ci siano persone che collaborino. 

Questo momento ci troviamo nella in quella fase del gioco in cui guardandoci indietro. C'è un trascorso: sono 10 anni di semina, e c'è ancora credo da parte nostra molta fame e voglia di di raccogliere tanto perché abbiamo seminato, credo, molto. Siamo partiti suonando per strada. Veramente qui in via Lagrange, piazza San Carlo. Noi abbiamo raccolto, mangiato, raccolto, seminato ed eccoci oggi, nella condizione di guardarci avanti e avere veramente un bel percorso definito con delle provviste in tasca e non vediamo l'ora di intraprendere questo futuro.

Si vede la direzione ben precisa. Sicuramente avete sperimentato varie cose anche a livello musicale, però dal punto di vista teorico mi siete sembrati sin da subito convinti di quello che volevate raccontare. Non si può parlare di ambiente a Torino senza gli Eugenio in Via di Gioia. Un’attenzione che è partita molto prima che diventasse mainstream. Ci siete arrivati per strade diverse?
E.V.
Lorenzo è ngazionista e terrapiattista. A parte gli scherzi, abbiamo iniziato ad approfondire questi argomenti in realtà da subito perché ci siamo conosciuti al politecnico. Io studente fuori sede dalla Calabria, ed Eugenio studente autoctono, e ci stavamo pure un po’ antipatici, la cosa bella di questo percorso. Abbamo studiato eco-design. Guardiamo la bottiglia.

Bisogna produrre in qualche modo no? E quindi bisogna sapere che per produrre la plastica ci sono delle risorse che vanno estratte, e quindi queste risorse comportano un consumo di energia e di suolo, e poi il trasporto per portare queste risorse. Quindi abbiamo capito che produrre, se non lo si fa in maniera attenta, può essere distruttivo e molto impattante. Quando impari a conoscere questi processi, allora ogni volta che fai una scelta diventa quasi una paranoia, e così è stato per noi all'epoca.

E.C. Io ed Emanuele tornavamo a casa con questa ansia. Man mano che scrivevamo canzoni unendo i puntini ci rendevamo conto che questa cosa ci era entrata nel Dna.

Adesso questi temi tornano in Amore e Rivoluzione, l’ultimo album, ma siete stati anche un po' dei visionari. Penso al brano “La punta dell'iceberg” che non è uno degli ultimi pezzi e credo risalga al 2015.
E.C.
Quella canzone l’abbiamo cominciata a scrivere nel 2015 ed è uscita nel 2017. Mi ha richiesto davvero tanto sforzo perché ci sono canzoni che vengono in maniera fluida e naturale, quella in particolare ci avevo passato tanto tempo perché volevo che ogni singola frase non fosse buttata ma avesse un fondamento noi scientifico. Si parla di 2050, un momento molto distante nel tempo, però la cosa interessante è che questi avvenimenti stanno accadendo in maniera graduale.

Comunque offrite è una visione positiva per il futuro. "Terra” è una canzone d’amore per il pianeta. Parla di una storia in crisi, ma nonostante questo, si sente la voglia di ricominciare e di restare insieme nonostante lo scenario apocalittico.
E.C.
Noi siamo inguaribili ottimisti, sennò non saremmo qui non scriveremmo canzoni, non ci chiameremo “di Gioia”. Come la coccinella che porta fortuna e diventa fortunata. Noi col nome che abbiamo siamo costretti a stare sempre felici, questo è una grande fortuna.

Anche nella canzone “Terra” diciamo che la bellezza ci salverà, non la polarizzazione e lo scontro. Quindi quando parliamo di rivoluzione e di cambiamento, per quanto l'essere umano fino a oggi non abbia ancora dimostrato di essere in grado di arrivare a un cambiamento senza uno scontro, noi crediamo che la bellezza e la cura siano molto più forti, e quindi laddove il capitalismo ci parla di competizione di competitività di metterci uno contro l'altro per arrivare a raggiungere la vetta della classifica, ci sia un mondo altrettanto forte, molto più potente: quello della collaborazione che è quello su cui si basa tutta la vita.

Tra “Quarta rivoluzione industriale”, la canzone che apre l'album dove compare anche Elio di Elio e le Storie Tese, e “Filastrocca per grandi” dite chiaramente che il capitalismo è fallimentare.
E.C. 
Sicuramente quello che abbiamo noi oggi qui in Italia non funziona, non funziona per tanti motivi perché si basa su delle spiegazioni che non sono reali, viviamo in un mondo in un sistema chiuso che non ha risorse infinite e non si può pensare di all'infinito in un sistema chiuso.

