In occasione delle elezioni presidenziali del 2000, in cui si scontravano Al Gore e George W. Bush, il gruppo austriaco Ubermorgen.com, formato dai due artisti Lizvlx e Hans Bernhard, ha realizzato Vote-Auction, un sito web che offriva ai cittadini americani la possibilità di vendere il loro voto. Diversi stati hanno emesso ordini restrittivi temporanei o ingiunzioni per il presunto voto di scambio illegale. Ciò ha determinato la chiusura dei due domini creati dagli artisti per portare all’attenzione, e quindi denunciare, una pratica che avviene generalmente all’oscuro rendendola, invece, ironicamente palese.

Dieci anni dopo, in un’azione performativa intitolata N075 Unified Estonia, la compagnia teatrale estone Theatre N099 ha dato vita a un fittizio movimento politico, accolto come reale dalla maggior parte dell’opinione pubblica del paese.Dieci anni dopo, in un’azione performativa intitolata N075 Unified Estonia, la compagnia teatrale estone Theatre N099 ha dato vita a un fittizio movimento politico, accolto come reale dalla maggior parte dell’opinione pubblica del paese. Per sei settimane gli attori si sono impegnati in una campagna che si serviva di tutti i sistemi di comunicazione della vera politica, dalle comparse televisive agli slogan e soprattutto la rete e i social per diffondere nell’opinione pubblica la loro posizione iper-populista.

Durante finte convention gli attori praticavano forme di persuasione collettiva mettendo in atto strategie psicologiche come l’invitare una persona a salire sul palco per coinvolgere a poco a poco tutti, con lo scopo di svelare i sistemi occulti utilizzati per promuovere un partito. Nell’ultima, che ha radunato 7.500 persone, è stata la presenza in sala di un vero politico, il ministro della Giustizia Reni Lang, che è intervenuto a svelare l’inganno, a interrompere la finzione, portando allo scioglimento del partito.

Tra le prime esperienze artistiche che si sono interrogate sul potere persuasivo dei mezzi di comunicazione, gli artisti di Fluxus, un gruppo ispirato allo sperimentalismo dadaista, realizzavano performance con monitor televisivi disturbando la normale trasmissione o addirittura partecipando a programmi popolari, come fece John Cage presentandosi al quiz di Mike Bongiorno. In Italia ha dimostrato un analogo interesse la Poesia Visiva. Emilio Isgrò, Mirella Bentivoglio, Lucia Marcucci, Ketty La Rocca, per citare alcuni che hanno operato in Italia tra gli anni Sessanta e i Settanta, avevano innestato una vera e propria “guerriglia semiologica” volta a scardinare e “svelare” le mistificazioni del linguaggio della comunicazione di massa.

Unendo immagini tratte dalle riviste di moda o dai quotidiani a parole significative, nei loro collage questi artisti hanno contestato le logiche della pubblicità occulta, spiazzando e mettendo alla berlina luoghi comuni e perbenismi.

La Net Art

Nel nuovo millennio, riflettendo sul ruolo dello schermo televisivo, Francesco Vezzoli ha realizzato la videoinstallazione Democrazy, presentata alla Biennale di Venezia del 2007. L’opera, costituita da due schermi contrapposti che trasmettono i promo elettorali, indaga le dinamiche delle campagne presidenziali americane, che puntano sulla spettacolarizzazione e al glamour.

Democrazy presenta due candidati fittizi, interpretati dall’attrice Sharon Stone e dal filosofo Bernard-Henri Lévy. Pur mettendo in scena due personaggi ben riconoscibili dal vasto pubblico, che non appartengono al mondo della politica, il dubbio si insinua. La costruzione di set realistici, dialoghi accattivanti e verosimili, che uniscono elementi fittizi ad altri che alludono all’impegno sociale dei due personaggi nella vita reale, contribuiscono allo straniamento di chi osserva.

L’opera combina in modo ambiguo verità e finzione, proprio come avviene nella realtà delle elezioni americane, dove entrano in gioco professionalità, charme, ma anche fattori non prevedibili come scandali e questioni private. Tuttavia, diversamente da quanto dimostrato da Vezzoli con la sua videoinstallazione, che svela fin da subito la sua natura fiction, gli artisti della Net Art, attraverso la rete si insinuano in modo più subdolo nel mondo reale, manipolando le informazioni, esattamente come fanno i social.

Le opere di questi artisti, nati proprio con la nascita del web, costituiscono oggi una delle molteplici forme, oltre ai linguaggi del Novecento, naturalmente, entro le quali l’arte si esprime nella contemporaneità. Queste tendenze tendono a relazionarsi al sociale sfuggendo dallo spazio fisico delle gallerie, spostandosi nello spazio online, dove l’esperienza del reale avviene in una forma di fruizione privata simultanea.

Vero e verosimile

Il filosofo di origini sudcoreane e docente a Berlino Byung-Chul Han ha definito questo nuovo modo di concepire la sfera pubblica “società della trasparenza”, una società cioè i cui le cose, libere da ogni negatività, «sono spianate e livellate, immesse senza opporre alcuna resistenza nei piatti flussi del capitale, della comunicazione e dell’informazione».

Questa definizione ha molti punti in comune con le modalità odierne in cui i soggetti della comunicazione interagiscono con la “notizia”. In questo approccio, in cui non ci sono filtri e in cui tutto sembra alla portata di tutti, è cambiato il modo stesso di intendere ciò che è vero e ciò che è verosimile. Nelle diverse forme espressive che si servono della fotografia o del video sovente il “vero” non è nel contenuto dell’immagine, ma nella forza espressiva di quell’immagine stessa, che la filmaker e scrittrice tedesca Hito Steyerl chiama “immagine povera”, proprio perché è veicolata attraverso strumenti digitali di larga diffusione.

Nell’ambito dell’arte che si serve degli stessi strumenti utilizzati della comunicazione tecnologica, così come è avvenuto negli anni passati per la stampa o la televisione, è quindi possibile individuare punti di vista sull’attuale situazione politica, economica e sociale. In una società in cui i social hanno terribilmente accorciato la distanza tra la realtà e la sua percezione, rendendo più difficile distinguere ciò che è vero da ciò che è falso, l’arte, che fin dalle sue origini gioca con l’ambiguità del vero, continua quindi a mostrare quanto è vera la finzione.

 

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