La copertina dell’inserto Finzioni del mese di giugno sarà firmata da Hurricane, nome d’arte di Ivan Manuppelli, illustratore, fumettista e musicista. Figura di riferimento nel panorama underground contemporaneo, i suoi fumetti sono caratterizzati da una satira tagliente, visionaria e profondamente influenzata dalla controcultura americana.

Ha collaborato con alcune delle più importanti riviste italiane e internazionali: Frigidaire, Il Male di Vauro & Vincino (2011–2013), linus (2016–2018), Splatter, Mineshaft, fino alla storica rivista americana MAD. Attualmente firma le sue tavole per La Revue.

I suoi personaggi sono deformi, quasi mostruosi, come usciti da un sogno distorto. Con questo look grottesco ed esagerato, racconta il disorientamento e le ansie del nostro tempo. La sua satira non vuole insegnare niente, ma è una provocazione diretta e un po' crudele contro le falsità e i meccanismi della società capitalista.

Nel 2025 ha pubblicato Belzemorio. Manuale di stregoneria postmoderna (24ORECultura), una guida illustrata ironica e irriverente per affrontare le assurdità di tutti i giorni, mescolando umorismo, occulto e critica sociale.

Il suo stile è ironico, grottesco, talvolta disturbante. Qual è stato il percorso che l’ha portata a sviluppare un linguaggio espressivo di questo tipo?

In famiglia giravano tanti fumetti di Magnus & Bunker: Alan Ford, Kriminal, Satanik. Anche se ero così piccolo da non sapere leggere, quelle atmosfere grottesche di miserabili e nasoni mi piacevano molto di più di quelle edulcorate di Topolino, che i miei genitori compravano per me. Disegnavo un sacco, come credo tutti i fumettisti. Copiavo ciò che mi sconvolgeva: Alan Ford, ma anche lo Zio Tibia della tv e i cartoni animati di Bruno Bozzetto. Col tempo ho imparato ad amare anche altri artisti che facevano della deformazione dei corpi la cifra stilistica della loro satira: Georg Grosz, Otto Dix, Hieronymus Bosch, Basil Wolverton, Jacovitti, Vincino, Tom Bunk, Francesca Ghermandi. Di tutti loro amo la ricerca inquieta sulle anatomie e il loro modo surreale ma spietato di indagare il proprio contemporaneo.

Belzemorio. Manuale di stregoneria postmoderna propone incantesimi di magia nera destinati tanto ai datori di lavoro quanto ai lavoratori dipendenti, indicazioni per affrontare luoghi infestati ma anche consigli di pilates post mortem. Com’è nato questo libro?

Nel 2018 ho proposto alla rivista americana MAD, che mi dava uno spazio, la finta pubblicità di un libro che avevo in testa da tempo, il Necronomicon for Dummies. Doveva essere la versione aggiornata e parodistica di un grimorio, quindi un manuale di scienze occulte riadattato ai mediocri problemi del vivere quotidiano: il precariato, il caro affitti, l’ansia sociale, la gentrificazione. E alla fine ho finito per realizzarlo davvero quel libro. Mi sono divertito molto a lavorarci, perché unisce i miei due generi narrativi preferiti: l’horror e la satira, che poi sono due facce della stessa medaglia.

Che tipo di ricerche ha fatto per quanto riguarda contenuti e disegno?

Mi sono documentato su grimori veri, e su diversi testi di stregoneria e parapsicologia, come Lo specchio della magia di Kurt Seligmann, Lettere a un parapsicologo di Piero Cassoli, Demonologia di Claudio Marchiaro, il Dizionario Infernale di Collin de Plancy (con le bellissime illustrazioni di Louis Breton) e un’ironica antologia sul Diavolo curata da Editoriale Milanese negli anni ’70. Ma mi hanno ispirato anche i testi di maestri di black humour come Alfred Jarry, Daniele Luttazzi e Leonora Carrington. E anche Gianni Rodari, che ho parodiato nelle ultime pagine con la sezione Favole macabre al telefono.

Invece per il disegno mi sono stati di riferimento il fumettista Jack Davis (quello di Tales from the Crypt, per intenderci) e la sintesi umoristica di autori visionari come Adriano Carnevali e Carlo “Perogatt” Peroni.

Sia PUCK! che Čapek sono progetti corali. Quanto è importante per lei il lavoro collettivo?

