Quello che mi frega a me è la tenerezza. Provo un sacco di tenerezza a sproposito, la distribuisco disordinatamente ai quattro venti, compatisco serial killer e dittatori, mi commuovo a casaccio. La tenerezza è anche il motivo per cui ogni giorno in cuor mio so di non essere una brava femminista perché, mi duole ammetterlo, gran parte della tenerezza è destinata soprattutto agli uomini. Non a tutti, ovviamente.

Maschi inadeguati

Ho un debole particolare per i maschi inadeguati, cui riservo una comprensione e un affetto che non provo quasi mai per le donne, che invece mi sembrano sempre più dignitose, anche da sconfitte. È il motivo per cui se mai avrò dei figli maschi dovranno togliermeli dalle mani appena nati e portarli in un collegio militare per impedirmi di tirarli su fragili, inutili e intoccabili come delle uova Fabergé, ed è anche il motivo per cui ho letto con un misto di sentimenti contrastanti il nuovo libro di Alessandro Di Battista. Di Battista infatti rasenta il crinale della tenerezza ma sta un po’ di qua e un po’ di là. Di solito ho un criterio abbastanza infallibile per stabilire chi merita o non merita la mia tenerezza: se l’uomo in questione ha l’aspetto di uno che nella vita potrebbe aver indossato con orgoglio un braccialetto di pelle o un numero incongruo di anelli, non merita tenerezza. Ma anche se sono certa che Di Battista possieda diversi braccialetti di pelle, – me lo vedo già in uno nei suoi viaggi, a bordo di un tuk-tuk, il cuoio del braccialetto mimetizzato con l’abbronzatura – un po’ di tenerezza me la fa.

Dinamica della rottura

Contro! Perché opporsi al governo dell’assembramento, da poco uscito per PaperFirst (marchio editoriale del Fatto Quotidiano) è il racconto inutilmente dettagliato della sua uscita dal Movimento 5 Stelle, corredato di un lungo elenco di tutte le ragioni per cui Mario Draghi non gli va giù, di un riassuntone approssimativo di trent’anni di storia italiana e dell’abuso sfrenato del verbo «avallare». C’è anche una citazione a sproposito di Primo Levi, Jovanotti definito «anticonformista» (uno che riempie gli stadi) e una dichiarazione del 2018, in cui Di Battista si scagliò contro il berlusconismo, che si conclude, senza alcun motivo apparente, con un annuncio che fuori contesto ho trovato esilarante. «Partirò il 29 maggio, prima darò una mano, da attivista, in Molise». Avrà fatto anche il militare a Cuneo come Totò? Molta tenerezza.

Ma più di ogni altra cosa Contro! è una storia d’amore. Lo dichiara Di Battista stesso nell’introduzione, definendola “indimenticabile”. Per lui lo sarà senz’altro, ma da fuori mi permetto di dire che non se ne percepisce l’epica. Anzi. La dinamica di questa rottura ha tutti gli elementi della più classica relazione che si è trascinata troppo, fino all’inevitabile, modesta, dissoluzione in sordina.

Analizziamo le parti: il Movimento è il fidanzato che da mesi si fa qualsiasi cosa si muova ma non ha il coraggio di mollarti perché gli fa comodo avere qualcuno con cui dividere l’affitto. Lentamente, subdolamente, si fa mollare. Scrolla le spalle quando gli chiedi dove ha dormito ieri sera, si scorda il vostro anniversario, vi regala una brutta sciarpa per Natale. Dibba ha le spalle al muro, le amiche gli ripetono «non ti merita» e infine è spinto a fare quello che non avrebbe mai voluto fare: lascia lo stronzo. Così ora è convinto di avere sempre avuto il controllo della situazione, quando in realtà ha fatto solo ciò che l’altro si auspicava da tempo. Si sente coraggioso, autosufficiente, una giovane donna forte. Ma non può fare a meno di ripercorrere il film della relazione, analizzandone ogni piega. Così Dibba resta solo con la sua vaschetta di Häagen Dazs a rivangare tutti i segnali d’allarme che ha ignorato negli anni, e a scrollare ossessivamente l’Instagram dell’ex e quello della sua nuova fiamma, Mario Draghi, che diventa il bersaglio primario di tutte le sue frustrazioni. L’ha data a tutti, stava in un brutto giro, mi hanno detto che ha la clamidia.

