Non so se tutte quelle frasi fatte che si dicono su Sanremo “specchio del paese” siano frutto dell’allucinazione di massa che si impossessa di noi per una settimana all’anno o se possano essere considerate validi spunti di riflessione.

Sta di fatto che a mio avviso, più che specchio, il festival è proiezione, ciascuno può vederci quello che vuole, il distillato della migliore o della peggiore musica italiana, la politica, l’antimeridionalismo, il meridionalismo, la moda, il cattivo gusto, la rivoluzione, la conservazione, il patriarcato, l’anti patriarcato, l’ipocrisia, la sincerità popolare, la festa, la morte.

Ed è in questa proiezione che si concretizza un desiderio collettivo, qualcosa che storicamente manca ai nostri governi di larghe intese e scarso impegno, ossia la stabilità. Amadeus ha governato per cinque anni senza nessuna minaccia di crollo né crisi, con una maggioranza compatta, un’opposizione assente: nessuno ha fiatato quando si è parlato del suo piano quinquennale, ci siamo fidati della sua Nep, il Gosplan con a capo Fiorello ha lavorato alla perfezione.

Una dittatura illuminata in cui i dati parlano chiaro, se questo è davvero l’ultimo Sanremo di Amadeus, il presentatore ne esce più che vittorioso, tanto potente da aver innescato involontariamente il domino che ha fatto crollare l’impero mediatico dei Ferragnez. E poi, che succede?

Sugo e poké

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Le previsioni per il 2025 sono fumose, le ipotesi creative, le certezze poche. La prima coppia di papali eredi della patata bollente da 66 per cento di share a essere chiamata alle armi è Clerici-Cattelan, per desiderio di Fiorello stesso.

Antonellina, artefice del Sanremo che “sa di sugo”, come disse un misterioso cantante rifiutandosi di partecipare, di esperienza all’Ariston ne ha. La sua prima co-conduzione fu sotto il governo Bonolis I, nel 2005, al fianco di Federica Felini, quando vinse Francesco Renga con la sua melensa Angelo e Povia si fece largo a gamba tesa come ospite cantando i versi di stupore che fanno i bambini.

Nel 2010 divenne lei unica e sola conduttrice, al timone di un’edizione rimasta nella storia non solo per gli insoliti luoghi di fornicazione di Valerio Scanu, ma soprattutto per il canto patriottico di Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici, causa del lancio di spartiti da parte dell’orchestra in segno di protesta.

L’accoppiata con Cattelan è così improbabile che potrebbe quasi funzionare: lei negli anni ha abbracciato la sua parte autoironica rimettendo in scena le sue più belle gaffe con nuova consapevolezza, lui è il volto giovane della tv, in questo strano metro di giovinezza Rai che va ben oltre i quarant’anni.

L’esperimento varietà in prima serata non era andato benissimo, e se Antonella Clerici sa di sugo, potremmo dire che lui sa di poké, ma forse la forza di questa ricetta potrebbe essere proprio l’incompatibilità degli ingredienti, come una pizza con l’ananas, che non ho mai assaggiato, ma mi dicono essere buona.

L’opzione Bonolis

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Paolo Bonolis è l’altro nome che aleggia tra i corridoi dell’Ariston. La conduzione di Sanremo potrebbe sancire il suo grande ritorno in Rai, anche se il suo ultimo festival, quello del 2009, di cui fu presentatore ma anche direttore artistico, è segnato dal marchio indelebile della canzone più dimenticabile per non dire cancellabile di sempre.

Vince Marco Carta, altro trionfo dell’onda anomala creata da Amici – vi ricordate quando essere un cantante di Amici era un’onta? come cambiano i tempi – ma spopola anche Povia con il suo inno all’omosessualità reversibile, “Luca era gay, adesso sta con lei”.

Se dovesse condurre lui Sanremo 2025, a questo punto spero che ci stupisca tutti prendendolo di petto con una mediasettizzazione della kermesse: altro che co-conduttrici, si punta alle madri natura di Ciao Darwin, ignude e floreali, col pubblico maschile in visibilio scimmiesco, e alle prove fisiche per i concorrenti, un po’ Giochi senza frontiere un po’ Takeshi’s Castle.

Fra Mediaset e Rai

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Un altro nome Mediaset che sembra poter rientrare nel calderone dei candidati è quello di Gerry Scotti, il volto più cross-mediale della televisione privata.

Non solo è amato da grandi e piccini, il target classico della tv a cui si indirizzano le fiction su Mameli, ma pure da tutta quella fascia di scappati di casa che sono la GenZ e i millennial, lo zoccolo duro del festival – quelli che fanno i meme su Twitter, per capirci. Da quando lo zio Gerry è stato incoronato re dell’intelligenza artificiale possiamo dire che abbia scavalcato qualsiasi barriera generazionale.

Tornando nel parco Rai, Milly Carlucci, Marco Liorni, Carlo Conti e Stefano De Martino sono gli altri nomi del Toto-Sanremo. Per Milly sarebbe un ritorno dopo trentatré anni: era il 1992, Tangentopoli era appena scoppiata, Pippo Baudo presentava il primo delle sue cinque edizioni consecutive. Suggerimento per la direzione artistica: Carlucci potrebbe aggiungere una serata danza, dopo quella cover e duetti, così da mettere davvero in difficoltà i cantanti in gara a colpi di salsa e merengue.

Carlo Conti sarebbe un usato sicuro, Liorni una proposta gentile, Stefano De Martino chiamerebbe solo cantanti donne e forse a quel punto avremmo due vittorie consecutive al femminile. Pierluigi Diaco obbligherebbe tutti, spettatori e pubblico in sala, ad ascoltare con gli occhi chiusi le esibizioni, Pino Insegno potrebbe riuscire nella miracolosa impresa di azzerare completamente lo share che Ama ha costruito in cinque lunghi e faticosi anni. Fabio Fazio è uscito scottato dal suo ultimo Sanremo nel 2014, tra i meno visti di sempre, e dopo la sua fuga al Nove sembra un’ipotesi azzardata.

Visto che grazie a internet siamo tutti direttori artistici, registi, autori, presentatori e dirigenti Rai, mi sembra doveroso fornire anche le mie modeste proposte per il ventiventicinque che sembra lontano ma non lo è. La proposta drastica, Paola Cortellesi, Emanuela Fanelli e Virginia Raffaele, un Sanremo dove si ride e dove nessuno deve fare passi indietro, avanti, o di lato.

Provocazione e sicurezza

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La proposta provocazione, richiamiamo Chiara Ferragni e mettiamola in coppia con Selvaggia Lucarelli, riduciamo le canzoni in gara a un massimo di dieci e passiamo una settimana a scannarci con le polemiche, chi se ne frega della musica.

Proposta fiduciosa, scandagliamo le presentazioni della seconda e della terza serata di questa edizione e decidiamo chi tra i cantanti in gara è stato più bravo a leggere il cartoncino. A coordinare tutto, Paola e Chiara; potrebbe essere una soluzione caotica, ma è dal caos che nascono le stelle danzanti.

Ultima proposta, facciamo un plebiscito per chiedere ad Amadeus di restare e di non lasciarci mai più. Raddoppiamo il numero di serate, portiamo sul carrozzone tutte le star dei suoi Sanremo, Morandi, Mengoni, Mannino, e marciamo compatti sul ballo del qua qua. Va bene che per far sì che tutto resti com’è c’è bisogno che tutto cambi, ma se per stavolta saltassimo la parte del finto cambiamento?

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