Fondamentale. Le riviste PUCK! e Čapek nascono assieme ai miei migliori amici e complici, a cui devo tutto. Creare una rivista è per me una piacevole ossessione, fin dalle mie prime fanzine fotocopiate: credo che sia una delle forme d’arte più nobili perché, se fatta bene, può diventare la somma di tanti talenti diversi in cui ogni partecipante contribuisce a creare un contesto inedito, senza rinunciare alla propria identità artistica. Finora ho sempre creato riviste autoprodotte, animate solo da una complicità piratesca, ma mi piacerebbe dirigere un giorno una rivista di satira a fumetti che esca anche in edicola e dia spazio a più voci possibili. Un esperimento nuovo, con un editore illuminato che voglia investirci. Ne si sente tanto la mancanza.

Secondo lei oggi la satira fa paura?

Vincino diceva che l’unico angolo di verità dentro un quotidiano è quel quadratino: una delle sue tante frasi illuminate. La satira, se fatta bene, può esorcizzare il peggio che ci circonda, è un ansiolitico. Oggi secondo me non fa più paura perché mancano i contesti in cui possa esprimersi su larga scala. Sparite le riviste, ogni spaccato di critica intelligente è costretto a parlare alla sua piccola bolla. Oggi ci sono realtà notevoli, come la rivista friulana Mataran, la veronese L’Ombroso, la satira femminista di Erbacce o le strisce anticlericali di Astutillo Smeriglia, ma sarebbero ancora più forti in un contenitore grande, a tiratura nazionale. Si parla tanto di “valori europei”, e spesso solo per comprare nuovi cacciabombardieri: perché nessun quotidiano o editore da anni vuole più finanziare una nuova rivista di satira? Eppure è uno dei nostri valori fondamentali da difendere. In Francia, in Germania, in Spagna ce n’è più di una. Persino la Turchia di Erdogan ha avuto più riviste satiriche di noi in tempi recenti, e tra l’altro bellissime.

Ha collaborato con testate come Linus, Frigidaire e MAD. Com’è stata la sua esperienza con la satira americana?

Devo ringraziare il mio amico Tom Bunk, il Bruegel del fumetto, un disegnatore incredibile che ora sta producendo delle figurine stupende contro l’amministrazione Trump. Lui è un disegnatore di punta della testata e mi ha aiutato ad approdare su MAD, un sogno! Mi piace la satira USA perché spesso mastica i linguaggi del gotico e del surreale. La storia che mi ha più divertito è stata per il numero di Halloween, un finto spot per una Barbie posseduta da Satana, con tanto di casa delle bambole indemoniata.

Che consigli darebbe oggi a chi desidera intraprendere la strada della satira a fumetti?

Non so se ho buoni consigli. Su di me funziona la frustrazione. Quando è ai massimi livelli, penso a un modo per esorcizzarla con una gag. La parte più difficile è discostarsi dalla propria sensazione iniziale, che se raccontata pura non è mai interessante, e stanare una via più surreale per esporla. Magari cambiando punto di vista, o giocando con elementi paradossali e fantastici. E sicuramente aiuta il confronto con una comunità: io e i miei amici ci provochiamo e discutiamo tanto su tutto, molte idee nascono così.

Il suo progetto più recente, Milano Horror Stories, nato come serie di post sui social, sta per diventare un libro. Può raccontarci meglio com’è nato?

Nasce da una serie di riflessioni sul vivere Milano in questi ultimi dieci anni, nel dopo Expo, quelli della tanto decantata “rigenerazione urbana”. La narrazione ufficiale vorrebbe una città attrattiva, inclusiva e green. Ma la realtà è che gli affitti sono insostenibili, gli eventi culturali farlocchi, i servizi diminuiti, i ceti medio bassi cacciati via… E i nuovi alberi piantumati sono degli arbustini rachitici e snob che, se potessero, farebbero ombra solo ai ricchi. Ma visto che l’attuale giunta per attirare capitali e privatizzare tutto ha creato una narrazione e un immaginario felice, tra l’altro a mio modesto parere anche molto dozzinale, ho pensato che un fumettista potesse avere strumenti più convincenti di loro per mostrare la città come appare davvero. Milano Horror Stories racconta l’arrivo dei Succhiasuolo a Milano: una specie particolare di vampiri che si nutre di beni pubblici e sostituisce i cittadini in ultracorpi gentrificati dediti alla foodification e alla speculazione edilizia. La prefazione del libro sarà di Lucia Tozzi, la prima ad aver indagato questi processi con un libro molto utile, “L’Invenzione di Milano”. Ve lo consiglio, perché queste dinamiche si stanno purtroppo diffondendo in ogni città. Quindi, se vi svegliate con uno strano pallore e dei morsi sul collo, non dite che non ve l’avevamo detto!

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