Il regista Christopher Nolan in vent’anni di carriera ha diretto dieci film, incassando cinque miliardi di dollari al botteghino e ottenendo dieci Oscar, in buona parte grazie alla Trilogia del Cavaliere Oscuro (2005–2012), che ha rivitalizzato la saga di Batman. Questi dati sembrano indicarlo come un tipico regista hollywoodiano, interprete del “commercialmente e cinematograficamente corretto”.

Nella sua ultima opera Tenet, i 200 milioni di dollari spesi per il film sono però serviti non solo a sfornare un colossal poliziesco, dichiaratamente ispirato a James Bond, ma anche a proseguire la meditazione sulla nozione di tempo che Nolan ha iniziato fin da Memento, il suo secondo film.

In fondo, come lo stesso regista ha dichiarato, “il cinema è uno strumento per vedere il tempo”. Prima della sua invenzione ci si doveva accontentare di quadri o fotografie, che congelavano il tempo in istantanee che mostravano solo lo spazio, anche se a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento i pittori provarono a rappresentare lo scorrere del tempo attraverso sequenze di immagini, come i Covoni (1888–1891) e La cattedrale di Rouen (1892–1894) di Claude Monet, o mediante immagini sovrapposte, come il Dinamismo di un cane al guinzaglio (1912) di Giacomo Balla e il Nudo che scende le scale (1912) di Marcel Duchamp.

Capitoli inversi

Poiché la natura stessa del cinema lo porta a catturare lo scorrere lineare del tempo, non stupisce che i registi in cerca di innovazioni abbiano presto iniziato a fare esperimenti con le accelerazioni, i rallentamenti e le distorsioni delle riprese. Uno dei primi fu William Wilder in Cime tempestose (1939) che passò alla storia per l’introduzione nel cinema del flashback, che ruppe la linearità del racconto. Anche se questa tecnica era in realtà vecchia come il mondo, visto che i cinque canti centrali dell’Odissea costituivano già una gigantesca analessi, come la si chiamava nell’inglese di allora.

Più complesso è invece raccontare una storia al contrario, partendo dalla fine e arrivando all’inizio. Il modo più immediato è spezzare la storia in pochi capitoli e proporli in ordine inverso: come in Cinque per due (2004), con Valeria Bruni Tedeschi, che narra cinque frammenti di vita amorosa a ritroso (divorzio, serata in famiglia, nascita del figlio, matrimonio, primo incontro). Le cose si complicano man mano che il numero dei capitoli aumenta, dai tredici di Irréversible (2002), con Monica Bellucci, ai ventidue del Memento (2000) di Nolan.

Non è un caso che degli ultimi due film esistano versioni che ripristinano l’ordine cronologico delle scene e che i tre film citati siano stati girati in ordine opposto. Memento presenta un’ulteriore complicazione, perché le scene si alternano in ordine inverso e retto: la prima che si vede è il realtà l’ultima che accade, la seconda è la prima, e così via, fino all’ultima, che sta a metà della storia. Il film intreccia due linee temporali, una dal passato al futuro e l’altra dal futuro al passato. Per aiutare la ricostruzione mentale della storia, la prima linea è girata in bianco e nero e la seconda a colori, anche se il passaggio al cromatismo è graduale, come si percepisce nella restaurazione cronologica convenzionale.

Maggiore è il numero di scene di un film mostrate in ordine inverso, più il risultato si avvicina a un limite invalicabile, che consiste nel mostrare i singoli fotogrammi nell’ordine contrario a come sono stati girati: dall’ultimo al primo. In tal caso si ottiene un’inversione temporale, in cui non è più soltanto il racconto a procedere in direzione anticronologica, ma la successione stessa degli eventi. Ovviamente, un film di tal genere non avrebbe senso, perché si vedrebbero gli effetti precedere le cause: il film proiettato al contrario costituisce la più classica illustrazione della cosiddetta freccia del tempo, diretta dal passato al futuro, e non dal futuro al passato.

La direzione verso cui punta la freccia del tempo è codificata nella seconda legge della termodinamica: in un sistema chiuso il disordine globale, misurato da una quantità fisica chiamata entropia, aumenta. Il che non significa che non si possa formare dell’ordine locale da qualche parte, ma per farlo bisogna creare un disordine almeno pari da un’altra parte. In senso metaforico, la seconda legge della termodinamica dà dunque ragione ai pessimisti, che credono che le cose vadano sempre peggio, e che non possano andare che così.

