Joyce scoprirà tardi l’ironia e il comico, verso i trentacinque anni, mentre scrive la sua opera fino ad allora più ambiziosa, Ulisse. Per Joyce, in principio c’è il No. Prima ancora di essere lo scrittore del “Sì”, quel monosillabo che nella fisicità pensante di Molly Bloom mette un punto a Ulisse, Joyce da giovane è stato un uomo del No, così come il Melville dello scrivano renitente Bartleby, o il Kafka che nella Metamorfosi fa proibire da Gregor Samsa l’entrata nella propria camera al padre
Questo articolo è tratto dal nostro mensile Finzioni, disponibile sulla app di Domani e in edicola
Mi ha sempre incuriosito la mossa beffarda di Billy Idol (al secolo William Michael Albert Broad), il diavoletto biondo “punk” fiorito nei pieni anni Ottanta, che si attribuì il proprio nome d’arte torcendo il collo per grazia d’omofonia al nomignolo usato per lui dalla sua professoressa a scuola: Billy “Idle”, il pigro, fannullone irredimibile. Qui vedo, si parva licet, una scintilla joyciana: strappare alle parole ricevute, condivise a senso unico nel mondo comune, la loro forza di legge seman



