Si presenta il 21 settembre, alle 21 al Cinema Mexico di Milano, il film L’estate di Joe, Liz e Richard, scritto e diretto da Sergio Naitza, backstage di un film di culto diretto da Joseph Losey, Boom!, diventato in Italia La scogliera dei desideri. Girato nell’estate 1967 sulle scogliere di Alghero a Capo Caccia, interpretato da Elizabeth Taylor e Richard Burton su sceneggiatura di Tennessee Williams, il film è pellicola iconica per il glamour delle sue atmosfere e ambientazioni, e viene presentato nel contesto della Fashion week 2023 di Milano. La proiezione sarà introdotta dal talk con lo stilista Antonio Marras, il regista Sergio Naitza, la critica d’arte Francesca Alfano Miglietti. 

La moda è un racconto 

Io uso la moda per raccontare e l’ho imparato andando al cinema.

Il cinema, fonte inesauribile di storie, di sogni, di mood, di personaggi, di costumi, di set, di racconti di vite. Il cinema per la moda è indispensabile compagno di vita.
E ancora di più per me che non a caso ho chiamato la mia collezione d’esordio del 1987 Piano Piano Dolce Carlotta dal film con Bette Davis del 1964 diretto da Robert Aldrich. Io, onnivoro di cinema, ossessionato direi, non ho potuto non cedere alla provocazione di un film hollywoodiano come La scogliera dei desideri di Joseph Losey sceneggiato da Tennessee Williams e interpretato da divi come Elizabeth Taylor e Richard Burton, girato ad Alghero nel lontano 1967.
Sono sardo e quando allora sbarcava la troupe di Losey, alla ricerca di un set ideale, io avevo sei anni ma mi ricordo, eccome se mi ricordo. E con il tempo il film, le star, gli avvenimenti, le comparse del luogo, i pettegolezzi, i tentativi di rapimento, il mega yacht Kalizma della coppia stellare con cani, bambini, cuochi, capitani e marinai al seguito, i gioielli di Bulgari della Diva, gli abiti realizzati apposta dall’Atelier Tiziani con un giovane Karl Lagerfeld, copricapi di Alexander da Parigi, il cibo fatto arrivare direttamente da Londra con l’aereo ogni giorno, l’abuso di alcol, le liti fra i due protagonisti, la falesia di 186 metri di Capo Caccia e la villa bianca stratosferica a picco sul mare che agitato continua a sbattere sugli scogli e il vento. Tutto ha assunto un’aura di mito.

Grazie al documentario di Sergio Naitza L’estate di Joe, Liz e Richard (lavoro magistrale del regista che ha ricostruito la mitica lavorazione di un film destinato a diventare, nel bene e nel male un grande cult) mi sono immerso in quell’estate calda dove il confine tra realtà e finzione, tra vero e falso, tra ricostruito e esistente, tra recitato e rivelato era solo un flebile soffio di vento. Come per magia Hollywood atterra nella terra più selvaggia e pura. Hollywood sulla scogliera di Capocaccia, Alghero, Sardegna. Come non esserne affascinato?

 di Antonio Marras, artista e stilista

Un film iconico per la moda

Hollywood in Sardegna: accoppiata di glamour divistico e luogo incontaminato e selvaggio. Doveva – anzi poteva – essere un memorabile, originale cocktail, divenne invece un fallimento di critica e al box office: Boom!, titolo onomatopeico diventato sinistramente profetico, come un’esplosione che manda in frantumi la ricca macchina hollywoodiana. E neppure il titolo della versione italiana, La scogliera dei desideri, che cercava di dragare pubblico con un ammiccante riferimento romantico, riuscì a restituire dignità al botteghino. Un flop. Punto. Nonostante il dream team di quel cast  – la coppia ultradivistica Taylor&Burton, la sceneggiatura esistenzialista di Tennessee Williams, un maestro come Losey alla regia, il drammaturgo Noel Coward fra gli interpreti – promettesse altri radiosi esiti.

Eppure ci sono film che riemergono dai polverosi archivi della dimenticanza e anno dopo anno – in questo caso quasi mezzo secolo – ritrovano vigoria e interesse. Perché poi, al di là della storia, la stratificazione di ricchezza visiva de La scogliera dei desideri, con quell’abbacinante technicolor che regala schiaffi di luce mediterranea, la villa costruita da Richard MacDonald a strapiombo sul mare, folle epigone di un’architettura alla Frank Lloyd Wright, con i suoi interni da museo dove antico e moderno convivono con sfacciata eleganza, sono il marchio di un cinema da leggere nei dettagli trasversali e nascosti.
O nella dichiarata invenzione dei costumi: guardateli Taylor e Burton, il loro duello sembra una partita a scacchi, evidenziata appunto dal vestiario, tunica e caftano bianco per lei e kimono nero per lui: il bianco apre e attacca ma è il nero che alla fine dà scacco.

E i gioielli esibiti dalla Taylor, certificazione di una classe sociale snob e altezzosa. Nel film di Losey c’è una miscela di decadenza e misticismo surreale, una seduzione di charme che corre carsica in ogni inquadratura, che calamita clan artistici e intellettuali che se ne appropriano e ne rivendicano la (ri)scoperta.
In un articolo del 25 febbraio 2001 il New York Times racconta come Boom! sia diventato iconico per il mondo della moda, tutti cercano una copia e tutti ne parlano, dal fashion journalist André Leon Talley, braccio destro di Anne Wintour a Vogue alla critica di moda del NYTimes Cathy Horyn, da Anne Fahey, direttrice delle pubbliche relazioni di Chanel a Mark Lee, presidente della casa Yves Saint Laurent. Si può capire l’interesse, Boom! raccoglie e riassume le tendenze, la creatività, gli eccessi, la bellezza degli irrequieti e sovversivi anni Sessanta, affastellati in una visione catartica.

di Sergio Naitza

regista del film L’estate di Joe, Liz e Richard

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