Prima di conoscere La Sad – forse l’entità più controversa quest’anno a Sanremo – bisogna fare lo sforzo di contestualizzarli, che è spesso anche uno sforzo di tornare indietro a quando eravamo ragazzi, alla musica che ascoltavamo allora e a quella che ascoltavano i nostri compagni di classe. Il problema è che troppe volte in questo non siamo oggettivi: tendiamo a ricordare solo quello che ci eleva e a dimenticare quello che invece ai tempi ci faceva sentire capiti, meno soli ad affrontare quell’enorme travaglio che è l’adolescenza.

La Sad nasce da questo contesto, per dare voce agli emarginati e a chi sfoga nella musica le proprie frustrazioni. È un atto contemporaneo di catarsi, il che significa che possa acquistare anche toni estremi e prestarsi al fraintendimento. Prendere tutto alla lettera sarebbe di per sé sbagliato, come bisogna accettare quella buona dose di incomprensione generazionale. È quello che muove da sempre la musica e continuerà a farlo, che lo vogliamo o no.

Semmai l’aspetto veramente innovativo è portare questo tipo di musica sul palco dell’Ariston. È una scelta che creerà facilmente un corto circuito, come succede quando una realtà di nicchia viene data in pasto al grande pubblico. E difatti è già successo, bastava andare a leggere i testi delle loro canzoni (come qualcuno ha fatto già a metà dicembre, appena si è saputo della loro partecipazione a Sanremo) per far scoppiare la polemica. Ci trovi droga, autolesionismo e una sessualità fluida. Non proprio quello che l’italiano medio vorrebbe per i suoi figli.

La storia dietro La Sad

Anche la storia che sta dietro a La Sad non è poi così distante da altre della musica. Theø, Plant e Fiks – sono i nomi dei tre membri di questo collettivo – hanno un passato da emarginati, alla ricerca di una rivincita. Le storie si trovano in un’intervista di qualche tempo fa a Rolling Stone.

Theø che sognava di fare lo skater e ha scoperto i Blink 182 guardando American Pie; Plant che inizia a suonare con la chitarra grazie al regalo della nonna (davvero!), sopravvive al liceo classico e scopre la musica trap; Fiks che si fa bocciare due volte e si rifugia nella droga.

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Dentro ci sono tanti esempi retrivi, errori dai quali ora dicono di avere imparato. In sostanza, c’è una lunga adolescenza vissuta fuori dai limiti e trasformata in musica, con uno stile che unisce pop, punk, trap ed emo (con anche la capacità di far inorridire i fan più sfegatati di tutti questi generi).

Ora hanno alcune opzioni davanti. Possono prestarsi al gioco di chi scommette che saranno la polemica di quest’anno. Possono cogliere l’occasione per portare qualcosa di nuovo a Sanremo, correndo il rischio di non venire capiti. O possono adattarsi al contesto, pur di dimostrare che c’è altro oltre ai capelli colorati e ai tatuaggi.

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