Con TikTok ho un rapporto che assomiglia molto alla tossicodipendenza. L’ho scaricato a un certo punto della quarantena con la scusa che usiamo tutti noi che fingiamo di occuparci di cultura popolare e in realtà votiamo la nostra vita al cazzeggio condonato: è importante capire la contemporaneità, non bisogna essere snob. E snob di certo non sono, mentre resto seduta sul water per 40 minuti che nessuno mi restituirà, a scorrere col mio pollice meccanico video di gatti che si alternano a video di adolescenti con la sindrome di Tourette e video di donne cinesi alle prese con la domotica.

L’algoritmo di TikTok conosce i tuoi segreti più oscuri, i tuoi bisogni più imbarazzanti, e li asseconda uno per uno. È così che mi sono imbattuta nel trend delle Stay at Home Girlfriends, perché TikTok mi ha inquadrato meglio di mia madre e ha capito che ad anni 30, con sei euro di contributi versati, sarei già pronta ad andare in pensione. 

Casalinghe senza alimenti

Le Stay at Home Girlfriends sono esattamente quello che vi state immaginando: delle casalinghe che se vengono mollate dal fidanzato non prendono neanche gli alimenti. Sono giovani, sotto i 30 anni, non hanno figli, non hanno un impiego retribuito e la loro missione è una sola: accudire il partner (e qui l’accuratezza del mio TikTok viene meno, perché non ha capito che io preferirei non lavorare in assoluto, neanche in casa mia). 

Le loro giornate sono oggettivamente di una noia infernale, ma solo perché la gente spesso usa male il tempo libero (disse continuando a scrollare video sul cesso). Stessi a casa tutto il giorno dubito che userei mezz’ora per farmi un tè matcha con l’apposito frullino giapponese. Un caro vecchio Twinings Earl Grey in bustina andrebbe più che bene per accompagnare uno dei 12 film quotidiani che mi guarderei. 

Le attività delle Stay at Home Girlfriends sono più o meno sempre le stesse: preparare un caffettone spumone al turbocaramello per il fidanzato prima che questo vada a lavorare, rifare il letto con una quantità insensata di cuscini, beauty routine di almeno mezz’ora, maschera infrarossi che non so a cosa serva se non a sembrare Jason di Venerdì 13, fare un caffettone spumone per sé, andare a pilates o a yoga o a qualsiasi cosa contribuisca al mantenimento del culo sodo – asset di fondamentale importanza per non farsi mollare e finire a vivere sotto un ponte – fare la lavatrice, stendere i panni e fissare il vuoto per alcune ore. C’è di peggio, ma c’è anche di meglio. 

La regina delle Stay at Home Girfriends, Kendel Kay (@kendalkay), 25 anni e fidanzata di un imprenditore ventiduenne milionario da cui rischi di prenderti la clamidia solo guardando una sua foto, dedica alcuni minuti della sua routine quotidiana anche a tenere un diario ed è stato proprio il fermo immagine ingrandito di una pagina della sua agenda ad allarmare alcune follower.

Tra gli appunti c’erano alcune brevi strazianti riflessioni sulla sua vita: “mancanza di divertimento/vita sociale”, “insoddisfatta del mio aspetto”, “carriera in stallo” sono alcune cose che Kendel riporta in calligrafia nelle sue pagine, dimostrando che lo stile di vita che vende come desiderabile tanto desiderabile poi non è, anzi, assomiglia moltissimo a una prigionia all’acqua di rose (o al tè matcha, se preferite). Sbatti le palpebre tre volte di seguito se hai bisogno di aiuto. 

Interrogativi femministi

Come spesso mi capita, mi sono sorpresa a chiedermi da che parte dovrei stare se non fossi inadempiente di fronte a svariati aspetti del femminismo contemporaneo. Sono più femminista se ho un lavoro e mi mantengo da sola o se abbraccio la vita della mantenuta godendo di tutti i benefici che posso sfruttare a spese di un uomo? Sono più femminista a dire che si può essere casalinghe e realizzate o se condanno qualsiasi scelta non preveda l’indipendenza economica? Sono più emancipata se fatturo la mia vita su TikTok o se passo otto ore al giorno in un ufficio e pranzo con una schiscia di broccoli davanti al computer? Mi si nota di più se non vengo o se vengo e faccio stirare la donna delle pulizie? A che ora è la rivoluzione? E come si deve venire, già matchati?

