- La mia generazione, quella che aveva vent’anni alla fine degli anni Settanta ha molto creduto nei maestri, sapeva che c’erano, se li andava a cercare. Ricordo il sentimento di riconoscerne uno e di stargli davanti.
- Se dunque esiste uno strappo, chi lo abita che cosa può imparare? E dove? E da chi? Il rapporto maestro-discepolo si è quasi del tutto consumato. Ecco allora che mi è venuto incontro Filippo Cantor Castelli, il protagonista di Il miglior tempo.
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Avevo bisogno di monitorare questo piccolo Amleto. Avevo bisogno di un personaggio solidamente ancorato alle certezze culturali di un passato non ancora sfarinato. E così ecco, il dottor Romagnoli è il primo adulto a cui Cantor chiede di essere un maestro.
C’è uno strappo, e tutto forse parte da lì. La mia generazione, quella che aveva vent’anni alla fine degli anni Settanta ha molto creduto nei maestri, sapeva che c’erano, se li andava a cercare. Ricordo il sentimento di riconoscerne uno e di stargli davanti, quella sorta di attesa che si patisce attendendo la parole chiave, oppure l’illuminazione che si apre dopo un incontro. Erano i nostri – che fossero politici o intellettuali – uomini della parola (e ben sappiamo che un magistero non si esau



