Ci sono luoghi frequentati da un’umanità eterogenea e variegata, individui che – per stile di vita e ruolo sociale – normalmente condividerebbero, al massimo, il rosso di un semaforo. Posti in cui vige una inquietante, quasi mistica, extraterritorialità. Zona franca si propone di raccontare la geografia di questi luoghi e la storia delle persone che li hanno frequentati.

Tre camionette della polizia chiudono le principali vie d’accesso e decine di agenti pattugliano la zona.

Roma, Fontana di Trevi, 10 giugno 1994.

Comincio a credere che annunciare la nostra iniziativa con un comunicato stampa sia stato un grave errore… avremmo fatto meglio a lasciare che fossero direttamente giornali e televisioni a dare la notizia del bagno di protesta alla Fontana di Trevi: Riccardo Schicchi e le sue pornostar contestano il provvedimento!

«Ordinanza di chiusura a tempo indeterminato dell’esercizio, con divieto di qualsiasi spettacolo o esibizione».

Fans Club, via Vittorio De Sica 58, Roma.

Il primo locale aperto da Schicchi. Era tutto perfettamente in regola: licenza, cubatura, impianto di aspirazione, uscita di sicurezza, sistema antincendio, Siae.

È bastato l’eccesso di zelo di un agente in borghese, durante uno spettacolo, per trasformare nel reato di atti osceni quello che era solamente un gioco tra ventenni: Eva Henger aveva invitato sul palco un giovane spettatore e – di fronte a tutti – lo aveva provocato, infilandogli una mano dentro i pantaloni. Imbarazzo, eccitazione, risatine, applausi.

Il poliziotto si alza e, minacciando arresti e denunce, blocca tutto. «Accusa velleitaria e priva di fondamento!», dice l’avvocato.

«Le parti in causa erano adulte e consenzienti… e poi l’interazione non è mica avvenuta di giorno, alla luce del sole – in acqua, a pochi metri da altri bagnanti… o su una panchina dei giardini pubblici, davanti a dei bambini – ma di notte, alla luce di una strobosfera, dentro un club privato, davanti a un pubblico di adulti!», aggiunge infuriato Riccardo. La verità è che gli italiani, moralisti e benpensanti, non riescono ad accettare che una persona (nel pieno rispetto dei partner) possa giocare con la sua sessualità ed esprimersi liberamente.

Non è ammissibile che, nella capitale d’Italia, la domenica papa Wojtyla reciti l’Angelus coi fedeli e il martedì Cicciolina si esibisca con serpenti e vibratori.

Per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’ingiusta chiusura del Fans Club, Riccardo ha avuto l’idea di una protesta plateale alla Fontana di Trevi. Lo sbarramento di forze dell’ordine è, però, così imponente che forse ci toccherà rinunciare al nostro piano. Gli altri sono ancora in via del Tritone. Hanno mandato me in avanscoperta. Devo avvertirli. Chiamo Schicchi al cellulare: «Tornate indietro! Oggi non si può fare. Qui c’è un esercito», gli dico preoccupata. «Tranquilla, qualcosa ci inventeremo. Stiamo arrivando!», mi risponde lui, come sempre imperturbabile.

Da via della Stamperia, vedo avanzare un corteo quasi surreale. Sono una decina. Riccardo è in prima fila: camicia, cravatta e giacca blu. Alla sua sinistra Eva Henger in abito da sposa. Alla sua destra Moana Pozzi – elegante e rigorosa – spolverino, camicia e pantaloni Capri.

Li guardo e mi commuovo. Sono loro i protagonisti di questi miei ultimi, indimenticabili, bellissimi tre anni. Riccardo ha in mano un sacco nero pieno di centrini con l’immagine del papa, che vuole distribuire come “segno di pace” nei confronti della Santa sede. La polizia gli sbarra la strada.

Cerco di attraversare il cordone delle forze dell’ordine ma per farmi desistere una poliziotta bionda mi dà una gomitata in bocca. Retrogusto di sangue. Tracce rosse sul polpastrello che faccio scivolare cautamente sulle labbra, ancora pulsanti di dolore. Desisto.

Dal muro a cui mi sono appoggiata, guardo con affetto e con tristezza i miei colleghi/amici. Questa vita così speciale, emozionante, stravagante, assurda, che ha dirottato il mio destino di ragazza borghese verso persone e situazioni con cui, altrimenti, non sarei entrata mai in contatto… questa vita prima o poi dovrà finire… e già mi mancano, questi anni che ancora sto vivendo.

Autunno 1992

Riccardo Schicchi apre una porta e mi fa segno di seguirlo. Sono emozionata.

Lui è il re del porno e cerca una segretaria. Io cerco un impiego. Sono emozionata e anche nervosa.

