Qualche tempo fa, telefonata a Giuseppe Gibilisco, campione mondiale di salto con l’asta nel 2003 a Parigi. «Beppe, dove può arrivare Duplantis?» «A 6,30, anche di più. Perché? Fa le cose a una velocità proibita agli altri».

Pochi giorni fa, la voce di Armand Duplantis: «So che il limite è in alto, ma io spero di poter continuare a saltare bene, a spingermi più su». Parole semplici di chi ha reso semplice – a chi guarda – l’esercizio più complesso dell’atletica: forza, velocità, doti acrobatiche, tutto miscelato. Parole affiorate a Eugene dopo aver messo le mani sulla Diamond League, dopo il 6,23 del suo settimo record del mondo, dopo la 74ª ascensione a 6 metri o più. Per stabilire un’unità di misura e ricorrere a un raffronto con il recente passato, Sergei Bubka, lo zar di tutte le aste, ha finito la carriera con 46. L’ucraino rimane in testa, nettamente, quanto a record mondiali, 24, ma Armand ha molto tempo a disposizione.

Uno “strano” svedese

Armand Duplantis, strano nome per uno svedese. Infatti è nato, meno di 24 anni fa, a Lafayette, Louisiana, uno dei tanti luoghi che ricordano l’intervento del marchese francese in favore dell’indipendenza americana. In questo caso, posto odoroso del profumo denso di magnolia. Il padre è Greg, 5,80 trent’anni fa, la madre è Helena Hedlund, svedese, arrivata negli Usa con una borsa di studio dopo aver fornito discrete prove di sé nell’eptathlon.

L’educazione di Armand ricorda quella ricevuta da Wolfgang Amadeus Mozart, sin dalla più tenera età. Per Wolfgang c’era il clavicembalo, per Armand c’era l’asta. Mamma e papà hanno montato, anno dopo anno, un album filmato in cui venivano registrati i progressi: Mondo saltava in giardino, con una piccola asta, affrontando riti artigianali. Dai 7 anni in poi, record per tutte le fasce di età.

Appartiene alla categoria degli attesi. Altrimenti non si spiega come mai in un filmato girato in una scuola appaia il volto di Renaud Lavillenie, il francese che ha tolto a Bubka il record mondiale. Cosa era andato a fare in una scuola del sudest americano? A vedere un ragazzino di 12 anni saltare 3,91, record del mondo, ovviamente. L’amicizia con Renaud, trasformato in fratello maggiore e in consigliere in pedana, deve esser nata quel giorno.

È stata Helena a convincere Armand a scegliere la nazionalità svedese. Alle selezioni americane per i Mondiali o per le Olimpiadi può capitare di finire in una cattiva giornata e di cadere: in questo senso esistono precedenti illustri, schiantati da leggi crudeli e regolamenti datati. In maglia gialla con le tre corone non si rischia.

E così Armand è diventato svedese, gareggia per l’If Uppsala (la bellissima città universitaria appena a nord di Stoccolma), ha comprato un appartamento nella capitale e ha una fidanzata molto bella, molto bionda, molto svedese. Parafrasando quel che dice il nuovo presidente dello Stato libero di Bananas, la lingua ufficiale di Duplantis è lo svedese.

L’Amico

Oltre a essere l’Atteso, Armand, per tutti Mondo, è l’Amico. Gli astisti sono una confraternita che può ricordare quella degli antichi aviatori: ha accolto il ragazzo con occhi dal taglio etrusco, con simpatia, senza che mai scorressero rivoli di invidia. Perché si era capito subito che il ragazzo aveva stoffa, o meglio, seta pura: il 6,05 degli Europei 2018, all’Olympiastadion di Berlino, ha inaugurato la collezione dei titoli importati. Mondo non aveva ancora computo 19 anni.

