Dalla Francia non arrivano solamente le accuse per i Måneskin, ma anche fotografie di un panorama culturale in movimento, capace di indurre riflessioni approfondite sul giornalismo scientifico e sulle sue potenzialità. Parliamo allora di Epsiloon, un mensile che è caso editoriale prima ancora di arrivare in edicola.

L’antefatto

La storia parte da un cambio di proprietà. Nell’estate 2019 il mensile Science&Vie (Scienza e Vita) viene acquisito dal gruppo Reworld Media, subentrante a Mondadori. Science&Vie è una vera e propria istituzione nel mondo dell’editoria d’oltralpe, esce da più di cent’anni e conta un nutrito pubblico di lettori e abbonati. L’avvicendamento, però, crea presto preoccupazione. A opinione della redazione scientifica del mensile, il piano di Reworld Media è irrispettoso del passato e miope nell’immaginare il futuro. È in gioco l’essenza della rivista, lamentano i comunicatori della scienza che ci lavorano. Si prevedono tagli e un rinnovamento editoriale diretto al consumo veloce in vece dell’approfondimento, la qualità sfuma. Si lanciano petizioni e si propongono soluzioni, ma evidentemente non funzionano e lo scorso 30 marzo si dimettono nove giornalisti, compresi quasi tutti i redattori regolari. La competenza si dissolve, del vecchio gruppo rimangono solo fotografi e impaginatori, chi ha lasciato non viene sostituito e il malcontento serpeggia pure tra i lettori.

La novità

Nel gruppo dei dimissionari c’è anche il redattore capo Hervé Poirier, che spalleggiato da tutti i colleghi fuoriusciti si mette subito al lavoro per un nuovo progetto: il nome scelto è Epsiloon, lettera greca che in matematica indica l’infinitamente piccolo, scritta però con due “o” disegnate in orizzontale, come il simbolo dell’infinito, l’immensamente grande. È un riferimento grafico efficace per descrivere le ambizioni della futura rivista: occuparsi di scienza su scala larghissima, dai fenomeni più elementari ai più complessi, mettendo assieme i diversi campi del sapere.

Il programma viene sostenuto con poco più di un milione di euro dall’editore Emmanuel Mounier, per verificare la fattibilità dell’impresa si lancia una campagna di finanziamento dal basso, crowdfunding: si chiede di comprare a scatola semichiusa, fidandosi di chi propone l’offerta. I caporedattori sono due: Poirier e Mathilde Fontez, anche lei dimissionaria da Science&Vie.

Ed è a questo punto che, dopo le doverose premesse di contesto, entriamo in una storia unica nel proprio genere. Nelle prime 24 ore gli abbonamenti sono più di 5mila, in tre giorni superano i 23mila, al momento di chiudere questo articolo arriviamo a 36.153 (aggiornatelo voi, consultando la piattaforma Ulule). Un successo inimmaginabile, l’obiettivo dichiarato erano i 20mila abbonati prima di fine 2021, quota sufficiente a garantire l’autofinanziamento. Per dare un termine di paragone, secondo i più recenti dati disponibili, Ads (Accertamenti diffusione stampa), febbraio 2021, la versione cartacea dell’italiano Focus conta 53.465 abbonati. Epsiloon ancora non è uscito in edicola, debutterà a fine giugno con una tiratura prevista di 100mila copie, avrà cento pagine (poche dedicate alla pubblicità) e costerà 4,90 euro.

Chissà perché

Vale la pena ora di ragionare sui motivi dell’inaspettato scatto dai blocchi di partenza. Cominciamo dalle fondamenta: la fiducia del lettore non nasce dal nulla, ma dall’esperienza e dalla stima. Lo dimostra il profluvio dei commenti a sostegno di Epsiloon: esprimono apprezzamento per il lavoro fatto dai fondatori della nuova rivista quando erano nella vecchia, sostengono la scelta d’indipendenza fatta con l’atto delle dimissioni, ma esaltano pure l’esigenza di qualità, chiedono approfondimento e completezza, non sempre sostenibili da un mensile cartaceo. Ed ecco perché Epsiloon garantisce di reinvestire il denaro dell’editore e dei futuri lettori in un sito Internet e in un “ecosistema di numeri fuori serie, di podcast e video”.

