Guido Brera è un finanziere, un gestore di patrimoni extraordinaire, uno scrittore di romanzi e serie televisive. È anche sposato con Caterina Balivo.

Che succederà?

Non lo so. Nessuno lo sa. A parte l’online, è tutto fermo.

Lo stato ha già stanziato quasi cento miliardi, e non è ripartito nulla…

Che potevano fare? Li capisco. L’unica risposta che potevano dare è quella monetaria, e quella hanno dato. Come gli altri governi, del resto. I deficit esplodevano, i Pil collassavano, e allora si sono messi a stampare soldi a bocca di barile, come dici tu, per cercare di tenere acceso un motore che altrimenti si sarebbe spento. Ma è un motore che gira al minimo, e non ha grip sulle ruote.

Ma perché le Borse son cresciute così tanto, allora? Non ha senso, scusa. L’economia è in ginocchio, la gente è per strada in tutto il mondo, e le Borse sono alle stelle. Ma che succede?

Ormai è scritto nella pietra che i tassi rimarranno a zero per molto tempo, e più moneta crei, più la moneta stessa perde valore in sé. Si crea un’inflazione che però non è quella da domanda, quella che viene dai consumi… È un’altra, molto diversa. Peggiore. È l’inflazione da asset.

Come?

Da qualche parte devono andare, questi soldi che vengono creati, e se i bond rendono zero, gli investitori cercheranno il rendimento altrove. Negli asset reali. Il primo posto dove metterli sono le azioni.

Ma le aziende vanno malissimo…

No, certe aziende vanno malissimo. Tutto ciò che è digitale va benissimo, ed è andato benissimo anche durante il Covid. Io l’ho detto a marzo, quando tutto crollava, che bisognava comprare i mercati.

Ma non ci voleva un genio a capirlo, bastava un minimo di sangue freddo. Vengono stampati trilioni – trilioni – di dollari e di euro, dove credi che andranno a finire? Ti calmi, apri gli occhi, vedi che Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Google, le Faang, continuano a funzionare, e le compri.

Ma non erano già salite tanto?

Saliranno ancora.

E perché?

Perché siamo entrati in un futuro in cui queste società conteranno sempre di più, non di meno. Guadagneranno di più, non di meno. Hanno conquistato il mondo. Valgono assieme quasi sette trilioni di dollari. Valgono quanto gli stati, e con gli stati parlano direttamente, da pari a pari. Sono aziende fortissime, interamente digitali, e il virus le aiuta. Le Faang diventeranno la valuta forte del mondo, prenderanno il posto del dollaro, vedrai…

Mi sembra impossibile…

No, no, è tutto razionale. Tutto perfettamente spiegabile. È il mondo che cambia, e non guarda in faccia a nessuno. Pensa al lavoro d’ufficio… Abbiamo regalato le fabbriche ai cinesi per tenerci gli uffici, e ora il lavoro d’ufficio diventa obsoleto e sparisce, sostituito dal lavoro da casa… Sarà una rivoluzione immensa, dovremo ripensare le grandi città… Londra, New York, Chicago, Milano, Shanghai, Pechino vivevano sull’office space, e ora gli uffici sono vuoti, e non si riempiranno più.

Lo smart working è qui per rimanere. Le aziende hanno scoperto che non c’è ragione di spendere soldi in affitti e rimborsi e trasporti e viaggi e conferenze e convegni e bonus… Tengono tutti a casa e tutti sempre disponibili su Zoom. Risparmiano milioni e sfruttano di più la gente.

E l’indotto?

Quello è un altro grande problema: i negozi, i ristoranti, i bar, le palestre… I fattorini, i baristi, i camerieri sono tutti lavori senza qualifica, che andranno a perdersi… È stato calcolato che per ogni dipendente che non va in ufficio, perdono il lavoro cinque meno qualificati di lui…

E quindi che succederà?

Verrà istituzionalizzato il reddito universale. L’avremmo dovuto fare comunque, ma la pandemia l’ha accelerato. Bisogna prepararsi a milioni di disoccupati, in tutto il mondo. Del resto, una società basata sulla tecnologia non può essere inclusiva, ormai non ci crede più nessuno. Tutti coloro che ne saranno esclusi, milioni, dovranno essere aiutati.

Ma non potranno fare gli operai, perché qui si produrrà sempre meno, e allora le forme di sostentamento sociale dovranno diventare strutturali. I bilanci degli stati dovranno predisporre una quota sempre maggiore di sussidi. Anzi, vedrai, la quota di reddito di cittadinanza, o di sostegno, diventerà il tema fondamentale di ogni sessione di bilancio europea. O questo, o la tensione sociale.