Bisogna davvero cambiare paradigma. Queste parole risultano vuote retoriche, quindi come si fa? Come si fa? Non lo so, dopo magari ne parliamo, ne discutiamo insieme. Io credo fortemente nel discorso che stiamo facendo. Noi a senso unico per me è sbagliato. È vecchio, dobbiamo instaurare dei dialoghi.

Rivoluzione, capitalismo. Tirate fuori dei termini che usano in pochi. Volevo capire se vi sentite gli intellettuali, degli artisti impegnati.
E.C.
Sì. Ti dico sì, secondo me siamo intellettuali. Solo guardando Lorenzo Federici, ti viene l'intellettualismo (ride, ndr). No, ci aiutiamo a vicenda a migliorarci. Quindi le band si possono sciogliere, ma dopo così tanto tempo noi ce la stiamo facendo anche perché condividiamo gli stessi ideali e questo ci fa del bene, ci fa andare avanti e ci farà festeggiare al meglio il 2023.

Sperando sempre che qualcosa si muova un pochino non con il nostro intellettualismo, ma che con quello degli altri si muova qualcosa un po' più in alto. 

Avete mai avuto censure o resistenze su questi argomenti?
No, magari ci hanno chiesto di scegliere come singoli canzoni più semplici. Quindi ovviamente ci sono degli interessi di mercato. Certi argomenti non arrivano in prima serata su Rai 1, oppure non arrivano in radio, sono troppo complessi, si preferiscono canzoni d'amore. Perché le persone quando ascoltano la radio non hanno quell'attenzione.

E i vostri colleghi?
Sì interessano. Magari non lo dicono direttamente nelle canzoni però attraverso delle azioni. Banalmente Piero Pelù di sua spontanea volontà andava a raccogliere la plastica in giro.

Avere delle idee non significa che non debbano scrivere di altro. Se sono bravi in un aspetto è importante che continuino a farlo, non credo nelle canzoni che cambiano il mondo se vengono indotte.

E quindi oltre a fare musica fare quello che fate come hai pensato di poter usare il privilegio della fama.

Quello che pensiamo di poter fare lo facciamo. Alcune volte sicuramente entra in gioco una dinamica che da fuori non si vede che quella del dell'essere una band musicale e quindi veniamo richiamati all'ordine, cioè un conto è fare un’azione ogni tanto un conto e preparare progettare una piattaforma come “Lettera al prossimo” che ospita divulgatori scientifici (che hanno realizzato, ndr).

La nostra vocazione credo sia la canzone, quindi ti metti la chitarra e scrivi una canzone, e noi cerchiamo di conciliare la nostra vocazione che è quella di scrivere canzoni con la nostra ansia da futuro. Ogni tanto emerge di più la responsabilità e quindi cerchiamo di attuare dei progetti che possiamo. Noi comunque facciamo musica, e in realtà combattiamo anche col nostro stesso essere considerati l'icona del mondo ambientalista.

Oggi l’ambientalismo è diventato un tema solo per giovani?
E.V. 
L’ambiente non è un'entità distaccata che interessa una categoria di persone, in realtà c'è l'ambiente anche questo tavolo. Tutti facciamo parte dell’ambiente, ambientalismo significa in realtà attivismo per l'umanità stessa, La natura è pazzesca da questo punto di vista perché non lascia nulla al caso e ogni cosa c'è perché ha senso di esserci anche le zanzare. È tutto collegato.

Senza contare in effetti che avete compiuto 30 anni e state andando oltre il 10 di carriera.
E.V.
Ce li fai pesare questi 30 anni, eh?

Paolo Properzi (Paolo Properzi (Photographer) - [None]

Ma avete la stessa speranza dei più giovani per superare questa crisi climatica?
P.D.G
. Sì. Credendo che anche le piccole cose che fai nel quotidiano possono servire qualcosa, non che tu dica all'inizio “ma tanto lo faccio o non lo faccio è lo stesso”, “tanto non serve a niente”. Quello è già sbagliatissimo. 

E.C. Quello che già aiuta è fare un piccolissimo pezzo. Se tutti la pensassero così potremmo già riuscire a risolvere una bella fetta di problema. Se la crisi climatica mette in crisi la nostra serenità, dobbiamo inseguire la felicità oggi, ora, in questo momento. Risolvendo i problemi che sono legati sia l'ambiente, sia alle relazioni interpersonali. Infine tra noi e noi stessi. Prima risolviamo la crisi climatica dentro di noi, e meglio è.

L.F. Dobbiamo pensare di più alle persone che ci stanno accanto.

E.V. E dobbiamo educare di più alla bellezza: non solo quanto è brutto il petrolio, ma quanto è bella la natura. Ci dobbiamo abituare a stare bene. L’abitudine al bello funziona più della minaccia del brutto.

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