Quanto saresti disposto a spendere per avere una foto insieme al tuo mito? Dieci, cento, mille euro? «Costa 160 euro uno scatto con l’attrice Millie Bobby Brown. Ma prima devi aver pagato 70 euro solo per entrare nell’area dedicata, l’Olimpo dei fan di Stranger Things».

Mi sveglio all’alba con la telefonata del mio amico Giacomo, cronista di razza e terrore di qualsiasi politico perché dove passa lui qualcosa trova sempre. Ma oggi quello nella versione agnello sacrificale è lui. Da Roma sta arrivando a Milano perché ha una figlia adolescente pazza della serie, e che con la migliore amica si è messa in testa di incontrare la sua beniamina all’evento all’Alcatraz di Milano.

Solo una foto?

Il link che mi manda Giacomo mentre sono ancora tra le coperte parla chiaro, il tariffario è dettagliato, un girone dell’inferno fin dal cancello. «Se hai preso l’accesso base, tempo di varcare l’entrata e tua figlia ti farà sentire il padre più sfigato della terra», sussurro io.

«Ci sarebbe il Meet and Greet, ma costa 350 euro», commenta lui. È un pass che ti consente di passare qualche minuto con Millie - 63 milioni di follower, 19 anni e l’attrice più in ascesa di Hollywood - e farle le domande che vuoi. «Per quella cifra saranno tutti figli di papà», accenno. Quasi pregusto l’idea di pagare io per farle un’intervista esclusiva sul suo prossimo matrimonio con Jake Bongiovi, figlio di Jon. E dirle di persona: «Millie fermati, ma che cosa ti viene in mente», in barba a tutti gli uffici stampa che me lo impedirebbero. Mi fa desistere solo l’idea di una folla di adolescenti urlanti e in coda per foto e autografi.

Tariffario

Mentre Giacomo mi manda l’ultimo messaggio prima di entrare all’Alcatraz - mai nome fu più azzeccato per l’esperienza di oggi - mi torna in mente Fabrizio Corona ai tempi d’oro, quando mandava l’allora moglie Nina Moric a fare l’ospite a pagamento ai matrimoni. Non è che Millie sarà ostaggio di qualcuno? Tra le tante idee mi balena pure questa.

Per associazione di idee mi sovviene anche un pranzo da Lele Mora, quando una volta, prima di un’intervista fui invitata a casa sua in viale Monza. Seduti intorno al tavolo c’erano vari personaggi minori della tv, un calciatore, un direttore di banca e non ricordo chi altro. E mentre la filippina passava col caffè lui mi disse: «Tutti hanno un prezzo. Non deve essere per forza in denaro. Può essere anche solo incontrare la tua star del cuore. O far felice tuo figlio e fargli conoscere il suo calciatore preferito».

Se penso a quel giorno e a tutto quello che è venuto dopo, forse è davvero meglio un tariffario trasparente e preciso. Giacomo ha ragione, bando all’ipocrisia la nuova frontiera del politically correct è questa: paghi, entri, fai la foto e finisce lì.

Mobili gratis

«Se non stai pagando per un prodotto, allora il prodotto sei tu», è la frase mantra che mi ripeto quando vedo gli influencer promuovere un prodotto che vorrei. L’aveva detta un manager della Silicon Valley nel documentario The Social Dilemma e da allora diffido della parola “gratis”. Eppure stavolta non sembrano esserci magagne all’orizzonte. Da giorni non faccio che scrollare su Instagram la pagina @stooping_milano in cui chi trasloca e vuole liberarsi dei mobili, li fotografa, scrive dove si trovano e li cede a chi li cerca. Gratuitamente. E sebbene io viva nella città più cara d’Italia, l’unica cosa da fare in questo caso è essere veloci. Per ora sono riuscita a portare a casa tre innesti di piante di banano e ho vissuto attimi di frustrazione quando ho perso per un soffio un divano a isola originale Anni 70, portato via con un furgone da studenti di ingegneria - hanno documentato il trasporto con una storia - e spero sappiano apprezzarlo come avrei fatto io.

Ogni giorno gli annunci di mobilio sono tanti, sedie rosa, divani verdi, tavolini di design. Ci sono anche tanti mobili Ikea e come dice il mio amico Andrea Caravita «tanta roba orrenda», ma tutto trova una collocazione. Io sono già passata alla fase Pro, quella di Stooping Nyc, dove mi sono innamorata di un sofà blu cobalto che dieci ore fa era ancora disponibile, un’insegna “Open”, una gabbia enorme per uccelli, una cucina in miniatura per bambini. Pezzi cult che soggiornano sui marciapiedi per il tempo che chi posta scriva l’indirizzo e chi fa prima vada a prenderlo.

Peccato io mi trovi a 7 mila chilometri di distanza. Per ora.

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