Oggi parliamo di saggistica. Perché un libro di fisica dedicato ai Buchi bianchi di Carlo Rovelli è primo in classifica per la seconda settimana consecutiva. Da Adelphi. E perché entra nella top ten V13 di Emmanuel Carrère. Ancora da Adelphi. Il libro di un grande scienziato italiano che ha la capacità divulgativa di sedurci con un’avventurosa ipotesi scientifica e quello di un grande scrittore francese che ha la capacità letteraria di scaraventarci nel centro dell’orrore. 

Insomma, questa settimana gli italiani hanno scelto di leggere bene. Come testimonia anche il secondo posto di La vita intima di quel gran narratore che è Niccolò Ammaniti. Einaudi stile libero.

V13

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Venerdì 13 novembre 2015 è il giorno in cui a Parigi tre commandos di terroristi islamici hanno attaccato quasi contemporaneamente il Bataclan, una sala da concerti, alcuni bistrot dell’XI Arrondissement e lo Stade de France, facendo 130 vittime e ferendo quasi 400 persone.

“V13” è il nome con cui è stato battezzato il processo che si è celebrato tra il settembre del 2021 e il maggio del 2022. Un grande rito collettivo. Che Carrère ha documentato in una rubrica pubblicata sul Nouvel Obs e, in Italia, da RepubblicaV13, uscito in questi giorni, raccoglie e rimonta otto mesi di quegli articoli, aggiungendovi un centinaio di pagine in più.

Segue la struttura del processo, che è una struttura narrativa. Scandita in tre parti: «Le vittime», «Gli imputati» e «La corte». Ogni mat­tina, per quasi dieci mesi, Carrère si è se­duto nell’enorme «scatola di legno bian­co» fatta costruire appositamente e ha a­scoltato il resoconto di quelle «esperienze estreme di morte e di vita»: le testimo­nianze atroci di chi ha perduto una perso­na cara o è scampato alla carneficina stri­sciando in mezzo ai cadaveri.

Il processo del secolo

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Ha vissuto anche i silenzi e i balbettii degli imputati. Sono tutti di secondo piano, eccetto uno: Salah Abdeslam, che era con gli attentatori sul luogo del delitto, indossava una cintura esplosiva, ma all’ultimo momento ha rinunciato. Di fatto è l’unico sopravvissuto dei tre gruppi. I veri killer, quelli che hanno ucciso, sono tutti morti.

Poi ci sono le parole dei ma­gistrati e degli avvocati. Carrère racconta questa volta un racconto collettivo. La sua sensibilità letteraria, la sua straordinaria capacità di montaggio, sono tutte al servizio della ricostruzione narrativa del processo. Da questo viaggio al termine dell’orrore e della pietà, da questo grovi­glio di ferocia, di fanatismo, di follia e di sofferenza – dove comincia la follia quando di mezzo c’è Dio? Che cos’ha nella testa quella gente? – Carrère sa, fin dal primo gior­no, che uscirà cambiato. Così come uscirà cambiato, dalla lettura del suo libro, cia­scuno di noi.

Ne ha scritto Vincenzo Latronico sul Tascabile: «Ciò che racconta V13 è la storia di un processo per strage terroristica. Ciò di cui vuole convincere è che è il processo stesso – non la pena inflitta ai colpevoli, non i risarcimenti assegnati ai superstiti – a offrire la massima riparazione, forse l’unica possibile, a ciò che è accaduto.

Lo fa inscenando un esempio pratico di società civile: un mondo retto da princìpi condivisi a cui soggiacciono egualmente vittime e carnefici, un mondo in cui la collettività si immedesima di volta in volta in chi ne ha bisogno (che sia un imputato indifeso o una vittima bisognosa di superare il dolore), un mondo in cui non esiste violenza vana, perché nulla è vano. In questo senso, V13 mira a rendere credibile la fede nelle istituzioni della società repubblicana. Ci riesce».

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