Dal Nepal a Gaza, One Piece diventa icona di resistenza

Mentre l’ufficio del primo ministro brucia, sul cancello del palazzo del governo nepalese sventola una bandiera pirata. Non si tratta, però, della classica Jolly Roger che ha caratterizzato le guerre di corsa del XVIII secolo. Questa, oltre al teschio e due ossa incrociate, ha anche un cappello di paglia. Per i non avvezzi alla cultura popolare potrebbe non essere un dettaglio importante, ma per la Gen Z, quella è la bandiera della ciurma di pirati di Monkey D. Luffy, conosciuto anche come “cappello di paglia”. Lui è il protagonista del manga piratesco One Piece, disegnato dal fumettista giapponese Eiichirō Oda e uscito in tutto il mondo alla fine degli anni Novanta. Un’opera che ha venduto dal 1997 al 2022 più di 500 milioni di copie, ed è poi diventata una serie anime di ampio successo e (dal 2023) una serie live-action su Netflix. La trama, in sintesi, è abbastanza chiara: Luffy vuole diventare il re dei pirati, e con la sua ciurma è in lotta contro il governo mondiale e la sua tirannia sui popoli del mare. La cultura pop nelle proteste Quella in Nepal non è la prima apparizione del manga di Oda in scenari di protesta né tantomeno l’unica opera della cultura pop ad aver bucato lo schermo per raggiungere le piazze. Tra i casi più famosi c’è stato il saluto a mano chiusa e tre dita alzate: una gestualità pro-democratica (ispirata a un saluto scout) che arriva direttamente dai romanzi e dal film Hunger Games, e che è stata fotografata durante diverse manifestazioni nel sud-est asiatico. Poi, in Iraq e Libano, è stato il turno del volto dipinto come Joker, il villain anarchico di Batman diventato simbolo delle ineguaglianze sociali dopo il film del 2019 con protagonista Joaquin Phoenix. E poi, forse la più famosa, la maschera del rivoluzionario inglese Guy Fawkes, diventata “volto” del movimento Occupy e del collettivo hacker Anonymous dopo il grande successo, nel 2005, del film V per Vendetta, tratto dal fumetto di Alan Moore e David Lloyd. Comunque, visto il largo utilizzo in quest’ultimo anno tra Indonesia, Nepal, Filippine e Francia, quello della ciurma di cappello di paglia è ora un simbolo chiaro contro le autocrazie e la censura. Ed ha assunto ulteriore significato con il genocidio a Gaza. Quei videogiochi accusati di essere woke Sulla nave verso Gaza L’ultimo caso a luglio 2025, quando l’attivista italiano Antonio La Piccirella aveva issato la Jolly Roger sull’Handala, una delle navi che in questi mesi hanno preso il largo per arrivare con beni di prima necessità sulle coste della Striscia. L’ispirazione è arrivata dal suo compagno di bordo Suayb, che in barca vestiva con una maglietta rossa e un cappello di paglia. Una discreta somiglianza a Luffy, il protagonista del manga. «Così prima di ripartire con l’Handala ho preso la mia bandiera e me la sono portata dietro», racconta a Domani La Piccirella, anche detto “Tony”. Inoltre, la bandiera gli ricordava la sua infanzia, aggiunge, un omaggio ai bambini e alle bambine gazawi. E poi perché «ogni membro della ciurma di One Piece è stato un oppresso. Così isola dopo isola combattono la tirannia del governo e danno ai popoli il diritto di autodeterminarsi». L’Handala, su cui si trovava Tony, è salpata il 20 luglio da Gallipoli ed è stata intercettata dall’esercito israeliano dopo sei giorni nel Mediterraneo. L’attivista, 35 anni, di Bari, è stato poi processato e bandito da Israele per 99 anni. A bordo della nave c’erano alimenti, medicinali e anche giocattoli. A ben vederlo, il paragone tra gli attivisti e gli eroi del fumetto di Oda si traccia quasi da solo, ma «qui non ci sono guerrieri né martiri. Come i protagonisti di One Piece siamo persone a cui piace vivere. E vogliamo che tutti abbiano questa possibilità», puntualizza La Piccirella. «Il grande sogno di Luffy, infatti, è una mangiata tutti insieme. Su questo si basa la liberazione: vivere in maniera dignitosa, con tutti i diritti garantiti, non dovrebbe essere un privilegio». Tony in questo momento è sulla Family, la nave più grande della Global Sumud Flotilla in viaggio verso Gaza. La Jolly Roger di Luffy però non è stata ancora issata, ed è stato faticoso, racconta, riuscire a riportarsela per questa missione. «Quando siamo stati intercettati, un soldato della marina israeliana mi ha chiesto come funzionasse la pompa di sentina dell’imbarcazione. Così sono ritornato sulla barca per qualche minuto e quando non guardava sono riuscito a riprendere la Jolly Roger da terra, tutta stropicciata, e a nasconderla in mezzo ai miei vestiti. Più avanti in questo viaggio sventolerà di nuovo». E conclude: «Quella bandiera deve arrivare a Gaza». Biscotti, pattini e melograni: se Gaza finisce nei videogiochi