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Jeff Koons, in mostra e in libreria i suoi incroci tra arte e cultura pop

Jeff Koons, Hulk (Tubas), 2004-2018, bronzo policromato e ottone, 247 x 210 x 122,2. Palazzo Strozzi, Firenze. © Jeff Koons. Foto Ela Bialkowska OKNOstudio
Jeff Koons, Hulk (Tubas), 2004-2018, bronzo policromato e ottone, 247 x 210 x 122,2. Palazzo Strozzi, Firenze. © Jeff Koons. Foto Ela Bialkowska OKNOstudio
  • Attraverso le sue domande e la sua lettura dell’opera di Koons, Gioni fa emergere una personalità complessa e sfaccettata, ben più articolata dell’immagine di iperbolica star del mondo dell’arte che spesso gli viene attribuita.
  • A proposito di visione dell’esistenza, l’artista chiarisce che il mondo in cui viviamo è perfetto così com’è: l’universo è completo e ci si può trovare tutto quel che serve, a patto di saperlo guardare, apprezzare e accettare. Quest’idea di compiutezza del tutto è per Koons una specie di mantra motivazionale.
  • Nelle opere di Koons c’è sempre qualcosa che invita a superare la materialità per avvicinare un’altra dimensione, per fare un’esperienza di trascendenza, il che è particolarmente evidente di fronte ai lavori in acciaio, come Rabbit (1986), Balloon Dog o Tulips (1995-2004): chiunque si rifletta su una di quelle lucidissime superfici finisce in qualche modo dentro il lavoro stesso, supera la barriera dell’oggetto attraverso il rispecchiamento.

Fin dall’inizio degli anni Ottanta Jeff Koons si interroga sulla società dei consumi, sulla mercificazione, sull’estetica degli oggetti che popolano il nostro quotidiano. Nuovi modelli di aspirapolvere esposti in vetrine di plexiglass; enormi riproduzioni in acciaio inossidabile specchiante di animali fatti di palloncini; oggetti senza valore, ma appartenenti alla biografia dell’artista, riprodotti su scala colossale; personaggi dei cartoon, come Popeye o Hulk, promossi a figure storiche da cel

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