Vengo da una serie di colloqui in cui il possibile datore di lavoro era regolarmente più interessato alla mia biancheria intima che ai miei titoli di studio.

Almeno è mingherlino, penso… se anche Schicchi dovesse provarci, respingerlo non sarà troppo difficile. Attraversiamo un paio di altre stanze e ci ritroviamo in bagno. Mi guarda strano.

Mi preparo all’ormai consueto assalto. Riccardo, però, mi prende in contropiede: apre la finestra.

In effetti un assalto lo subisco… ma è decisamente diverso da quello che temevo.

Uno. Due. Cinque.

Dieci.

Venti.

Ventidue gatti persiani scivolano all’interno, formando ai nostri piedi un morbido ondeggiante tappeto peloso.

Riccardo, esitante, mi chiede: «Le piacciono i gatti?». A corollario delle ordinarie mansioni da segretaria, dovrei occuparmi anche dei suoi adorati gatti.

«Li adoro!».

Assunta.

Mi indica la scrivania e mi dice di cominciare. Sono perplessa, ma prevale l’entusiasmo. Il telefono squilla di continuo. Chiedono tutti informazioni sul Fans Club.

Mi documento, non voglio farmi trovare impreparata. Nei giorni successivi mi fermo spesso al locale e ci resto almeno un paio d’ore, per vedere di persona come funzionano le cose.

Ogni sera si alternano sul palco quattro ragazze: tre principianti, “le stelline”, e una già affermata.

Moana Pozzi è l’unica star che pretende di esibirsi da sola, rifiutando sempre di farsi precedere da altri spogliarelli.

Prima dello show, Riccardo raggiunge le ragazze in camerino e le sottopone a un implacabile discorso motivazionale, ricordandogli ogni volta che – quella che stanno portando avanti – è una battaglia per l’affermazione della libertà sessuale in un paese ancora oscurantista.

Le ragazze straniere – e, probabilmente, anche le italiane – lo ascoltano attente, pensando ai fatti loro. Per motivi fiscali, il locale dopo qualche anno viene trasformato in cinema-teatro.

Le serate si aprono con la proiezione di un lungometraggio (sempre lo stesso): Sbatti il mostro in prima pagina. Titoli di testa. Sala vuota.

Titoli di coda. Sala che comincia a riempirsi. Prime note di una canzone degli Enigma. Sala piena.

Tacchi a spillo sui gradini. Applausi. Riccardo studia per ogni ragazza un look che possa distinguerla dalle altre, valorizzando al massimo la sua bellezza e la sua sensualità.

Per Cicciolina, bionda ed eterea, aveva creato un look hippy/virginale (coroncina di fiori e abiti di velo). Per Milly D’Abbraccio, tornita e muscolosa, sceglie un’immagine fetish/trasgressiva (borchie, tuta di lattice e stivali neri), assegnandole anche un partner per le sue esibizioni: Richard Benson. Chitarrista rock, parrucca nera, giubbotto in finta pelle, Benson è lo storico conduttore del programma cult Ottava Nota in onda su TVA40.

Milly al palo, Richard alla chitarra. La coppia non funziona. Il locale si svuota. I night club di via Veneto ringraziano.

Le note urlate dalla chitarra elettrica di Benson non riescono, però, a distogliere del tutto l’attenzione dei clienti dal corpo perfetto di Milly D’Abbraccio.

Nelle settimane successive mi chiamano dal Maurizio Costanzo Show. Vogliono Milly per una puntata di Uno contro tutti. Protagonista: Vittorio Sgarbi.

Se non c’è un cadeaux (i compensi Milly li chiama cadeaux) lei non ci va. Io insisto, sento che può essere una grande occasione, quel programma è una vetrina eccezionale. Lei sempre scettica. Io sempre insistente. Lei dubbiosa. Io irremovibile.

18 febbraio 1993. Teatro Parioli. Sigla del Costanzo Show.

D’Abbraccio in prima fila. Io in piccionaia. All’ingresso ci hanno separato. Prime scintille tra Sgarbi e la compatta schiera dei suoi detrattori. Vedo la chioma rossa di Milly spuntare come un fiore tra cotonature bionde e calvi deserti delle prime file.

Mi fa tenerezza, la immagino emozionata, mi pento di aver insistito. Penso che dovrei aiutarla, incoraggiarla, suggerirle qualcosa…

Lei è brillante, se la cava egregiamente, dimostra subito di non avere nessun bisogno del mio aiuto.

Tra Milly D’Abbraccio e Vittorio Sgarbi la sintonia è immediata.

Ridono. Scherzano. Si prendono in giro. La complicità trionfa. Alla fine del programma, spariscono insieme.