Da quel momento è andato veloce e non è un caso che nei meeting porti addosso il marchio Red Bull. Come Max Verstappen, appena più anziano di lui. Di solito vince con 20, 30 centimetri di margine, rimanendo presto solo in gara, sempre assistito dagli amici-avversari che gli danno consigli, vanno a odorare il vento, ritmano le sue rincorse. Lui accenna sorrisi di riconoscenza e a ogni errore (capita anche a lui) va a rivedere quel che ha combinato sul tablet di mamma che gli fa da assistente, manager, trovarobe. L’anno scorso Helena ha guidato dalla Svezia a Montecarlo per esser sicura che le aste arrivassero in tempo.

Armand ha preso il posto di Lavillenie nell’albo d’oro dei primatisti mondiali il 6 febbraio 2020, a Torun, la città di Copernico (un segno del destino?) saltando 6,17. Molti hanno detto che si trattava del record mondiale indoor, trascurando, come già avevano fatto per Lavillenie, di dare un’occhiata al regolamento tecnico che non pone differenza tra competizioni all’aperto o al coperto se l’impianto ha ricevuto l’omologazione.

Da quel momento non si è più fermato, ricalcando nella sua progressione l’abitudine bubkiana del centimetro dopo centimetro, sino al fresco 6,23. In questa parentesi, un titolo olimpico, due titoli mondiali, due europei, un mondiale e due europei indoor. Una collezione che lo pone più o meno ai livelli di Gimbo Tamberi. Solo che lui l’oro olimpico non lo ha diviso per due.

Cambio di sigla

Rispetto a Tamberi, Armand non chiede aiuto al pubblico e non dà vita a clamorosi show. È più tranquillo, riflessivo, quasi schivo. Sono gli altri a eccitarsi. Domenica, dopo il 6,23, lo hanno portato in trionfo e il più emozionato era Kendricks, quasi un compaesano: Sam è del Mississippi. Armand sembrava un po’ imbarazzato.

Ma è anche un grande attore ed è capace di offrire colpi di scena: l’anno scorso, sempre a Eugene (pedana e ambiente gli piacciono) i Mondiali si chiudevano con la cerimonia di premiazione della 4x400 delle ragazze americane ma è toccato a lui tirare il sipario andando a scavalcare 6,21 in uno dei piccoli-grandi templi dell’atletica, Hayward Field. Stesso luogo, un anno dopo, per il 6,23 del settimo sigillo, arrivato in quattro salti.

AD, come Anno Domini, a scandire una nuova èra; AD come Acrobata Divino e Ardito Dominatore. Dopo un paio di memorabili MJ (Michael Jordan e Michael Johnson) un cambio di sigla era necessario.

Quel che lo rende unico sono la facilità e il margine che riesce a lasciare tra il corpo e l’asticella posta due volte più alta del canestro del basket. Oggi, in piena e crescente età tecnologica, sui ritti viene montata una piccola telecamera che filma e nell’immediatezza comunica quanto effettivamente saltato.

È finita l’età dell’emozione, dell’eccitata misurazione del cuore: “Quel 5,80 sarà stato almeno 15 centimetri di più”. Oggi è tutto registrato e così, specie nelle misure preliminari, è affascinante vederlo trasformare 5,82 in 5,97 con il gesto semplice proprio dei grandi, dei segnati dal destino e di chi si è sempre sacrificato con piacere.

Duplantis sta andando a caccia dei record dei meeting e il suo peregrinare sta facendo sempre più imponente la collezione. Un record gli mancherà e gli mancherà per sempre, quello per coppie di fratelli: Sergei e Vasili Bubka, 6,15 e 5,85, sono a quota 12 metri, Renaud e Valentin Lavillenie, 6,16 più 5,80, sono quattro centimetri più in basso. Andreas, uno dei fratelli di Armand, si è fermato a 5,43. Ma ha quello di famiglia, Armand 6,23 più papà Greg 5,80, fanno 12,03. Anche meglio di quelli che sono stati chiamati Flying Bubka Brothers. Perché l’asta profuma di circo e gli uomini volanti sanno emozionare quanto i leoni.

© Riproduzione riservata

© Riproduzione riservata