Il catalogo dei sogni e delle parole che vorresti portare nel futuro abita in una città immaginaria, simile a quella invisibile di Calvino chiamata Moriana, costruita in prospettiva, in un dritto e in un rovescio, come in un foglio di carta, con una figura di qua e una di là, che non possono staccarsi né guardarsi. Eppure quel catalogo, architettato dai sogni di centoquaranta ragazze e ragazzi di tutta Italia tra gli undici e i diciotto anni, prova a mescolare oltre cento parole, le “stacca” dal foglio e le fa guardare a grandi e piccini come davanti a un gigantesco specchio. Il risultato è sorprendente.

Una generazione misteriosa

Durante il tempo sospeso della pandemia la scrittrice Daniela Palumbo (Vogliamo la luna, edizioni Il battello a vapore) ha chiesto alle menti giovanili di una generazione incomprensibile e misteriosa di immaginare il mondo dei grandi quando saranno grandi e di farlo in compagnia di una parola. Le parole sono importanti (Pasolini), lo sappiamo. Ci accompagnano nei meandri della lingua e ci aiutano a conservare la meraviglia delle cose che conosciamo. Ogni parola ha una voce, una storia da raccontare. O meglio: tante storie da raccontare. Una sola parola per numerosi significati. Una sola parola per affrontare il futuro prossimo con maggiore consapevolezza come un’àncora ben salda in grado di assicurare la barca delle paure e delle speranze nel mezzo di una tempesta di mare. I ragazzi hanno risposto all’appello con allegria e impegno scrivendo poesie, riflessioni, diari, discorsi immaginari e lettere a un amico.

Non bisogna abituarsi al peggio ma pensare positivo, scrive Angelica Carucci sul tema ottimismo e Martina Perin, dall’alto della sua giovane età, vorrebbe che tutti avessero un proprio passato, una storia da raccontare, dei ricordi. Il tema dominante è il verde, lo sviluppo sostenibile e le preoccupazioni per il cambiamento climatico sull’onda dell’impegno di Greta Thumberg, la giovane attivista svedese.

Dobbiamo farci un regalo, avverte Riccardo Tedesco, un Pianeta pulito dove uomo e natura convivano senza che l’uno distrugga l’altro. Notevole è inoltre la spinta verso un mondo dove possa regnare la diversità. «Cosa succederebbe se non ci fosse la diversità?» si chiede Silvia Irma Bertacche, rispondendo subito dopo che il mondo sarebbe tutto di un colore, le case sarebbero uguali e non ci sarebbero più emozioni né pensieri. Quindi, conclude, non ci sarebbe più divertimento. «Ma perché non lo capiscono tutti?» si domanda Davide Radaelli.

Non mancano le critiche alla società dei grandi, alle ingiustizie così banali ed evidenti ma anche così difficili da estirpare.

La parola “possibile” ricorre spesso negli scritti dei ragazzi. Sia in senso positivo (è possibile un altro mondo), sia in senso negativo (possibile che i grandi non capiscano). Il futuro è nostro e noi possiamo cambiarlo, renderlo migliore. Non semplici slogan distrattamente ascoltati dalle voci dei genitori, degli insegnanti, delle amiche o amici più vicini. Ma filosofia dell’azione.

L’adulto è colpevole

Il tentativo di liberare i grandi dalle catene dei pregiudizi per una sorta di emancipazione universale. Una vera e propria rivendicazione generazionale. Giada Victoria Tropeano si rivolge direttamente e senza esitazioni al mondo dei grandi. Scrive: Tu, adulto, che ci etichetti senza sapere, ascoltaci invece di inveire. L’adulto è colpevole. Responsabile anche della pandemia perché la Natura si sta vendicando delle violenze dell’umanità. Coronavirus, sei così sbagliato che fai ammalare le persone, sei così sbagliato che logori l’umanità di paura e, continua a scrivere, ti stai portando via gli anni migliori, le uscite con gli amici, il contatto fisico e la mia famiglia.

Il testo di Daniela Palumbo, scrittrice di successo di libri per ragazzi, s’inserisce nel fortunato filone delle raccolte di opere elaborate dai ragazzi. Io speriamo che me la cavo di Marcello D’Orta ne è il riferimento di successo più vicino. Nel libro del maestro elementare sessanta bambini raccontano con innocenza e umorismo storie di vita quotidiana disegnando un piccolo grande ritratto sul disagio sociale ed economico del sud. In Vogliamo la luna il disagio è solo sfiorato, a volte accantonato. C’è soprattutto una grande voglia di crescere per poter decidere, per governare un mondo che non piace, sordo ai richiami più elementari di una civile convivenza.

I ragazzi vogliono riparare l’Universo, mettere al posto giusto le assurdità dei potenti. Vogliono riparare il presente per creare un futuro migliore come stanno facendo, a loro modo e con le loro diverse esperienze Greta Thumberg e Liliana Segre. Due storie che i giovani del catalogo dei sogni considerano fondamentali per emanciparsi. E l’emancipazione non è mai una questione individuale. Si può essere liberi e consapevoli solo se tutti lo sono.

L’orizzonte del pensiero di questa parte di generazione è ben visibile. S’intravede con facilità e sembra allontanare tutti i possibili egoismi che hanno evitato un percorso più naturale della nostra esistenza. Senza dover scomodare Hegel sulla costituzione dell’io individuale insieme all’individualità del tu e tenendo presente che l’uomo è «un’astrazione immanente all’individuo singolo», in tutti gli interventi l’io dei ragazzi si svuota alla scoperta della convivenza.

Resta, per fortuna, lo stupore infantile, la possibilità di immaginare nuove vie per attraversare una rinnovata città universale anche guardando alla forma delle nuvole, alle figure che alcuni riescono a vedere e a riproporre nella realtà di tutti i giorni. È una generazione, quella che esce dalla lettura di questo libro, che ha diritto di prelazione sul futuro e che sembra consapevole del proprio compito. Senza generalizzare.

Difficile pensare che i giovani di oggi siano tutti orientati verso simili modelli di sviluppo ma questo manipolo di simpatici “disperati” illustrano una speranza, una voglia di fare. Iniziando dalle parole.

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