Il giorno dopo provo a chiamarla: squilla, nessuno risponde. Il giorno successivo riprovo a chiamarla: squilla, nessuno risponde. Mi telefona lei tre giorni dopo, appena uscita dalla suite del Majestic, l’hotel in cui Sgarbi alloggia quando è a Roma. A distanza di una settimana Panorama pubblica un servizio su di loro, corredato da una foto: lui steso a letto che legge il giornale con lei, accovacciata, che gli succhia l’alluce. È la svolta!

Da un giorno all’altro Milly D’Abbraccio diventa una star.

In centinaia fanno la fila per vedere i suoi spettacoli. Niente più Richard Benson a suonare la chitarra. Sul palco, ora, brilla solamente lei. Qualche volta, tra gli spettatori, c’è anche Sgarbi ad applaudirla.

La nuova coppia, improvvisamente popolare, attira al Fans Club una clientela sempre più variegata: ragazzini che vengono da noi a festeggiare i 18 anni, studenti appena laureati, politici, personaggi dello spettacolo, giornalisti, fidanzati. C’è perfino un prete “in borghese” che, innamorato di una delle ragazze, usa i soldi della parrocchia per coprirla di regali.

Il locale è strapieno e il pubblico vuole ragazze sempre nuove. Reclutarle non è un’impresa facile. Ogni tanto proviamo anche a cambiare nome alle nostre stelline, fingendo che siano fanciulle alla prima esibizione.

La mancata acquisizione di nuove risorse rischia, alla lunga, di tradursi in un decremento dei clienti abituali. Per fortuna l’Ungheria si rivela un bacino inesauribile di donne bellissime e disinibite.

Perfino alcune giovani, prossime al matrimonio, per comprare elettrodomestici di ultimo modello e mobili eleganti per la nuova casa, accettano una trasferta italiana a base di film hard e spogliarelli, tenendo tranquilli genitori e fidanzato con il racconto di un lavoro da modella.

Con l’avvento delle prime pay tv, la diffusione dei film porno in tutta Europa comporterà una repentina impennata di divorzi in Ungheria. Il mio non è un normale lavoro di ufficio e – proprio per questo – mi piace, mi diverte, mi appassiona. È interessante anche dal punto di vista sociologico: nel mondo dell’hard i compensi più alti li percepiscono le donne e i ragazzi di colore. L’apoteosi dei diritti civili!

Quando tutto sembra andare a perfezione (fatturato in crescita, sovrabbondanza di ragazze bellissime e locale sempre pieno) la macchina si inceppa o, per meglio dire, qualcuno fa in modo di incepparla. Diamo fastidio. Multe, controlli, ordinanze… è una persecuzione!

Riescono a far chiudere il Fans Club. Una, due, tre volte. Riccardo cerca di reagire. Per spingere l’opinione pubblica a prendere le nostre difese, mette in scena forme di protesta sempre più originali.

Un giorno chiede a Eva e Milly di indossare abiti da sera sobri ma scollatissimi e ci porta a piazza di Spagna.

Sono in corso le prove di Donna sotto le stelle. Facendosi largo tra la gente, Schicchi si avvicina a un addetto alla sicurezza. «Le due modelle che mancavano finalmente sono arrivate», dice, facendo avvicinare la Henger e la D’Abbraccio, elegantissime. Il ragazzo annuisce comprensivo e le fa passare al di là delle transenne. Eva e Milly si uniscono al gruppo delle vere modelle che, per provare abiti e calzature, scendono e risalgono – a flusso continuo – la scalinata.Eccole in cima. Come due sciatrici ai cancelletti di partenza.

Da sotto le osserviamo trepidanti, con la paura che qualcuno possa accorgersi che sono delle infiltrate. Per fortuna non vengono scoperte. Davvero sembrano modelle. Ai miei occhi, perfino più belle ed eleganti delle altre. Cominciano a sfilare. Un gradino alla volta. Sorridenti ma altere. A metà scalinata, con gesto elegante (e sincronizzato da anni di spettacoli), si scoprono contemporaneamente il seno. I fotografi scattano a ripetizione.

Roma, 11 dicembre 2012

Come sempre sono la prima ad arrivare. Spetta a me accogliere gli ospiti. Con alcuni sono rimasta in contatto. Altri non li vedo dai tempi del Fans Club. Sarà bello riabbracciarli. Mi fermo sulle scale della chiesa – quasi ipnotizzata da un sole di dicembre insolitamente caldo – e ripenso a quelli che, in fin dei conti, sono davvero stati gli anni più belli di tutta la mia vita. Riccardo è morto, tra pochi minuti ci sarà il suo funerale.


Debora Attanasio, storica segretaria di Riccardo Schicchi, vive a Milano, è giornalista e scrive per “Marie Claire”, “Grazie” e “GQ”.

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