Suona familiare? Anche in Italia vediamo quanti podcast siano comparsi nelle pagine Internet delle testate giornalistiche, familiarizziamo con i video-documentari, sottoscriviamo l’abbonamento a newsletter, più o meno gratuite, che ormai da qualche tempo hanno recuperato un interesse tipico dei momenti della prima diffusione domestica del web, a fine anni Novanta. Se leggiamo Domani, conosciamo anche le inchieste finanziate dai lettori. Il coinvolgimento di chi è disposto a spendere per leggere è una frontiera che stiamo solo iniziando a scoprire.

Si potrebbe obiettare: bello, ma questo tipo di domanda, e di offerta, interessa solo una nicchia di lettori. Perché quella presunta minoranza non dovrebbe essere destinata a espandersi? E si tratta evidentemente di una nicchia importante, giacché le proposte basate su competenza, approfondimento e completezza sembrano avere sempre maggiore successo.

Abbiamo ancora sete

Nell’analizzare il boom Epsiloon la stampa francese ha sottolineato la sete di scienza dei lettori, dimostrata fin dagli inizi della pandemia e andata via via crescendo con il suo perdurare. Sentiamo l’esigenza di capire, e di incontrare qualcuno capace di spiegare, dimenticando facili scorciatoie e ipotesi campate in aria. Proprio questa voglia di comprendere il tempo che stiamo vivendo ci porta a ragionare su uno dei punti di forza di un’offerta fatta come si deve: non creare gerarchia tra scienze, consentire loro di mettersi in dialogo. Non c’è storia senza biologia, non c’è matematica senza filosofia, non c’è antropologia senza genetica, e potremmo proseguire per pagine di elenchi.

Aiutiamoci con un esempio, preso dalla suggestione di un termine qui ricorrente, “sete”. Nel primo numero del mensile francese, hanno svelato Fontez e Poirier, ci sarà un articolo “spassoso” sull’adolescenza universale. Alcuni etologi hanno scoperto di recente che i topi adolescenti cedono facilmente all’alcol, gli adolescenti scimpanzé amano uscire in gruppo. Questa breve nota mi ha ricordato una domanda fondamentale per un personale studio sulla storia dell’ubriachezza: «Perché si beve?».

Al di là degli spunti che posso aver trovato nel ruminare i documenti tipici del mio mestiere di storico, non avrei fatto molta strada se non avessi avuto accesso al rubinetto di indagini di altro tipo. Penso all’antropologa Véronique Nahoum-Grappe, secondo la cui definizione la sbornia modifica la coscienza di sé e del mondo, tanto da indurre l’ubriaco a mutare la percezione del tempo e dello spazio sociale. Penso al biologo Robert Dudley, che in pagine avvincenti (ah, il bello scrivere è a disposizione di ogni scienziato!) mi ha insegnato come l’attrazione umana verso l’alcol potrebbe derivare anche, non solamente, dai primati, per i quali la risorsa alimentare più appetibile è la frutta fermentata, inebriante il giusto e pure buona per combattere i batteri. Per non dire di come l’assunzione volontaria di fermentati in alcune scimmie sembri aumentare in casi da noi umani definiti di stress, quale per esempio la separazione dal gruppo di appartenenza.

La sete di conoscenza del nostro tempo potrebbe essere soddisfatta molto meglio di quanto sia stato fatto finora grazie a un’offerta composita, l’ecosistema di cui parlano gli ideatori di Epsiloon, capace di superare le divisioni per compartimenti stagni caratterizzanti l’accademia italiana e, di conseguenza, buona parte delle forme di comunicazione generate al suo interno. Non tutti possono essere specialisti di tutto, ed è proprio per alimentare questa sete di conoscenza che ci serve la stampa scientifica. Bere appaga per qualche tempo, poi però le labbra tornano secche. Abbiamo bisogno di un giornalismo sì competente, ma anche “indipendente, impegnato, esigente”, come recita il motto di Epsiloon. Abbiamo bisogno anche di una stampa scientifica multidisciplinare, che abbatta le barriere surrettiziamente erette tra i molteplici campi del sapere, e tenga conto della loro interazione e interdipendenza.

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