Nel giro di pochi minuti, ero seduto a un tavolo a compilare un modulo di riservatezza, in una stanza riunioni degli uffici dove si stava sviluppando l’app, in qualità di nuovo volontario per testare questa rivoluzionaria tecnologia che avrebbe abbassato in maniera significativa il numero dei divorzi. Erano convinti che i sociologi avrebbero parlato di un “prima” e un “dopo” l’introduzione di questa app. Gli unici che potevano avere qualcosa da ridire sarebbero stati gli avvocati divorzisti, sulla carta avrebbero perso molti clienti.

Sarebbero state evitate gravi rotture familiari, traumi ai figli. Ci sarebbero stati meno litigi e quindi meno urla nei condomini. La lista delle cose positive esaltava Gianfranco: «Ti immagini una società formata da coppie che prima di intraprendere una relazione hanno la certezza di essere fatti l’uno per l’altra? Come sarà il mondo visto da questa prospettiva?». Era in estasi.

Io non avevo una risposta degna della sua eccitazione.
«Eh, non lo so,» dissi, «sarà meraviglioso... inebriante.» 
«Ma non riesci a trovare una citazione al riguardo?»
Cercai di sfogliare velocemente i miei file mentali sull’amore e recitai la prima che mi venne in mente: «Sai che sei innamorato quando non vuoi addormentarti perché la realtà è migliore dei tuoi sogni».
«La realtà è migliore dei tuoi sogni! Bellissima!» Gianfranco era così preso dalla sua creatura che qualsiasi citazione sarebbe stata perfetta. 
«Ma come si chiama questa meraviglia di app?» chiesi.
«Al momento il nome provvisorio è Mys App.» 
«Per cosa sta Mys?»
«Match your soulmate. Incontra l’anima gemella.»

Prima di mettere online l’app c’era ancora tanto lavoro da fare. I volontari dovevano riempire un lunghissimo questionario online in cui venivano richieste le abitudini, i gusti, le passioni. Una cosa estenuante. Anche perché il più delle volte avevano a che fare con azioni di tutti i giorni e proprio per questo difficili da ricordare.

«Cos’è la prima cosa che fai abitualmente quando ti svegli?» 
«A cosa pensi abitualmente prima di andare a letto?»
Poi c’erano domande più di taglio psicologico. Un po’ come quando alla visita del militare nei test spuntava: «Ti piacciono i fiori?», e tutti rispondevamo, un po’ indispettiti, on un netto «No!». Temevamo che venisse messa in dubbio la nostra virilità.

A ogni schermata veniva ribadito di essere il più possibile sinceri, perché non c’erano risposte giuste o sbagliate. E che il test non avrebbe espresso alcun giudizio morale. Ma ovviamente la tentazione di dipingersi come delle belle persone era alta. All’affermazione: «Sono una persona… 1. Che ama aiutare gli altri 2. Preferisce stare da solo», era difficile non cliccare la casella 1.

Che tutti questi dati poi venissero “frullati da un algoritmo”, come aveva detto Gianfranco, era irrilevante. In quel momento era come trovarsi davanti a una ragazza che ti aveva appena chiesto: «Ami aiutare gli altri oppure sei uno stronzo?».

Il test era così lungo che Gianfranco si allontanò per tornare un’ora dopo e rassicurarmi che nel giro di un’altra mezz’ora avrei finito: «Dopo avremo il risultato molto velocemente». Questa frase fu di stimolo: l’idea di poter avere subito il nome della mia futura moglie era eccitante. Una volta che ebbi risposto all’ultima domanda, ci spostammo nel suo ufficio. Gianfranco si accomodò dietro alla scrivania e mi fece segno di prendere la sedia per mettermi accanto a lui. Ebbi un tonfo al cuore.

Vicino al computer erano piazzate due foto incorniciate: quella dei figli, tre ragazzini di circa dieci, dodici anni e quattordici anni, molto belli, e accanto la foto di Valentina! Sì, decisamente avevano continuato a frequentarsi. Nonostante fossero passati vent’anni dall’ultima volta che l’avevo vista, non era cambiata per nulla. Cercai di darmi un contegno, ma fu come ricevere un pugno in pancia. Quelli dovevano essere i miei figli e quella mia moglie, pensai a un certo punto. Se lui non me l’avesse rubata!

