Tutti i brutti libri si somigliano fra loro, ogni buon libro è bello a suo modo. Questa è la “Prova Tolstoj” che ho inventato io per valutare i libri prima che diventino libri. E cioè allo stato cartaceo di manoscritti, nella prima parte, quella novecentesca, della mia carriera. Oggi si tratta di file digitali. Una sorta di limbo. Né libro, né non libro. Come gli zombie nei film horror o le combinazioni degli assi di senso nei quadrati logici della semantica strutturale.

Che tutti i bei libri sono diversi tra loro e quelli brutti tutti uguali, lo so per certo perché, con il lavoro che faccio, ne leggo un sacco di libracci. Così brutti, ma così brutti, da fare cagare e non potere essere pubblicati.

Una montagna di libri

Che non è cosa da poco considerando l’enorme quantità di libri che comunque viene pubblicata. Nel 2021 sono state pubblicate 85.551 novità a stampa, in crescita del 22,9 per cento rispetto all’anno precedente. Gli ebook scendono invece a quota 49.313, in calo del 5,6 per cento rispetto all’anno precedente, ma in crescita dell’1,1 per cento rispetto al 2019. Che poi nessuno che vuole pubblicare un libro, non ci pensa neanche a pubblicare un ebook.

Questi libri non pubblicati, che nessuno censisce, sono sicuramente molti di più di quelli pubblicati, diciamo centomila, vanno in una enorme discarica della vanità e del narcisismo. Materiale pronto per essere orientato dalla bussola psichica di Vittorio Lingiardi, lo psicanalista che studia il narcisismo e la stima di sé.

Cimitero di parole

Questi libri sono una sorta di cimitero dei desideri e una discarica dei libri abortiti. Siano romanzi, saggi o memoir, questi libri bruttissimi hanno tutti una cosa in comune. Anzi un suono. Suonano falsi. Con questo non voglio dire che un buon libro debba necessariamente avere il crisma della veridicità. Ma, mentre viene letto, deve dare questa impressione.

Si badi che riguarda il verosimile, non la verità. In un romanzo di fiction o di fanta storia e fanta geografia, la Senna può benissimo bagnare Londra e la torre Ghirlandina essere pendente e svettare dietro il duomo di Milano. Alla faccia dei filosofi analitici.

Un mio amico inglese, che come me lavora nell’editoria, ha a questo proposito inventato una prova, “Prova dell’idrovolante”, dopo avere visto un film sulla gente della City londinese che si apriva con la scena del protagonista che va al lavoro a bordo di un’idrovolante. Da quel punto in poi, mi disse, era evidente che non era più il caso di guardare il film.

Identikit dello scrittore di libri brutti

Per citare Gore Vidal, «la merda ha almeno una sua integrità». Tutti gli autori dei libri bruttissimi credono poi che la loro esperienza e la torta fatta dalla loro nonna, che so la bavarese di fragole, abbia interesse universale e contenuto, o ricetta, paradigmatica.

Il manoscritto bruttissimo, oggi file digitale, è sempre accompagnato da una lunghissima lettera di presentazione, una “spiega” e saggio critico a futura memoria, in cui si spiega che il libro è bellissimo e quindi è tanto inutile fare la fatica di leggerlo.

Tutti gli scrittori di libri bruttissimi pensano che tanto è tutta una questione di raccomandazioni e quello dei libri è il mondo più corrotto di tutti. Peggio della mafia e della magistratura.

Lo scrittore di libro bruttissimo che becca il numero del tuo telefonino si trasforma sempre in uno stalker tale che i controlli e la persecuzione di tua moglie sono al confronto saggi se non di libertarietà almeno di civile tolleranza.

Gli scrittori di libri bruttissimi non sanno che gli editor detestano le raccomandazioni e amano la sintesi. Gli scrittori di libri bruttissimi sanno invece che tutti gli editor sbagliano. È certo che tra quei centomila libri non pubblicati, c’è un capolavoro. O almeno una frase interessante.

Quel giro di frase che mi gira per la testa è di Proust o di quel commercialista di Perugia che manda Whatsapp la domenica, quasi sempre di notte?

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