A questo punto a Di Battista non resta molto da fare. Il prossimo passaggio obbligato sarà dal parrucchiere, dove potrà farsi fare il classico caschetto della ribalta o un biondo platino che gridi al mondo che ha superato la separazione ed è una persona nuova. Ma è ancora presto, prima c’è la fase di sfogo. Deve sviscerare, ammorbare chiunque incontri con i dettagli della sua presa di coscienza, mentire a tutti sul suo stato di equilibrio mentale. Sto bene, sto benissimo, ripete trattenendo le lacrime davanti alla madre dell’ex, incontrata per caso al reparto surgelati dell’Esselunga.

Nei primi capitoli di Contro! Di Battista prova a rimettere in ordine i pezzi. Cosa è andato storto? Dove ha sbagliato? L’assunto di base è che lui non sbaglia mai. Per il bene del Movimento avrebbe anche accettato di fare il ministro, ripete più volte. Ma siamo sicuri che qualcuno ce lo volesse davvero? «La verità è che non gli piaci abbastanza», potremmo suggerirgli ricorrendo alla tipica saggezza da rom-com (nel caso non fosse chiaro, questa storia non è un film di Bergman, ma una commedia con Ashton Kutcher, se va bene).

C’è chi fa i conti con le proprie turbe in lunghissime telefonate notturne con gli amici e c’è chi ci scrive un libro e ti costringe a pagare 14 euro per ascoltarlo, come ha scelto di fare lui. A onor del vero, se solo sapessimo come si fa, credo che saremmo tutti molto felici di monetizzare i nostri cuori spezzati.

Cuore infranto

Per sua fortuna c’è anche chi lo ascolta a gratis, come Andrea Scanzi, che ha presentato Contro! insieme all’autore a ScanzIntervista, una cosa che viene definita “format” quando altro non è che una diretta Facebook con uno che fa delle domande e l’altro che risponde, come in qualsiasi altra diretta streaming che l’umanità abbia mai conosciuto (nel logo in alto c’è pure un microfono al posto della I centrale, nel caso il nome non fosse già abbastanza didascalico). In questa occasione Scanzi è pieno di anelli – nessuna tenerezza per lui – e illuminato di luce divina nel suo set da serata Gruber. Alle spalle ha un poster che recita “Peaky Scanzers”, un altro sagace gioco di parole di cui nessuno sentiva il bisogno. Di Battista invece è nella penombra, una lampada gli pende dietro alla testa – cioè nella posizione sbagliata, come ormai sappiamo tutti dopo un anno passato a chiamare gente su Zoom. Sembra un po’ una vittima di sequestro, provo tenerezza.

Torno a pensare al dolore che si prova quando finisce un amore e ne cerco le tracce nei suoi occhi. Hai pianto, Dibba? Ti stai facendo coraggio? Ti stai mostrando forte per noi? Pure troppo, verrebbe da dire mentre procede nel suo monologo pressoché ininterrotto di un’ora. All’inizio è composto, recita il libro a memoria, dice «avallare» tantissime volte. Ma verso la fine l’emozione lo travolge, si scalda, alza la voce. È il momento in cui emerge tutto il rancore, in cui ubriaca fradicia prendi il telefono alle 3 di notte e mandi all’ex un vocale di 15 minuti per dirgli che lo odi e ti ha rovinato la vita.

Poi la connessione di Di Battista salta (non ci sarà la fibra nel bunker da cui chiama), negli occhi di Scanzi c’è una sfumatura di sollievo, tipica di chi pur volendo bene all’amico dal cuore infranto, è da mezz’ora che sta pensando cosa mangiare per cena. Eh vabeh, è andata così, dice preparandosi a chiudere la diretta. Ma poi la connessione torna, e con lui anche Dibba che nel frattempo si è ricomposto. C’è tempo ancora per un’ultima domanda. Rientrerai mai nel Movimento? «Sto bene dove sto», risponde Di Battista riciclando la menzogna che prima o poi tutte abbiamo pronunciato, solo per tornare una settimana dopo dall’infame che ci ha preso a pesci in faccia. Che tenerezza infinita.


Alessandro di Battista è autore del libro Contro! Perché opporsi al governo dell’assembramento, edito da PaperFirst

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