E adesso ero lì, accanto a lui, e gli stavo pure chiedendo aiuto. Mi sembrava di stare tradendo il me stesso diciottenne. Mi sarei dovuto alzare e dirgli qualcosa del tipo: «Io non dovrei essere in questa situazione, perché io la mia anima gemella l’avevo trovata, ma tu me l’hai portata via giusto per il piacere di rovinare la vita agli altri!».

E invece dissi: «Che bei bimbi che hai!». Lui fece solo un vago sorriso. Mi venne il sospetto che non si ricordasse del mio folle amore per Valentina e di avermi scippato la felicità. Per ripicca manifestai della negatività riguardo all’app: «Certo che se tutti devono compilare un modulo per un’ora e mezzo, non so quanto possa funzionare questo coso!».

«In questa fase abbiamo bisogno di un gran numero di dati di almeno un utente su due. In futuro speriamo di evitare anche quello.» 
«E i dati dell’altra metà degli utenti adesso dove li prendete?»
«Si comprano! Giammarresi, a cosa pensi che servano i social? Credi che Zuckerberg e gli altri fremano dalla voglia di sapere cosa ti piace e cosa non ti piace?» E mi fece il suo odioso ghigno.

Tentai di uscire dall’angolo: «Allora perché devo stare un’ora e mezzo a compilare un modulo? Perché non comprate anche i miei dati sui social?».
«Utilizziamo anche quelli. Ma se vogliamo costruire un’app seria e affidabile è necessario avere informazioni più approfondite di almeno la metà degli iscritti. Quindi attualmente i risultati si baseranno sui tuoi dati e sui profili che siamo riusciti a creare raccogliendo le informazioni sui social. Con il tempo e con l’aumento delle persone iscritte all’app avremo dati sufficienti per gestire tutto in autonomia. Diventerà automatico consultare l’app, prima di cominciare una relazione. Sei testimone dell’inizio della rivoluzione!».

Il mio primo pensiero andò a Valentina. Pensai: «Se avesse avuto questa app, sarebbe stata tutta un’altra storia!».
Ma la mia rivendicazione sentimentale fu spodestata dalla domanda fatta a bruciapelo da Gianfranco: «Vuoi avere notizie della tua anima gemella?».
«Di già?»
«E quando? A cinquant’anni?» Gianfranco schiacciò “invio” e sullo schermo comparve una lista di nomi femminili, accompagnati da informazioni personali come età, parentela, occupazione, orientamento politico, gusti musicali, passioni sportive. C’era chi ne aveva di più e chi meno. Ma la vera sorpresa è che ce n’erano tante. Tantissime.
«Ma ho tutte queste anime gemelle?» chiesi sorpreso.
Gianfranco mi squadrò con la sua solita superiorità: «Innanzitutto, Giammarresi, hai dei gusti così banali che riesci ad allargare tanto il tuo target. E poi secondo te esiste una sola anima gemella nella vita?». Rimasi di stucco. «Ma veramente pensavi che nel mondo ci fosse solo una persona giusta per noi? Su circa otto miliardi di individui?»

Ero un’altra volta spalle al muro: «Perché otto miliardi? Se levi vecchi, uomini e bambini, il numero si riduce notevolmente». Fossimo stati alle medie, mi avrebbe già girato il lobo dell’orecchio tre volte. «E poi sono uscite tantissime anime gemelle. Come faccio a selezionarle?» chiesi.
«Non ti preoccupare. Adesso raffiniamo ulteriormente la ricerca per ottenere un numero ragionevole.»

Fece di nuovo clic su “invio”. Il numero si ridusse a poco più di 1000. Ripeté l’operazione fino ad arrivare prima a 453, poi a 208, poi a 41 e infine a 7 anime gemelle. A questo punto sollevò le mani dalla tastiera e mi guardò sorpreso. Gli chiesi:
«Ma scusa, perché ti sei fermato?».
«L’algoritmo di solito non restringe tanto il campo, si ferma a un centinaio. È la prima volta che arriva a dare sette
nominativi.»
Presi a fissare la schermata con le sette anime gemelle,
proiettandovi tutta la vita mia futura. Lì dentro c’era la soluzione
di ogni mio dramma.
«Appena inauguriamo la fase 2 del programma, ti chiamo per simulare l’incontro con una delle sette.»