Vivere un palindromo

Nolan la pensa al contrario, e in Tenet presenta una macchina in grado di invertire l’entropia di un oggetto o di un corpo e farlo andare indietro nel tempo. Già il titolo allerta a questa caratteristica, essendo un palindromo che si può leggere sia in avanti, che indietro. Un’allusione al famoso latercolo pompeiano, una misteriosa iscrizione romana trovata agli inizi del Novecento a Pompei, ma diffusa un po’ dovunque nei territori dell’impero.

L’iscrizione consiste delle cinque parole SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS, che anche tutte insieme costituiscono un palindromo. Anzi, disposte su cinque righe si possono leggere in tutte le direzioni: in avanti, all’indietro, dall’alto, dal basso, e persino in maniera bustrofedica (alternando le due direzioni). La traduzione è più o meno “il seminatore (SATOR) tiene (TENET) le ruote (ROTAS) con cura (OPERA)”. Non è invece chiaro cosa significhi AREPO: forse “aratro”, o “carro”, o un nome proprio. Queste ambiguità, unite alle proprietà di simmetria del quadrato, ne hanno suggerito interpretazioni di ogni genereuna qualche metafora: il seminatore potrebbe essere Dio, o l’alchimista, o lo scrittore che traccia il solco della scrittura, eccetera.

Nolan ha usato tutte e cinque le parole del latercolo nel suo film, che inizia con un attentato all’Opera di Kiev. La trama vede contrapposti il cattivo Andrei Sator e il buon Protagonista senza nome, le cui rispettive organizzazioni si chiamano Rotas Security e Tenet. Uno dei fili della storia, infine, coinvolge dei falsi quadri di Goya dipinti dal falsario Arepo.

Tutte queste allusioni palindromiche sottolineano l’aspetto fantascientifico dell’inversione temporale al centro della storia, nella quale protagonisti e comprimari vanno avanti e indietro nel tempo. Seguire le loro peripezie non è facile, visto che essi compaiono simultaneamente in varie copie che procedono nelle due direzioni.

Naturalmente, queste cose si sono già viste in molti film, primi fra tutti quelli della trilogia Ritorno al futuro (1985–1990) di Robert Zemekis. Come già in Interstellar (2014), anche se con meno rigore, Nolan ha però la pretesa di mantenere gli eventi di Tenet su un piano scientificamente corretto, o almeno plausibile. In particolare, evita l’ovvio paradosso della nonna, citato nel film, secondo il quale la possibilità di interagire con il passato potrebbe portare a situazioni assurde, in cui il viaggiatore nel tempo ammazza un progenitore e impedisce la propria nascita.

Non potendo dunque interferire con gli eventi accaduti nel passato, le squadre dei viaggiatori che arrivano dal futuro rivivono soltanto situazioni che hanno già vissuto, anche se le percepiscono in maniera diversa, perché nel frattempo è cambiata la loro entropia (e la loro memoria). Nel film ci sono due gruppi di persone che vanno avanti e indietro nel tempo, e si incontrano nel presente: per distinguerle, questa volta Nolan usa colori diversi, rosso per la direzione dal passato al futuro e blu per quella opposta, e il film stesso è un palindromo temporale, essendo la seconda parte una versione invertita della prima.

Onde e particelle

Rimane il problema di quanto sia scientificamente plausibile l’intera situazione. Le equazioni di Schrödinger e Dirac che descrivono il moto quantistico e relativistico delle particelle hanno due tipi di soluzioni, che vanno in due direzioni temporali opposte. Volendo, si può dire che le particelle vanno dal passato al futuro, e le onddal e futuro al passato: incontrandosi nel presente, danno luogo al dualismo onda-particella. Oppure, si può dire che la materia va dal passato al futuro, e l’antimateria dal futuro al passato: incontrandosi nel presente, si annichilano.

Fu Richard Feynman a proporre di interpretare l’annichilazione di un elettrone e di un positrone che vanno entrambi dal passato al futuro come l’inversione di marcia temporale di un’unica particella, che quando va in una direzione è vista come materia, e quando torna nell’altra come antimateria. A questa interpretazione accenna vagamente il fisico Neil nel film, ma dimentica di dire che queste cose succedono nel mondo microscopico delle particelle, e non in quello macroscopico della vita quotidiana. Come già Interstellar, dunque, anche Tenet è un ottimo film di fantascienza, ma mentre il primo propendeva più verso la scienza, il secondo inclina molto di più verso la fantasia: a ciascuno il suo.

© Riproduzione riservata