«La comunità è salvezza. Ma solo quando ci sostiene e dà modo di essere chi siamo»

Dopo l’esordio con Teo, Einaudi 2014, Lorenza Gentile si è imposta al grande pubblico con Le piccole libertà e Le cose che ci salvano, libri capaci di unire ironia e delicatezza a grandi e acute riflessione sui rapporti umani. Il suo ultimo romanzo è La volta giusta, Feltrinelli 2025. È da poco in libreria, e con questa storia Gentile torna a esplorare i temi a lei cari: il coraggio di cambiare, la ricerca di sé, la speranza come spinta trasformativa. La volta giusta è un invito a credere nelle coincidenze, nei nuovi inizi, nella possibilità di ricominciare. Lucilla, che al posto di fuggire decide di restare in un piccolo borgo di montagna, dove con il fidanzato avrebbe dovuto prendere in gestione una locanda, è una personaggia cui non ci si può non affezionare. Desiderare è una faccenda complessa, specie quando lo facciamo a lungo. Un errore in casi simili è vedere quello che vorremmo che fosse, piuttosto che ciò che è davvero. Lucilla lo fa. Ricostruisce la realtà e la riscrive fino a farla combaciare con i propri desideri. Credo sia un meccanismo naturale, qualcosa che, a un certo punto della nostra vita, capita a tutti di mettere in atto. Capire che lo si sta facendo è difficile. Ma in generale, come ha detto lei, desiderare è una faccenda complessa. Per cos’altro crede che lo sia? Uno dei problemi più grandi in tal senso risiede nel fatto che, spesso, ci viene detto cosa desiderare: l’oggetto del desiderio arriva da fuori, dall’esterno, e ci è suggerito dalle persone che abbiamo attorno, dal contesto in cui viviamo. È allora che nasce un conflitto in noi stessi tra il desiderio dell’esterno e quello dell’interno – il nostro. Ed è allora che entriamo in crisi – quello che accade a Lucilla, appunto. Cercare di plasmare la nostra vita per rispondere al desiderio di altri, a qualcosa che non sentiamo appartenerci, è frustrante, deprimente. Perché siamo tanto inclini a obbedire al desiderio altrui? Temiamo di poter deludere gli altri. Non vogliamo disattendere le aspettative che le persone che ci amano e che amiamo hanno su di noi. La vita di quartiere a Milano è una forma di resistenza Delle nostre aspettative su noi stessi che mi dice? Che sono difficili da districare da quelle degli altri. Mi spiace tornare al punto di prima, ma credo che quando ci guardiamo lo facciamo attraverso le lenti di chi abbiamo vicino. Interiorizziamo il meccanismo in maniera tanto profonda da non riuscire neanche a vederlo. Come le donne che hanno interiorizzato il patriarcato: si vedono, e desiderano, solo tramite gli occhi dell’uomo. Ne parla in modo lucido, come fosse riuscita a tirarsene fuori. È uno dei grandi temi della mia vita. Ci ragiono e ci lavoro da sempre. Ricorda un momento in cui ha avuto la percezione o, magari, addirittura la consapevolezza di desiderare per sé il desiderio di altri? Prenda Le piccole libertà. È stato il primo romanzo che ho scritto esattamente come volevo scrivere una storia. È stata la prima volta in cui sono stata capace di tagliare il mondo, e le sue aspettative, fuori dalla stanza. Non l’ho scritto pensando a cosa i miei lettori e colleghi volessero da me, ma solo a me e alla mia scrittura. Com’è stato? Stupendo. Un atto di grande liberazione. Gentile, ancora sulla riscrittura della realtà: lo facciamo pure con le altre persone, specie con quelle che amiamo; Lucilla lo fa. Cos’è una relazione? È un punto d’incontro. E non parlo solo di quelle di tipo amoroso, ma di tutte. Una relazione, secondo me, funziona quando incontriamo l’altro alla distanza giusta. Quando nessuno dei due deve far troppa strada, troppo sforzo. Wanda Marasco: «Il male del mondo può piegarci, bisogna restare fedeli ai nostri ideali» Rimanendo sul romanzo, quindi. Si è soliti pensare che la rivoluzione sia un movimento – in qualsiasi direzione si vada. Lucilla, invece, compie la sua rivoluzione restando in un posto. Che tipo di forza serve per rimanere e che tipo di forza serve per andar via – qual è la differenza? È uguale. È la stessa forza. Perché? Perché a cambiare dev’essere lo sguardo di noi stessi sulla vita, non per forza la vita in sé: l’approccio che usiamo su ciò che ci accade conta molto più degli avvenimenti. Al posto di Lucilla, lei sarebbe rimasta? Non lo so, forse sì. Scrive personaggi migliori o peggiori di sé stessa? Il terreno fragile delle loro insicurezze è mio, ma provo a scrivere personaggi migliori di me. Degli eroi normali. Cosa significa eroismo normale? Andare avanti nella vita, nella quotidianità, nonostante. Nonostante? Il male che ci può capitare, il dolore che possiamo provare. Pensando anche ai suoi romanzi precedenti che lei abbia un’affezione per l’eroismo normale mi pare chiaro. Molti cercano di scrivere dei romanzi che affrontino cose umane grandi, mentre lei si aggrappa, appunto, a cose del piccole. Perché? Qualche tempo fa, grazie a Marco Missiroli, ho visto un’intervista ad Alberto Giacometti. C’è un passaggio meraviglioso, e a cui sono affezionata, in quello che dice: lui le teste non vorrebbe scolpirle così, vorrebbe farle diversamente. Malgrado quello che vorrebbe e sorprendendo persino sé stesso, però, le teste continuano a venirgli fuori così. Malgrado sé stessa continua a raccontare le piccole cose del quotidiano? Così messa, forse, sembra quasi che io non voglia scrivere quel che scrivo ma non è così. Amo quel che scrivo, mi piace tantissimo. Ma se lo faccio è perché, semplicemente, i romanzi mi vengono così. Personalmente, al di là del lato autoriale, le piccole cose le piacciono? Da morire. Non ha mai sognato una vita grande? Neanche da bambina? Da bambina sognavo di vincere l’Oscar. Per? Miglior attrice protagonista, ovviamente (ride, ndr). Sotto la doccia preparavo il discorso di accettazione, ringraziavo chi dovevo, emozionatissima. Spesso, su un quaderno ad anelli mi esercitavo pure negli autografi. E quindi che fine ha fatto il sogno dell’Oscar? È mutato. In cosa esattamente non lo so. Però so due cose. Che oggi un Oscar non lo desidero più. E che sono felice, soddisfatta di quel che sono. L’esordio letterario di Assante: «Certe bugie non ci lasciano mai. La salvezza è riscrivere i ricordi» Nei suoi romanzi le comunità sono importanti, salvano. Crede nel potere salvifico di un gruppo? Se non censura o eclissa l’individuo, sì: la comunità per me è salvezza quando ci sostiene e ci dà modo di essere chi siamo. Da ragazza poi da giovane adulta mi sono trasferita tante volte. Ho cambiato scuole e impieghi, e ho vissuto in molte città; non solo in Italia, anche all’estero – Parigi, Londra. Tutte le volte sono stati gli incontri, le relazioni, a salvarmi. Di chi parla? Compagni di classe e colleghi di lavoro, vicini di casa, gente del quartiere. E poi gli amici: loro sono da sempre la mia comunità più grande. Nella vita lei si è sentita più salvata o salvatrice? Entrambe in egual misura. Quando ho potuto, per come ho potuto, ho aiutato. E spesso mi sono sentita aiutata, anzi salvata. Com’è stata salvata? Mi sono state svelate nuove, stupende possibilità quando credevo che il futuro fosse incorruttibilmente nero. Da chi? Di nuovo, gli amici. E poi mio marito, Davide. Con lui per la prima volta mi sono sentita davvero libera. Mi ha aiutata a vedermi per ciò che sono, e mi ha dato la confidenza necessaria a vivermi in maniera autentica. Si censurava? Non lo facciamo tutti? Tornando a Lucilla e restando sull’amore. Le è mai successo di vivere un rapporto come i suoi, in cui ciò che doveva desiderare arrivava da fuori? No. Ho un grande un istinto di autoconservazione. Dunque si è sempre sentita libera? Nella vita? No, naturalmente. Nelle relazioni? Sì. Oggi quando si sente libera? Quando non sento addosso il peso dello sguardo degli altri. «Non puoi perdere davvero te stessa finché non perdi le cose che ami» ha scritto in La volta giusta. Ha mai perso ciò che amava? Certo. E mi sono persa. E mi sono ritrovata. La bisnonna, la gravidanza, il manicomio: i nuovi fantasmi di Nadia Terranova Le cose che ama oggi? La scrittura e l’arte. La mia famiglia e rapporti con gli altri – le relazioni. Secondo lei, la sua scrittura, la sua arte, cosa dice di lei, Gentile? Spero dica che ci provo con tutta me stessa. [Missing Caption][Missing Credit] La volta giusta (Feltrinelli 2025, pp. 320, euro 19) è un romanzo di Lorenza Gentile