Ancora una volta Gianfranco mi rendeva infelice: «Non mi puoi dare i loro nomi ora? Così le raggiungo e capisco quale di queste potrà essere la donna della mia vita».
«Non siamo ancora così avanti con la sperimentazione.» 
«Quindi mi tiri fuori i nomi, e ti fermi qui?» 
«Al momento sì.»
«E non la puoi cominciare con me la fase 2?»
«La fase 2 partirà, ma secondo il protocollo che segue tutto
il team.»
«Chi è il capo del team?»
«Io.»
«Allora che cosa aspetti a darmi i nomi?»
«Il fatto che io sia il capo non vuol dire che possa fare tutto quello che voglio. Esiste una procedura da rispettare.»
Davanti a me c’erano le mie sette anime gemelle e non potevo conoscerle! Non potevo accettarlo: «Gianfranco, tu mi hai già rubato la mia anima gemella una volta. Io forse non mi troverei in questa situazione, se tu avessi rispettato le procedure!».

Era stupito dal mio tono, ma era evidente che non aveva colto il riferimento. Cercai di chiarire: «Sì, Valentina l’avevo vista io per primo,» e indicai la foto. «Era evidente che avevo la precedenza. Me la sognavo di notte. Avessi avuto solo un po’ più di tempo. Tu e il tuo senso di competizione avete sfasciato tutto! Cosa pensavi che fosse? Una gara campestre?».

Rimase di sasso, come mai lo avevo visto. Tanto che mi venne il dubbio di aver esagerato un po’: «Cioè, voglio dire… avete formato una famiglia bellissima, con tre figli splendidi… per carità... non volevo criticarti per questo. Solo che ti
chiedo di aiutarmi a uscire da questa situazione. Non ti costa molto anticipare questa fase 2, no?».

Potevo sbagliarmi, ma nei suoi occhi intravidi una certa lucentezza causata forse da una piccolissima quantità di lacrime. Cosa avevo detto di così grave? La cosa mi mise molto in imbarazzo. E più stava in silenzio e più mi imbarazzavo. Cercai di sdrammatizzare: «Klieem... Kliimt... Klism...». Non colse, ma cambiò espressione come se un pensiero avesse preso il posto di un altro.

Stampò la lista delle mie sette anime gemelle e poi finalmente disse: «Ok, ecco i nomi delle sette disgraziate, ma ascoltami bene: se hai intenzione di contattarle o incontrarle, la prima regola è: non nominare mai l’app. Ti sei imbattuto in loro per caso. E non parlarne con i tuoi amici. Se vengono a sapere che stiamo già usando l’app ci licenziano in tronco tutti e due, visto che ormai lavoriamo per la stessa azienda. L’app non esiste! La seconda regola è che mi devi aggiornare e fare un report di tutti i tuoi incontri».
«Ma anche cose intime?»
«Ma no! Mi dovrai dire del vostro grado di affinità.»
Mi consegnò il foglio con una certa solennità.
«Il modo migliore per scoprire se ci si può fidare di qualcuno è di dargli fiducia,» dissi piegando la stampata.
«Ancora ’ste minchia di citazioni?»
«Scusa. È da dieci minuti che era pronta in canna!»

Tornai a casa senza toccare terra per l’emozione. A ogni semaforo rosso rileggevo la lista. Ero così eccitato che arrivato al settimo nominativo dovevo subito ricominciare da capo. Una volta sul divano di casa, feci un sospiro per calmarmi e lessi l’elenco per l’ennesima volta. Tra le sette ragazze solo tre erano italiane, le altre erano sparse per il mondo. Non mi rimaneva che organizzarmi e incontrarle personalmente, una a una. Finalmente avevo l’occasione di sfruttare tutti quei giorni di ferie arretrati.


Tratto da La disperata ricerca d’amore di un povero idiota di Pif ©️ Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano
Prima edizione ne “I Narratori” novembre 2022

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