Una grande fumettista, figlia d’arte, ha riflettuto sul rapporto con il padre nel suo ultimo libro Babbo, dove sei?: «Ora comprendo di più mio padre che cercava i paradossi per spiegarmi cose inspiegabili»
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La cover e un fumetto di quattro pagine nel prossimo numero di Finzioni saranno firmati da Francesca Ghermandi. Autrice, per eccellenza, in grado di mantenere in vita quel tipo di satira travolgente non solo perché irriverente ma deliberatamente esplosiva.
Francesca Ghermandi è nata a Bologna, figlia d’arte, e cresciuta disegnando. Questa passione si è trasformata presto in vocazione, alimentata prima dagli studi di architettura a Firenze e poi dall’incontro con il corso di fumetto del gruppo Valvoline, sotto la guida di Andrea Pazienza.
La sua ricerca creativa si muove tra illustrazione, fumetto, animazione, design, senza che nessuno di questi ambiti esaurisca il suo lavoro.
I suoi personaggi (Pastil, Hyawatha Pete, Joe Indiana, Helter Skelter) abitano mondi visionari, surreali, spesso privi di parole ma ricchi di struttura narrativa. Pastil, pubblicato per la prima volta alla fine degli anni Novanta e recentemente raccolto in un volume unico da Eris Edizioni, è forse il più emblematico: una bambina dalla testa di pastiglia attraversa paesaggi impossibili con un’urgenza infantile e precisa, come se l’assurdo fosse la regola e non l’eccezione.
Ha pubblicato con Einaudi, Coconino, Fantagraphics, Seuil e ha lavorato per Frigidaire, Linus, Echo des Savanes e Internazionale. Il suo lavoro ha attraversato anche il mondo dell’infanzia e della letteratura per ragazzi, illustrando testi di Rodari, Piumini, Benni, Andersen.
Ha esposto in Italia e all’estero, ricevendo importanti riconoscimenti tra cui il Premio Lo Straniero, il Gran Guinigi per il miglior disegno e il Premio Jacovitti.
Nel 2005 firma la sigla animata per la 62ª Biennale del Cinema di Venezia.
Nel 2025 pubblica Babbo, dove sei? (Canicola), un memoir dedicato al padre, che è anche un’indagine sulla trasmissione artistica e affettiva. Un ritratto disallineato e personale, che evita il tributo e cerca piuttosto la complessità di una figura sfuggente.
Secondo lei, il talento si eredita o si conquista?
Non saprei, si ereditano tante cose dalle persone e dalla vita, belle e brutte. Il più è capire quali tenere e quali buttare. Quindi un po’ lo si eredita e un po’ lo si conquista.
Quando è stato il “colpo di fulmine” con il fumetto? Nel 1983, quando ha lavorato accanto a giganti come il gruppo Valvoline e Andrea Pazienza?
Il colpo di fulmine per il fumetto l’ho avuto tanto tempo prima, da bambina. Frequentare poi la scuola con quei giganti come insegnanti lo ha sviluppato e impresso. Erano autori molto diversi tra loro, nel pieno della loro attività, una bomba atomica per un vent’enne che vuol fare i fumetti.
Nel suo ultimo libro Babbo, dove sei?, uscito per Canicola, esplora la figura di suo padre, Quinto Ghermandi, un personaggio complesso e difficile da etichettare. Ci sono dettagli che ha capito su di lui soltanto dopo averlo disegnato?
In effetti ci sono cose che ho capito solo dopo aver disegnato scene che erano solo nei miei ricordi. Allora ragionavo da bambina e credevo a tante cose bislacche che mi raccontava. Ora, dopo averle messe in scena, le vedo sotto una luce diversa e comprendo di più mio padre che cercava i paradossi per spiegarmi cose inspiegabili.
L’artespigolosadiMartoz: «DisegnocomesonoIl tema della cover e dei fumetti per Finzioni di maggio è “l’ozio”, visto quasi come un atto di resistenza in un mondo che corre sempre di più. Potrebbe darci qualche anticipazione su cosa vedremo?
Vedremo un gatto brutto, sporco e cattivo che spiega cos’è davvero l’ozio a gente intenta a rilassarsi.
La sua carriera ha esplorato futuri alternativi e mondi distopici. La spaventa la realtà che viviamo ora?
Gli avvenimenti mondiali spaventano, mi spaventa soprattutto la cecità e l’assuefazione come reazioni generali. Così come possono spaventare i pazzi che hanno un qualche tipo di potere ma di più, quelli che gli stanno intorno e accettano per convenienza.
Sta lavorando a qualcosa di nuovo di cui può darci qualche anticipazione?
Sto lavorando alle illustrazioni per un libro di Marc Twain.
Il fumetto ha davvero dato (e da ancora) spazio a voci femminili capaci di una satira irriverente e realmente fuori dagli schemi?
Trovo che la cosa peggiore sia creare distinzioni di genere, è sempre sbagliato. Soprattutto tra maschile e femminile (ok, lo si fa nello sport e per la divisione dei bagni. Ma limitiamoci a quello). La satira come qualsiasi altra opera, va invece distinta dall’autore/autrice. Satira irriverente e fuori dagli schemi ce n’è, ma scompare quando si mettono dei paletti di genere e la si incanala in schemi antiquati contrari ad ogni tipo di libertà creativa.
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