- Intervista a Gianni Morandi. Eccolo nel mio schermo ora, come stai, mi chiede subito, io dico che sto meglio dopo aver sentito il pezzo che gli ha scritto Lorenzo Jovanotti – a questo servono le canzonette, no? Gianni sogghigna e dice, dolcemente sarcastico, «abbiamo fatto guarire anche te!».
- Io confesso che non sono proprio guarito ma che oggi mi propongo ottimismo, leggerezza e semplicità come ardui temi della nostra conversazione. Gli chiedo conto del suo incidente (ha subìto ustioni gravi bruciando arbusti), scherzandoci un po’, ma lui si fa serio e dice «lascia fare va che me la sono vista brutta!».
- Poi basta, parliamo finalmente del pezzo dell’estate, ma prima gli dico che la nostra conversazione finirà su un giornale «un po’ intellettuale», per sfruculiare e lui subito: «E allora che cazzo c’entro io, scusa?». Il bello è che lo pensa davvero. Idolo totale.
Ho avuto la fortuna di incontrare per caso Gianni Morandi anni fa in una sperduta località marina del sud Italia – c’erano i Mondiali o gli Europei di calcio di quest’estate, tra le altre cose, e ricordo che guardammo insieme molte partite (o poche, non andò benissimo, a memoria). Stavamo proprio nello stesso posto, selvaggio e spartano che bensì si confaceva a entrambi e forse un po’ meno al comune amico che ci presentò. Ci furono chiacchierate, serate e molte mattine nelle quali mentre mi s