E noi? E l’Italia?

Non ci saranno grandi crolli. Nessuna rivolta, nessun disastro epocale. Non finiremo come i pastori di Piranesi, a pascolare le pecore sotto alle rovine imperiali. Ci sarà un lento scadere, un lungo scivolare, ma niente di traumatico.

Ricordati che in questo paese le tragedie accadono sempre fuori scena. E poi arriveranno i soldi dall’Europa… La Germania e la Francia non ci lasceranno fare la fine della Grecia. Siamo un mercato di consumatori evoluti, noi. A chi venderebbero le loro automobili e le loro borsette e i loro rossetti, sennò?

Che vuol dire?

Vuol dire che in un modo o nell’altro ci verranno dati i soldi per comprare quello che gli altri produrranno.

E il debito?

Al debito ora non ci si può pensare. Non durante una pandemia.

Rimango zitto per un bel po’.

Edo, ci sei ancora?

Sì, certo. Pensavo a quella cosa che diceva il Guicciardini, te la ricordi? «De’ futuri contingenti non v’è scienza».

Sì, certo.

Ecco, in questi mesi ho parlato con un sacco di persone, e a tutte ho chiesto del futuro… Cosa succederà, come faremo? E tutte naturalmente hanno risposto che non sapevano quel che succederà, perché nessuno lo sa, ma poi si lanciano subito a fare le loro previsioni… Perché è umano, credo… Nessuno resiste all’idea di provare a prevedere il futuro, ed è sempre stato così… Pensa agli oracoli, agli aruspici, agli oroscopi… Però per te è diverso. Il tuo stesso lavoro è una sfida quotidiana al Guicciardini. Ogni giorno vai a scommettere, se poi è la parola giusta, su quel che succederà nel futuro. E ci punti un sacco di soldi, sulla tua scommessa… Miliardi di euro dei tuoi clienti… E spesso, se non quasi sempre, ci pigli… E allora che vuol dire, il Guicciardini si sbagliava e de’ futuri contingenti v’è scienza? Si può prevedere il futuro? E come si fa?

Lo sento che sospira.

Non lo so, non ci avevo mai pensato in questi termini. Io faccio una continua lettura degli eventi, perché per il mio lavoro bisogna conoscere il presente ma anche il passato. La finanza, la storia della finanza, certo, ma anche la letteratura, anche la poesia. Perché il futuro ha le curve, non è scritto sulla pietra. Ci sono gli scambi di forze, a determinarlo, Non so se capisci… È una specie di danza, i mercati danzano. E poi arrivano le singolarità, le anomalie, come questo virus, e il futuro si riscrive. Ci sono le tempeste, come diceva Alda Merini: «Non sapevo che nascere folle, aprire le zolle potesse scatenar tempesta». Il mercato è una brutta bestia, gioca sempre a farti sembrare cretino, e tu devi saperti piegare, e pensare, guardare, concentrarti, tirare forte quando è necessario, a volte fortissimo, con tutti i cannoni che hai.

A sentirlo ragionare di danze, della Merini e dei cannoni, mi torna in mente quando Sergio Vari disse a me e ai tecnici del lanificio che certi nuovi campioni non andavano bene, «non hanno luce, ci vuole più luce», e mentre lo guardavamo interdetti e gli chiedevamo se li voleva più chiari, andò alla finestra, indicò il cielo e disse: «Lo vedete il cielo? Ecco, devono avere questa luce qui...»

È come un veleno che ti gira in corpo, un’ossessione, un dolore… Gestire i soldi è gestire un dolore, perché in ogni decisione che prendi ci sei tu, c’è tutto te stesso, le tue convinzioni, la tua visione del mondo, le notti insonni… E devi avere la forza d’animo di mantenere la posizione quando va male, perché non tutto succede quando vuoi tu…

E allora dubiti, credi d’avere sbagliato, e ogni giorno che passa perdi un sacco di soldi, e smetti di dormire, soffri come un cane perché la costanza ossessiva nel trovare conferma ai tuoi ragionamenti non ti molla mai, e sei sicuro di avere ragione, eppure il titolo scende, o sale, e tu stai perdendo i soldi dei tuoi clienti… È proprio un vero dolore, come diceva Lucio… Perché fa male, cambiare idea, ma certe volte lo devi fare. Dire “ho sbagliato”, resettare tutto e ripartire senza pensarci più. Mai innamorarsi delle nostre idee, mai. Solo delle nostre donne… E poi, Edo, quando il dolore diventa troppo forte, devi smettere.

Edoardo Nesi è autore del libro Economia sentimentale, edito da La nave di Teseo da cui è tratto questo brano

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