Un contributo di 150 euro per i viaggi di istruzione e le visite didattiche nella secondaria di secondo grado. Ma solo per chi ha un Isee bassissimo: uguale o inferiore a 5000 euro. In alcune scuole la circolare era già girata, ma solo martedì il ministro ha reso pubblici i dettagli: sarà possibile fare richiesta per il bonus tramite la piattaforma Unica (la stessa che in questi giorni migliaia di studenti italiani stanno usando per iscriversi alle scuole superiori) entro il 15 febbraio.

Viene innanzitutto da chiedersi in quanti davvero usufruiranno del bonus, e soprattutto quanti e quante studenti che oggi non possono permettersi la gita di quinto o lo stage all’estero continueranno a non poterselo permettere. E questo perché è evidente che non serve essere poverissimi per non potersi permettere una gita, basta essere semplicemente poveri.

Inoltre, se si pensa che per andare a teatro gli studenti devono sborsare anche 35 euro  tra biglietto e pullman privato (perché magari non ci sono collegamenti pubblici), con questi 150 euro ci si potrà andare – forse – un paio di giorni in una città italiana.

Viaggi nel classismo

Quello dei viaggi di istruzione è un tema di classismo dolorosamente presente a chiunque insegni. In molte scuole esistono fondi appositi, in alcune scuole primarie sono i genitori che si organizzano per suddividere la spesa e garantire la partecipazione anche alle bambine e bambini le cui famiglie non potrebbero permetterselo.

Ma nonostante questo c’è sempre qualcuno che resta a casa, o che viene a scuola per non accumulare assenze e vive uno o più giorni di purgatorio didattico, accorpato ad altre classi o trascinato qua e là dai diversi docenti che intanto devono andare a coprire i colleghi in gita.

«Prof ma lei lo sa quante serate al ristorante devo fare per pagarmi la gita? Con quei soldi mi iscrivo in palestra, almeno mi sfogo». Queste le parole di uno studente, lo scorso anno, quando gli ho domandato perché non fosse in gita con la classe. Lui, come tante e tanti altri nella scuola di provincia dove insegno, lavora nei ristoranti e negli agriturismi della zona, in nero, per anche meno di cinque euro l’ora.

Quello che adesso distribuisce le briciole per le gite, sarà bene ricordarlo, è lo stesso governo che, tra i suoi primi provvedimenti, ha abolito il Bonus18App, i 500 euro che i diciottenni potevano spendere in consumi culturali, per sostituirlo con la Carta della Cultura Giovani (solo con Isee familiare non superiore ai 35mila euro) e con la Carta del Merito (per i diplomati con 100/100).

«L’esperienza dei viaggi di istruzione e delle uscite didattiche rappresenta un momento importante nel percorso formativo di studentesse e studenti, un contributo per la loro crescita culturale, la socializzazione e l’arricchimento delle competenze», ha dichiarato il ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara.

Legittimazione della disuguaglianza

Peccato che appunto questa esperienza così importante resterà, come sempre, non per tutte e tutti. Chi se lo potrà permettere pagherà lo stage all’estero e di fatto si comprerà esperienza, socialità e magari anche ore di Pcto. Gli altri continueranno a lavorare in nero come camerieri nei weekend e durante la settimana saranno operai, hostess, stagisti gratis in qualche azienda, perché comunque le ore di tirocinio o di Pcto vanno comunque accumulate.

Quando ci si chiede perché la scuola non è un luogo di educazione alla felicità ma al risentimento, bisogna ricordarsi ogni volta che gli studenti riconoscono, al contrario di molti docenti e ministri, quanto possa essere sinistro subire forme di legittimazione della disuguaglianza, che volendosi paternaliste sono solo umilianti. A cui al massimo si può reagire con una disincantata malinconia, echeggiando Vasco Brondi: «E andiamo a vedere le luci della centrale elettrica / Andiamo a vedere i colori delle ciminiere / Dall'alto dei nostri elicotteri immaginari / Andiamo a dare fuoco ai tramonti / E alle macchine parcheggiate male»

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