Come al solito mi faccio delle domande e mi do delle risposte democristiane, ma credo che alla fine l’unica cosa importante sia l’indipendenza economica. Ovvero: non c’è niente di male a non lavorare se i soldi che ti mantengono sono tuoi. Diverso è se dipendi da qualcuno, a maggior ragione qualcuno che ha 22 anni, età nota per molte cose ma non per la stabilità emotiva. Mi chiedo però se Kendel Kay guadagni dei soldi veri su TikTok, in quel caso l’ideologia fa il giro? 

L’altra domanda che possiamo farci per valutare il grado di problematicità della questione è: a parti invertite funzionerebbe? Gli Stay at Home Boyfriends avrebbero lo stesso successo su TikTok? Trovo l’idea onestamente esilarante. Video di uomini confusi che non trovano niente in casa propria, mezza giornata buttata a cercare lo yogurt nel frigo. Vestiti piegati con la manualità di un primate, beauty routine di zero minuti: un’approssimativa lavata di faccia, una rapida asciugatura con la salvietta da bidet, seguita da una sonora soffiata di naso nel lavandino. Grattate di palle a non finire, telefonate monosillabiche con la propria madre, lavastoviglie riempite a casaccio, maglioni di cachemire vessati da lavaggi randomici e ridotti a taglie lillipuziane. Nessuno vorrebbe vederli, se non per ridere tantissimo. 

Uomini di casa

Eppure, nonostante TikTok provi a suggerirci il contrario – con le Stay at Home Girfriends o con il trend delle casalinghe asiatiche che si affrettano a sistemare l’appartamento con mille aggeggi tecnologici appena sentono i passi del marito sul pianerottolo – l’epoca della brava donna di casa a me sembra essere finita. Io, per dire, non ho nemmeno un’amica che sappia cucinare, mentre tutti i nostri maschi si scambiano le ricette del pollo arrosto.

I libri sulle pulizie ora li fanno gli uomini: ci sono Dario Bressanini con La scienza delle pulizie, che domina le classifiche di vendita da settimane, e Mattia Alessio con La casa di Mattia, nome anche del suo canale YouTube da 90mila iscritti e del suo profilo instagram da 380mila follower, grazie a cui ho scoperto che per i passati 11 anni ho fatto lavatrici sbagliatissime. (Lo so che poi li comprano le donne questi libri, ma lasciatemi sognare).

Come tutte le teorie che espongo con spocchia da sociologa presso me stessa, erigendo me e i miei conoscenti a metro della realtà, non sono sicura che quello che sto dicendo sia del tutto vero. L’America non è la Cina, che non è il medio oriente, che non è l’Italia.
Nemmeno l’Italia è l’Italia in un modo solo, ma mi piace pensare che nel mio mondo di privilegio ci sia stato un progresso e che, almeno nell’assegnazione dei ruoli, a prescindere dal genere, ognuno ormai ognuno faccia un po’ come cazzo gli pare. 

Nella cloaca social

Io per esempio, che nella quotidianità di coppia cucino un pasto ogni dieci, sento di avere anche una piccola casalinga dentro di me. La riconosco in quel brivido di piacere che mi dà mettere sottovuoto le coperte con i sacchetti salvaspazio, la dimensione dei quali è inversamente proporzionale alla mia voglia di iscrivermi a dei corsi di ceramica e di ricamo, o acquistare un’essenza da bucato da 19 euro che non serve assolutamente a nulla se non a farmi sentire più ricca ogni volta che mi infilo un paio di mutande bucate ma profumatissime, anche se a ben vedere sono solo più povera di 19 euro. 

Insomma le Stay at Home Girlfriends non sono né un problema né un indicatore di progresso sociale, sono solo una delle tante cose che si aggiudicano un piccolo spazio in quella cloaca maxima che è l’internet (can I interest you in everything all of the time?

Cantava Bo Burnham in Inside, a cui non ho ancora smesso di pensare) e che per vie misteriose intercettano lo sguardo desideroso di qualcuno. Intanto la cloaca maxima ha fatto anche cose buone, e in questo frangente sta già producendo infinite parodie delle baby casalinghe, che su TikTok sono la cosa più vicina al senso critico. Del resto ho rinunciato ad avere dei principi etici molto tempo fa. Per tutto il resto c’è il sottovuoto.

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